Cameristica, Recensioni

Bonitatibus Raffo – Bologna Festival 17 Aprile 2018


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Almeno per una volta un concerto di canto (non proprio liederistico)
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Marco Fornaciari – Conoscere la musica Bologna 12 Aprile 2018

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Un concerto di violino solo è sempre una grande sfida
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Filippo Gorini – Bologna Festival Talenti 10 Aprile 2018

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All’oratorio di S.Filippo Neri siedo sempre nelle ultime file

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Vengerov Osetinskaya – Musica Insieme Bologna 9 Aprile 2018


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Esponente di punta della grande fucina violinistica russa
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Francesco Granata – Bologna Festival Talenti 4 Aprile 2018

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Un pianista che inizia il concerto con  La vallée dìObermann  di Liszt
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Radu Lupu – Bologna Musica Insieme 25 Marzo 2018

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Rarefazione è il vocabolo che durante tutto il concerto  ho avuto in mente: il pianismo di Lupu   Continua a leggere
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Anna Bulkina – Bologna Circolo della musica 24 Marzo 2018

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Anna Bulkina, secondo premio ex-aequo al Busoni 2011 (primo premio non assegnato) con Antonii Baryshevskyi (incredibilmente – almeno vista la differenza artistica alla data odierna)
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Leonardo Pierdomenico – Bologna Conoscere la musica 22 Marzo 2018

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Ha talento il giovane concertista ma
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Ivan Krpan – Bologna Musica Insieme ateneo 1 Marzo 2018

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E’ sicuramente incoraggiante sentire alcuni giovanissimi respingere gli atteggiamenti da energumeni della tastiera (i macellai alla Matsuev, per intenderci) e privilegiare invece gli aspetti stilistici  e interpretativi. Continua a leggere
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Bell Haywood- Bologna Musica Insieme 26 Febbraio 2018

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Passano gli anni ma l’ormai più che cinquantenne Joshua Bell si presenta sempre come uno scapigliato ragazzone americano. Ovviamente l’abito non fa il monaco ma è una indicazione della personalità del personaggio. Grande virtuoso, suona benissimo anche perché supportato dall’ottimo pianista Haywood.  Bel suono e tecnica raffinata anche se talvolta si lascia trasportare da alcuni eccessi. Ma un grande interprete potrebbe scegliere meglio i brani eseguiti. Bellissima la prima parte con le due sonate di Mozart e Strauss (quest’ultima – giovanile – solo da poco entrata nel repertorio concertistico. Segnalo in materia una bellissima registrazione di Krystian Zimerman e Kyung Wha Chung) mentre la fantasia di Schubert (basata su temi dei suoi Lieder) è poco più che un pezzo commerciale che potrebbe tranquillamente dormire nell’oblio del tempo. Non per niente al Quartetto di Milano è sostituita questa sera da una sonata di Fauré…. Due bis: una trascrizione di una danza ungherese di Brahms e una polonaise brillante  di Wieniawksi che scatena la platea (il virtuosismo fine a sé stesso paga sempre..). Vorrei per una volta sottolineare una introduzione di qualità di Fabrizio Festa: ce ne fossero…
Alla domanda posta ieri nel post su Mustonen su cosa si intenda per interpretazione “postmoderna” non è stata data  – guarda caso – risposta….. 
PS Un “blogger” non è un oracolo e commette inevitabilmente errori (il minimo possibile..). Ricevo spesso “correzioni” non sempre fondamentale e non sempre precise. Così come io mi sottopongo al giudizio altrui con nome e cognome così chi vorrà avere la bontà di segnalarmi eventuali errori o imprecisioni dovrà farlo unicamente mandando un commento: a ognuno la propria responsabilità. Ho rimosso la mia iscrizione a facebook: non posso quindi essere contattato per questioni private via messenger ma solo via e-mail all’indirizzo giovanni.neri@unibo.it.
PPS La gestione di un blog è operazione complessa e talvolta faticosa. Molti dei miei lettori leggono il blog senza registrarsi. Chiederei cortesemente la registrazione (che non comporta nulla) e che può essere facilmente fatta “clikkando” sul riquadro “iscriviti” in basso a destra di ogni post o in quello nero sopra ogni postGrazie anticipatamente.
 
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart Sonata n. 32 in si bemolle maggiore KV 454
Richard Strauss  Sonata in mi bemolle maggiore op. 18   
Franz Schubert Fantasia in do maggiore D.934
Apology:  in some cases (i.e. german) the automatic translation can be totally meaningless. 
Blogposts translations are available!
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NB: leggete anche i commenti ai posts selezionando il bottone “commenti” sulla sinistra del post. Talvolta sono persino più interessanti del post stesso!!! 
PS  Vorrei ringraziare tutti coloro che inseriscono commenti  ai posts utilizzando l’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è indispensabile lasciare nome e cognome – i commenti anonimi non saranno pubblicati)!!
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Cosmin Boeru – La soffitta Bologna 13 Febbraio 2018

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Boeru appartiene a quella categoria di pianisti che intendono l’espressività di un brano come risultato della singola espressività delle note che lo compongono e per questo sono costretti a estenuanti rallentamenti dell’esecuzione, trascurando il fatto che sempre la stessa espressività è frutto del discorso musicale che deve fluire senza essere costantemente interrotto. Ovviamente l’equilibrio fra le due componenti è difficile ma proprio in questo sta la qualità di un interprete. Il difetto di questo pianista si riscontra subito nell’esecuzione della fantasia Mozartiana eseguita a tempo di ninna-nanna togliendole in pieno quel senso di drammaticità che ne è l’asse portante, soprattutto nella prima parte.  Molto discutibile anche l’uso del pedale, sempre eccessivo. Ma passiamo a Ravel.  Ormai Gaspard de la nuit (“Il tesoriere della notte”-  linguisticamente di origine persiana)  è diventato la pietra di paragone del virtuosismo pianistico, il metro su cui giudicare le qualità tecniche di un pianista, una palestra pura di difficoltà, spesso dimenticando che si tratta di brano complesso e articolato che affianca momenti di grande drammaticità a momenti di intesa liricità, come nel caso dell’inizio di Ondine e in tutto il drammatico sviluppo di Le Gibet (“La forca”).  (Da una citazione riportata in Wikipedia Ravel avrebbe affermato di aver voluto realizzare una sorta di caricatura del Romanticismo e che  probabilmente aveva raggiunto quanto di meglio fosse  in grado di realizzare). L’interpretazione di Boeru, pur tecnicamente corretta, manca di quel senso di arcano che la composizione contiene. Ad esempio nel primo brano la mano destra non ha leggerezza necessaria e in Le Gibet la lentezza diventa non elemento di drammaticità ma di esasperante monotonia. Non migliora la situazione con i brani chopiniani. Addirittura nella marcia funebre dell’op.35 Boeru dimentica di sollevare il piede dal pedale destro con un effetto rimbombo del tutto inappropriato. Nell’ultimo tempo manca quella uniformità che ne fa una composizione unica nel panorama musicale.  Nel primo tempo della sonata non mancano imperfezioni tecniche. Un unico bis: il famoso Waltz in do diesis minore del compositore di Żelazowa Wola nel quale invece nella ripetizione del secondo tema si esibisce in un “accelerato” che in alcun modo rientra nelle indicazioni dinamiche del compositore e che stona nella architettura complessiva del brano. Insomma un pianista che non manca di sensibilità musicale ma che la esprime superando i limiti della corretta esecuzione producendo un risultato spesso soporifero. Un consiglio: un triplo caffè prima del concerto!
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Programma:
W.A.Mozart –  Fantasia in Do minore K 475
M.Ravel –  Gaspard de la nuit
F. Chopin –   Due Notturni (op. 48, n.1 e op. 9, n.1),  Sonata in Si bemolle minore op. 35
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Assistere a un concerto solamente Lisztiano mette in ansia perché si teme il solito muscolare che massacra tastiera e orecchie, tanto più a rischio in una sala come quella del Goethe Zentrum di Bologna che quanto ad acustica lascia molto a desiderare. Donchev invece esegue il programma con misura e grande senso interpretativo. Dotato di ottima tecnica non si lascia in alcun modo trascinare da questa ma riesce ad asservirla allo spirito delle composizioni, anche in brani come “Aprés un lecture de Dante” che tanto spesso costituiscono una palestra per esecuzioni unicamente virtuosistiche e come tali scadenti. A parte il brano spirituale dell’ultimo Liszt meno riuscita è stata l’esecuzione della trascrizione di Wagner, sia da  un punto di vista tecnico che da quello dell’espressività, un brano forse ancora non sufficientemente maturato. Donchev è pianista ancora giovane che meriterebbe di essere ascoltato anche in un repertorio più vasto ma che in ogni caso promette molto e forse sarebbe degno di platee più ampie. Due bis: un trascrizione di un preludio per organo di Bach e l’ultimo studio op. 25 di Chopin. Ottimo successo da parte di un pubblico purtroppo rarefatto.
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Franz Liszt Années de pélerinage Italie – S.Dorotea – Tannäuser overture
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 Il giovanissimo Lisiecki non è nuovo al Quartetto. Alto almeno 1.90 arriva alla tastiera con passo falcato e dopo 10 secondi attacca un programma da fare tremare i polsi per difficoltà e lunghezza. Ma la giovinezza e l’entusiasmo permettono tutto questo. Forse discutibile il gusto di aprire con i notturni di Chopin e chiudere ancora con il compositore polacco e lo scherzo n.1, un brano di grande effetto ma forse il meno difficile dell’intero programma. Ma fa nulla. Lisiecki è un vero “enfant prodige” che assomma a una tecnica eccezionale una grande sensibilità artistica e il coraggio di proporre come unico bis il brano più sognante delle Kinderszenen di Schumann. Di cui esegue anche un ciclo raramente visitato, i Nachtstücke (credo di averli ascoltati in concerto solo un’altra volta – ancora meno eseguiti delle bellissime e spesso dimenticate Novellette) prima di affrontare il brano di difficoltà trascendentale di Ravel, pari solo a Islamey di Balakirev, a Pretuska di Straviskji e ad alcuni studi trascendentali di Liszt. Come Trifonov ha nelle mani una Ferrari che gli permette di superare agevolmente ogni difficoltà (anche nei brani di Rachmaninov) con l’unico difetto che la giovanile esuberanza manda fuori giri talvolta il bolide, ad esempio in Scarbo. Ma ha un’intera esistenza davanti per maturare e controllare gli eccessi con la stessa sensbilità con cui esegue i notturni di Chopin (salvo un tempo staccato nel secondo da gran premio). Un giovane (22 anni!) grande artista che ha anche l’umiltà di seguire ancora corsi di perfezionamento, consapevole che al miglioramento non esistono limiti. Vorremmo di  certo ascoltarlo anche nel repertorio mitteleuropeo, in Beethoven e Schubert, ma la sensazione è che se tira un po’ il freno a mano i risultati saranno eccezionali. Grande successo di pubblico (e poi un biondo ragazzino— credo anche belloccio – fa tanta tenerezza..).
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F. Chopin  Notturno op. 55 n. 2
R. Schumann  Nachtstücke op. 23
M. Ravel  Gaspard de la Nuit
S. Rachmaninov  Morceaux de Fantaisie op. 3 n. 5
F. Chopin  Notturno in mi minore op. 72 n. 1  Scherzo n. 1 in si minore op. 20
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Jan Lisiecki- Milano Quartetto 6 Febbraio 2018

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Rudolf Buchbinder – Musica Insieme Bologna 5 Febbraio 2018

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Rudolf Buchbinder, nato in Cecoslovacchia ma naturalizzato austriaco, è una  vecchia volpe delle sale da concerto che calca ormai da cinquanta anni. Più noto nei paesi di lingua tedesca, dove tiene molto frequentemente concerti, ma con un’audience comunque internazionale, iscrive il suo pianismo nel solco dei grandi interpreti tedeschi e austriaci: Backhaus, Kempff e più recentemente Brendel. Dotato di ottima tecnica la sua cifra stilistica ha come sfondo il costante rispetto della partitura e dello stile del compositore eseguito lasciando poco spazio a quelle forzature ed eccessi (talvolta indicati come impostazione di stampo slavo) che ormai si ascoltano in tanti esecutori. In questa cornice predilige quindi i compositori più “classici” come nel caso del concerto in questione (Bach, Beethoven e Schubert) evitando il repertorio romantico (ma non sempre). Brani che si comprende come abbia profondamente maturato nel corso degli anni e che esegue in modo impeccabile, persino talvolta un po’ troppo ingessato. Ma di grande qualità è il suo “piano” e le sonorità vellutate esibite in Schubert. Sia chiaro: stiamo parlando di un grande interprete per il cui concerto c’è solo il rimpianto di una durata di un’ora striminzita a confronto con i 90 minuti ormai diventati uno standard, in parte (ma solo in parte) compensati da due bis, un’esecuzione virtuosistica di un famoso Waltz di Johann Strauss e un brano di una partita di Bach. Applausi calorosi da un pubblico “pistolettato” (ovvero sottoposto al solito pistolotto) prima del concerto. Fa tenerezza il tentativo degli oratori, destinato all’inevitabile insuccesso,  di costruire ogni volta intorno al programma una sorta di raccontino che ha ovviamente le gambe cortissime.
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Programma
Johann Sebastian Bach Suite inglese n. 3 in sol minore BWV 808
Ludwig van Beethoven Sonata n. 21 in do maggiore op. 53 – Waldstein
Franz Schubert Quattro Improvvisi D 935
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Katia e Marielle Labèque – Musica Insieme Bologna 22 Gennaio 2018

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Sono notoriamente contrario alle “contaminazioni” ma nel caso delle Labèque l’allargamento dell’orizzonte musicale – che talvolta sconfina, non in questo caso, nel repertorio Jazzistico – è sempre accompagnato da un grande gusto musicale oltre che da un’eccezionale esecuzione. Le Labèque sono le eredi del grande duo Kontarsky e certamente costituiscono oggi il meglio che il panorama del repertorio possa offrire. Affiatamento perfetto, ottima tecnica e grande sensibilità musicale fanno di tutti i loro concerti un evento. E va anche aggiunto uno spiccato senso dell’umorismo come evidenziato dal  bis finale. Il concerto odierno le ha viste accompagnate da due eccezionali percussionisti che le hanno accompagnate nel difficilissimo e bellissimo (purtroppo raramente eseguito) concerto per due pianoforti e percussioni di Bartók. Molto interessante anche il brano post minimalista di Dessner (un compositore che si alterna fra rock e classica) e sarà molto stimolante ascoltarne il concerto per due pianoforti e orchestra in via di composizione. Naturalmente non sono mancati brani che fanno parte del repertorio classico del duo (microkosmos di Bartók e danze ungheresi di Brahms) e a completamento un brano solistico virtuosistico del batterista. Un concerto godibilissimo e di grande qualità che ha riscosso il plauso incondizionato del pubblico.
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Programma
Bryce Dessner
El Chan per due pianoforti
Béla Bartók
Cinque pezzi da Mikrokosmos per due pianoforti
Johannes Brahms
Da Ventuno Danze Ungheresi: n. 1 in sol minore; n. 20 in mi minore; n. 5 in fa diesis minore – trascrizione per due pianoforti
Maki Ishii
Thirteen Drums op. 66 per percussioni
Béla Bartók
Sonata per due pianoforti e percussioni
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Natale 2017

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Kurvenal, salvo ancora un post che scriverò sabato, va in vacanza fino al 6 Gennaio. A tutti i miei lettori un augurio di buone feste e l’auspicio di un 2018 migliore. Ne abbiamo tutti veramente bisogno!

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Piovano Pappano – Musica Insieme Bologna 17 Dicembre 2017

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Le due sonate di Brahms per violoncello e pianoforte, due capolavori assoluti, riflettono due periodi distinti del compositore amburghese. La prima (op. 38) ha la inconsueta caratteristica di presentare una fuga come ultimo tempo e manca del classico secondo tempo a favore unicamente di uno scherzo in cui il trio più lirico risolve l’assenza del tempo cantabile. La seconda (op. 99) è quella della piena maturità e presenta caratteristiche simili a quelle del secondo concerto (op. 83), con un’aria finale più cantabile in totale contrasto con l’impetuoso scherzo. Un’esecuzione magistrale del violoncellista Luigi Piovano che in tutte le due sonate brahmsiane a una tecnica impeccabile ha unito una perfetta intonazione e un’espressività che ha dato pieno risalto all’ordito musicale. Buona anche l’esecuzione di Antonio Pappano che però denuncia chiaramente che il suo mestiere principale è la direzione  d’orchestra. Di Barenboim ne esiste solo uno! Insomma un buon accompagnamento che non è risultato sempre impeccabile e non all’altezza dell’esecuzione violoncellistica. Va peraltro ricordato che oltre all’impervia, difficilissima partitura violoncellistica (specialmente nella seconda sonata) anche la parte pianistica pone non pochi problemi tecnici. Ma globalmente il risultato del duo è stato più che apprezzabile. Interessanti le due brevi composizioni dei due autori viventi presenti in sala. Due bis: due romanze di Martucci e grande successo di pubblico. Speriamo che al violoncello anche in futuro venga riservata da Musica Insieme una parte dei concerti e che non finisca come con la Liederistica sparita colpevolmente dai programmi della fondazione. E pensare che nei paesi di lingua tedesca si hanno concerti di Lieder tutte le settimane: non sarà che il pubblico bolognese è – per essere eufemistici – un po’ provinciale?
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Programma
Riccardo Panfili L’ospite insonne 
Johannes Brahms Sonata n. 1 in mi minore op. 38
Michele Dall’Ongaro   Due Canzoni siciliane: A vitalòra – Carnescialata dei pulcinell 
Johannes Brahms  Sonata n. 2  in fa maggiore 0p. 99
Sonata n. 2 in fa maggiore op. 99
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Cameristica, Recensioni

Angela Hewitt – Quartetto Milano 5 Dicembre 2017

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Che Angela Hewitt sia oggi una delle maggiori interpreti bachiane non è certo una novità. Ma ci sono nel percorso di un’artista come la Hewitt punte di eccellenza e una di queste è stata raggiunta nell’interpretazione delle Goldberg al quartetto. Tecnica impeccabile, perfetta calibrazione dei toni, sottolineatura delle linee melodiche hanno costituito la base del successo tributato giustamente dal pubblico all’artista che con il passare del tempo trova sempre più una propria cifra stilistica che spazia dal repertorio settecentesco a quello moderno (ad esempio Ravel. Ottima ad esempio la sua interpretazione di Le tombeau de Couperin). C’è da sperare che della sua attuale interpretazione delle Goldberg venga prodotto un CD che di certo svetterà nella ampia (e purtroppo eccessiva) schiera delle esecuzioni delle celebri variazioni.
PS Un “blogger” non è un oracolo e commette inevitabilmente errori (il minimo possibile..). Ricevo spesso “correzioni” non sempre fondamentali e non sempre precise. Così come io mi sottopongo al giudizio altrui con nome e cognome così chi vorrà avere la bontà di segnalarmi eventuali errori o imprecisioni dovrà farlo unicamente mandando un commento: a ognuno la propria responsabilità.
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Johann Sebastian Bach  Variazioni Goldberg BWV 988
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Cameristica, Recensioni

Mario Brunello – Musica Insieme Bologna 4 Dicembre 2017

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Vale esattamente quanto già scritto il 6 Febbraio 2107
Molto spesso nel corso dei concerti e delle opere alcuni sventurati accendono il telefonino nel corso delle esecuzioni. Non sempre trillano le suonerie ma la luce emessa è estremamente fastidiosa ed è da dubitare che i messaggi email da leggere siano quelli di Trump che chiede consiglio se sganciare l’atomica sulla Corea del Nord. Sarebbe quindi indispensabile che nelle avvertenze che precedono ogni spettacolo, nelle quali si ricorda di spegnere le suonerie, venisse anche richiesto di non accendere i diabolici dispositivi per alcun motivo. 
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Programma
Johann Sebastian Bach   Suite n. 2 in re minore BWV 1008, Sonata n. 3 in do maggiore BWV 1005, Partita n. 1 in si minore BWV 1002, Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012
 

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Cameristica, Recensioni

Leif Ove Ansdnes – Quartetto Milano 28 Novembre 2017

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Approda nuovamente al quartetto il pianista norvegese, per me la prima volta in concerto. Andsnes appartiene a quella classe di pianisti di mezza età che offrono un buon prodotto in tutto il repertorio senza raggiungere mai, però, l’eccellenza, un po’ come Paul Lewis. Il suo pianismo, sorretto da un’ottima tecnica non trascendentale, è all’insegna della moderazione che offre certamente una cifra interpretativa di largo spettro ma che alla fine appare un po’ ripetitiva e in ultima analisi poco soddisfacente. Certamente si trova a suo agio con un compositore come Sibelius con cui condivide la comune matrice scandinava e di buona qualità il suo Schubert proprio per quelle caratteristiche che sono il suo limite. Ma “la tempesta”di Beethoven manca di quella drammaticità che ne è il motivo conduttore e piuttosto convenzionale è l’interpretazione    della quarta ballata di Chopin. Con grande esperienza e mestiere smussa i passaggi tecnici più impervi non senza qualche imperfezione. Volendo essere poco “politically correct” lo si potrebbe assimilare a un soprammobile perfettamente lucidato e spolverato che però non desta l’attenzione, non lascia nessun segno in chi lo osserva e in molti casi lo trascura. Un concerto quindi di buona qualità ma non entusiasmante molto apprezzato dal non foltissimo pubblico. Nota di colore: si è presentato in completo grigio com tanto di fazzoletto al taschino. Due bis: la prima ballata di Chopin e un improvviso di Sibelius.
PS Nel corso del concerto sono suonati ripetutamente cellulari e alla fine della prima parte uno spettatore a voce altissima ha lamentato l’inciviltà degli idioti che lo accendono durante le esecuzioni con molteplici applausi del resto del pubblico. I cretini si trovavo purtroppo ovunque.
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Programma
Jan Sibelius                      – Björken op. 75 n. 4, Impromptu op. 97 n. 5, Rondino II op. 68 n. 2, Der Hirt op. 58 n. 4, Romance op. 24 n. 9
Joerg Widmann              – Idyll und Abgrund, Sechs Schubert-Reminiszenzen für Klavier
Franz Schubert                – Tre Klavierstücke D 946
Ludwig van Beethoven – Sonata n. 17 in re minore op. 31 n. 2 “La Tempesta”
Frederyk Chopin             – Notturno in si maggiore op. 62 n. 1,  Ballata n. 4 in fa minore op. 52

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Gala Chistiakova – Conoscere la musica Bologna 23 Novembre 2017

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Più volte abbiamo avuto occasione di seguire i concerti di Gala Chistiakova – oggi trentenne –  arrivata fino alla terza eliminatoria nel concorso Chopin del 2015.  Tecnica rocciosa,  impianto musicale vigoroso, il suo percorso musicale attuale riflette un tentativo di scrollarsi di dosso quelli che sono appunto i propri limiti, come è apparso nei due brani schumanniani. Qui la ricerca interpretativa è stata molto evidente nel tentativo di “domare” quello che istintivamente sarebbe il suo approccio musicale. Purtroppo la artificiosità delle scelte si riflette in un eccesso di rallentati e di pause non previste dal dettato musicale e soprattutto da uno spezzettamento del discorso musicale che mette spesso in luce l’artificiosità delle scelte. Lo sviluppo del brano non risulta uniforme, come se fosse composto da episodi solo parzialmente correlati e non da un impianto unitario che si estrinseca in forme diverse. Va comunque riconosciuta la consapevolezza da parte della Chistiakova dei propri limiti e sarà interessante seguire l’evoluzione della pianista per verificare se il percorso intrapreso porterà a risultati più soddisfacenti di quelli mostrati nel concerto in questione. Un discorso del tutto diverso vale per i due compositori russi. Qui la Chistiakova si trova a suo perfetto agio, da un lato per la possibilità di mettere in mostra le sue non comuni doti tecniche e dall’altro per una sensibilità musicale che si sposa perfettamente con quella dei compositori eseguiti. Un concerto chiaroscuro, insomma, il cui giudizio complessivo è da considerare sospeso: la aspettiamo ad altre prove. Successo non eccezionale da parte di un pubblico molto rarefatto e due bis.
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Robert Schumann Arabesque op. 18, Fantasia op. 17
Alexander Scriabin Sonata-Fantasia n. 2 op. 19
 Sergej Rachmaninov 4 momenti musicali op. 16

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Alexander Lonquich & friends – Bologna Festival 10-14 Novembre 2017

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Tre concerti di Alexander Lonquich, a due dei quali ho assistito (il secondo l’ho perso per la concomitante “prima” dell’Aida). Il primo insieme alla moglie Cristina Barbuti per due brani a 4 mani e il secondo libro dei preludi di Debussy. Il secondo concerto in trio e l’ultimo da solista. Lonquich è un buon pianista, dotato di una tecnica eccellente e molto eclettico nelle sue scelte spaziando su tutto il panorama dell‘orizzonte pianistico. Eppure non poco gli manca per accedere all‘empireo del pianismo internazionale, essendo mediamente di buona qualità in tutti gli aspetti ma non „outstanding“. Nelle esecuzioni a quattro mani sono stati scelti brani in cui il ruolo del „secondo“ si limita praticamente solo a un accompagnamento piuttosto banale, cosa assolutamente comprovata dal divertimento all’ungherese di Schubert, un brano veramente di infimo livello nel panorama delle composizioni del compositore viennese. L’esecuzione dei preludi del compositore francese è stata di buona qualità, rispettosa della cifra stilistica prevista dai brani, anche se il “tocco” (per una volta si può utilizzare un nome così spesso abusato che sta a significare la scelta della timbrica) del pianista di origine tedesca è ben lontano da quello di Walter Gieseking o Arturo Benedetti Michelangeli. Ma è nel concerto solistico che sono emersi i limiti del pianismo di Lonquich. In particolare in due brani, contraddistinti dallo stesso errore stilistico, ovvero in Nella nebbia di Janáček e nella Sonata in do minore D.958 di Schubert. I mondi dei due compositori (culturalmente assai lontani) sono però accomunati dall’obbligo di rinunciare a eccessi sonori e dall’assoluta necessità di evitare sforzati, stilisticamente impropri. Per capire quale sia il mondo di Janáček si dovrebbe ascoltare l’esecuzione di Rudolf Firkusny (il maggiore interprete del compositore boemo) della suite “Sul sentiero dei rovi” e per la sonata di Schubert le esecuzioni di Radu Lupu e di Alfred Brendel. Misura, toni sfumati, tempi contenuti, sottolineatura delle nuances musicali, insomma tutto quello che non abbiamo ascoltato del concerto di Lonquich. La sensazione è che ci troviamo di fronte a un pianista che progressivamente sta involvendo la sua cifra stilistica in un senso deteriore ma soprattutto è difficile comprendere come in Debussy siano stati rispettati i canoni esecutivi e nel concerto solistico siano stati violati. Grande successo di pubblico (tanto si applaude per principio e soprattutto la musica eseguita, non importa come, essendo la maggioranza del pubblico ignara del dettato dei compositori e incapace di fare confronti) e un bis Schubertiano.
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10 Novembre
Claude Debussy      6 epigraphes antiques (a quattro mani) – Preludes (II livre)
Franz Schubert Divertissement  à la hongroise in sol minore op.54 (a quattro mani)
14 Novembre
Franz Schubert Sonata in fa minore D.625
Leóš Janáček  Nella nebbia
Wolfgang Rihm Ländler (1979)
Franz Schubert Sonata in do minore
Sonata in do minore D.958

 


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Mesini Farné – Oratorio S.Cecilia Bologna 4 Novembre 2017

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Fortunatamente Bologna non ha solo Musica Insieme, il Manzoni e il Comunale come  luoghi dove si tengono concerti. Ci sono altri concerti (ad esempio al Goethe Zentrum ma non solo ) che tengono viva la passione musicale del pubblico bolognese. Fra questi quelli che si tengono all’oratorio di S.Cecilia il sabato pomeriggio, che hanno anche come effetto positivo collaterale quello di migliorare l‘ambiente degradato di piazza Verdi. Il concerto in questione ha visto due giovanissimi neodiplomati alla prese con il repertorio fortepianistico, uno strumento che negli ultimi anni ha ricevuto un’attenzione sempre crescente essendo l’opinione di alcuni (onestamente da me non condivisa) che un certo repertorio trovi la sua collocazione naturale in questi strumenti. Naturalmente il dibattito è sempre aperto e irresolubile: Bach avrebbe usato le attuali corde al poste di quelle di budello, Beethoven avrebbe preferito uno Steinway a gran coda etc. etc. ? E in cosa un’esecuzione “filologica” si giustifica? Ma non è questo l’argomento odierno.  Il concerto offerto da Leonardo Mesini e Matteo Farné è stato godibilissimo e molto apprezzato dal pubblico presente permettendo di capire cosa effettivamente sentivano i compositori allorché al loro tempo le loro partiture venivano eseguite. E quindi ben venga. Quanto all’esecuzione essa va valutata nell’ambito del contesto in cui viene organizzata, ricordando che suonare un fortepiano pone non secondari problemi di tecnica, essendo la meccanica dello strumento (ad esempio nello scappamento, così importante nei ribattuti) molto diversa da quella dei pianoforti moderni con i quali normalmente ci si esercita. Quanto agli esecutori, un plauso per avere affrontato un repertorio impegnativo su uno strumento non facile da „domare“, due giovani certamente ancora parzialmente acerbi ma dotati di indubitabili qualità e che speriamo di risentire lungo il loro percorso di maturazione.
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Franz Schubert  Quattro Improvvisi, Op. 90
Joseph Haydn Variazioni in Fa minore, Hob. XVII/6
Franz Schubert Sonata n. 16 in La minore, Op. 42 / D. 845
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Antonii Baryshevskyi – Musica Insieme Bologna 30 Ottobre 2017

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Come nel concerto di Trifonov recentemente recensito su questo blog, il programma eseguito desta qualche perplessità per l‘eterogeneità dei brani proposti che mancano di quella omogeneità e completezza che costituiscono l‘ossatura dei migliori concerti moderni. La cosa può trovare il proprio fondamento nel fatto che un giovane artista ancora non conosciutissimo al pubblico bolognese voglia offrire un ventaglio delle proprie qualità ma non depone a favore di un approccio stilisticamente rigoroso.  E non è facile essere d’accordo con la relatrice che ha cercato di trovare un filo conduttore al programma mentre ha giustamente sottolineato la presenza della fuga nell’ op.110 di Beethoven; forse avrebbe dovuto anche ricordare come la fuga sia presente nella sonatistica del compositore di Bonn già a partire dall’op.101 (e in particolare nell’op.106). Ma veniamo al pianista. Baryshevskyi è un pianista che pensa, una caratteristica non comune ai giovani “leoni” ventenni che oggi si affacciano alla carriera concertistica. Dotato di ottima tecnica (ma non trascendentale alla Trifonov, per intenderci, per il quale la facilità di mano finisce col fargli trascurare sempre più gli aspetti maggiormente musicali) fa della ricerca dello stile e del significato musicale delle composizioni che esegue la cifra della sua interpretazione, denotando in tal modo una maturità che raramente si incontra in pianisti della stessa età. Ne ha dato l’esempio forse migliore nell’esecuzione dell’op. 110 di Beethoven dove ha saputo trovare in tutti e quattro i tempi le sonorità e la ritmica giusta (in particolare nel secondo tempo, dove spesso si incontra un eccesso ingiustificato e non richiesto di velocità).  Ma è l’intero concerto che è risultato di grande qualità, contraddistinto sempre da misura e da rispetto della partitura, anche laddove sono risultate necessarie le sonorità equoree di Debussy o gli empiti romantici di Chopin e Schumann.  Un plauso quindi a un giovane pianista che possiamo solo sperare di risentire quanto prima e che vogliamo augurarci che prosegua nella sua ricerca della giusta cifra stilistica di ogni brano eseguito. Due bis: uno a me ignoto e una sonata di Scarlatti, forse il brano meno riuscito per un tocco non sufficientemente brillante e l’aggiunta di abbellimenti del tutto non necessari. Grande e meritato successo di un folto pubblico negli applausi del quale si sono distinte ancora una volta alcune ridicole mani elevate al cielo: per distinguersi o per implorare una improbabile benedizione?
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Ludwig van Beethoven  Sonata n. 31 in la bemolle maggiore op. 110
Claude Debussy Da Préludes (Libro II): La terrasse des audiences du clair de lune,  Feux d’artifice
Fryderyk Chopin Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31
Robert Schumann Sonata n.2 in sol minore op. 22  
Aleksandr Skrjabin Vers la flamme op 72 , Sonata N.5 in fa diesis minore  op. 53

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Daniil Trifonov – Quartetto Milano 17 Ottobre 2017

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Sul gusto del programma ci sarebbe molto da ridire, una sorta di “pot-pourri” dedicato a Svjatoslav Richter basato tutto su brani “di” e dedicati “a” Chopin, estratti da composizioni più articolate e quindi di scarso significato fuori dal loro contesto. La tecnica del ventiseienne Trifonov (che nel primo tempo della sonata ha avuto un vuoto di memoria subito recuperato)  è eccezionale (si pone certo nella scia dei grandi virtuosi come Horowitz, ma solo dal punto di vista tecnico) e non si discute, ma nelle sue esecuzioni si fa strada un certo manierismo, un’involuzione che porta a esasperare le contrapposizioni ritmiche in ossequio a una scuola slava portata a un eccesso di gusto discutibile. Il pianismo di Trifonov (impeccabilmente vestito in frac, cosa ormai desueta) pare deteriorato a causa – forse – di un eccesso di successo che impedisce il progresso di maturazione necessario a un grande pianista. Va inoltre ricordato che il repertorio del pianista russo si incentra in modo preponderante e quasi esclusivo sul percorso musicale romantico e postromantico, da Chopin a Rachmaninov, escludendo spesso il grande panorama della musica tedesca da Haydn a Brahms, passando per Schubert e Beethoven (se si esclude un’esecuzione di questo compositore dell’op. 111 molto discutibile): sarebbe oltremodo interessante vederlo maggiormente alla prova in questo repertorio per un giudizio più completo. Anche il programma del concerto in questione ha seguito – con piccole variazioni – lo stesso percorso di stampo romantico, con l’eccezione di Mompou, eseguito peraltro con grande sensibilità. Due bis: il primo una trascrizione leggermente variata del largo della sonata op. 65 per violoncello e pianoforte di Chopin (terzo tempo – come se non esistessero sufficienti brani per pianoforte del compositore di Żelazowa Wola!) e il secondo un improvviso del grande compositore polacco. Strepitoso successo da parte di un pubblico straripante di bocca buona nell’ambito del quale una signora decerebrata seduta nella fila dopo la mia ha canticchiato nel silenzio della sala il tema del preludio chopiniano (il n. 7) oggetto delle variazioni di Rachmaninov e il motivetto del “La ci darem la mano” per dimostrare la propria competenza musicale d’accatto. Ma si può? Una nota positiva: non c’è stato il pistolotto iniziale. Che sia di buon auspicio per il futuro?
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Happy
Programma
Mompou                  Variazioni su un tema di Chopin
Schumann             “Chopin” da Carnaval op. 9
Grieg                       “Hommage à Chopin” da Moods op. 73
Barber                     Notturno (Hommage to John Field) op. 33
Čajkovskij            “Un poco di Chopin” da Morceaux op. 72
Rachmaninov      Variazioni su un tema di Chopin op. 22
Chopin                    Variazioni sul “La ci darem la mano” op. 2  e Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 35

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Cameristica, Recensioni

Elena Nefedova – Circolo della Musica Bologna 23 Settembre 2017

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Elena Nefedova è pianista russa che dopo avere vinto alcuni concorsi studia ancora a Roma. E’ dotata di ottima tecnica e notevole sensibilità musicale. Di impostazione molto quadrata (difforme dalla tipica impostazione slava) ha eseguito i brani in programma con grande sicurezza seppure talvolta con una rigidità un po’ scolastica. Ad esempio nei brani di  Čajkovskij (di struttura bipartita A-B-A dove la terza parte è di fatto la ripetizione della prima parte) sarebbe stata auspicabile un po’ di variazione  dell’impostazione interpretativa proprio della terza parte che è venuta invece a mancare. Molto buona dal punto di vista tecnico e musicale l’interpretazione della sonata  di  Prokof’ev,  un brano ancora giovanile del compositore russo nel quale si individua la ricerca di uno stile personale non ancora sviluppato. Un bis. Prima dei due brani in programma una brevissima introduzione in un italiano eccellente che le ha fatto perdonare (dal  mio punto di vista..) le introduzioni stesse. Un plauso quindi per una ancora giovane pianista che promette molto bene. Mi permetto di sollevare qualche perplessità per l’organizzazione del concerto. L’inizio alle 21.15 è inconsueto e in contrasto con l’andamento corrente che vede le 20.30 come standard. Ma poi è indispensabile  che l’intervallo duri i canonici 15 minuti e non i 25  del concerto in questione.
PS Un “blogger” non è un oracolo e commette inevitabilmente errori (il minimo possibile..). Ricevo spesso “correzioni” non sempre fondamentali e non sempre precise. Così come io mi sottopongo al giudizio altrui con nome e cognome così chi vorrà avere la bontà di segnalarmi eventuali errori o imprecisioni dovrà farlo unicamente mandando un commento: a ognuno la propria responsabilità.
PPS La gestione di un blog è operazione complessa e talvolta faticosa. Molti dei miei lettori leggono il blog senza registrarsi. Chiederei cortesemente la registrazione (che non comporta nulla) e che può essere facilmente fatta “clikkando” sul riquadro “iscriviti” in basso a destra di ogni post o in quello nero sopra ogni post.Grazie anticipatamente.
Happy
Programma
P.I.Čajkovskij Le stagioni op. 37 bis
S. Prokof’ev  Sonata n.2 op.14

 


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Cameristica, Recensioni

Stockhausen dieci anni dopo – Oratorio S.Filippo Neri Bologna 18 Settembre 2017

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Esiste una chiara differenza a livello della definizione  fisica fra rumore e musica e si basa sulla coerenza della emissione sonora. Udendo il brano di Stockhausen  Kontakte per pianoforte, percussione e musica elettronica ho avuto la certezza di trovarmi in presenza di rumore e non di musica. Ora nulla di grave: ci sono rumori piacevoli (ad esempio quello del mare) e rumori sgradevoli. Il brano del compositore tedesco rientra a pieno titolo in questa seconda categoria e ha anche il drammatico difetto di essere prolisso e ripetitivo. Ascoltandolo ho perfettamente capito cosa intendeva Fantozzi alla proiezione della Corazzata Potemkin e non mi importa se musicologi (spesso “fai da te”) si beano per 30 minuti e ritengono le mie considerazioni frutto di ignoranza redatte da un reazionario. Il brano è semplicemente una vera schifezza e non per niente è stata la sua prima (e si spera ultima) esecuzione bolognese. A mio parere si tratta di una truffa musicale (pardon, “rumorale”) ammantata di presunzione e supponenza. Non diversa è la mia valutazione dell’altro brano di Stockhausen Klavierstück n.12 per pianoforte solo nonostante la sforzo vocale e articolare della pianista Benelli Mosell. Diversi sono invece i casi delle altre composizioni della serata – in particolare i bellissimi e rarefatti Klavierstücke n.1- 4 per pianoforte solo (brani spesso eseguiti dal Pollini dei tempi migliori) – che rappresentano in modo interessante l’evoluzione della composizione moderna e che riflettono certamente il mondo che ci circonda con la sua complessità come molti dei quadri contemporanei. In questo contesto una valutazione degli interpreti è difficile ma di certo va sottolineata una loro buona qualità e buona volontà, fatta eccezione per l’ultimo brano in programma. Nessun bis: chissà perché….
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Michele Marelli corno di bassetto, clarinetto basso
Vanessa Benelli Mosell pianoforte
Andrea Rebaudengo pianoforte
Simone Beneventi percussione 
Paola Perrucci arpa
Alvise Vidolin regia del suono
 Programma
Stefano Gervasoni  Prima traccia per corno di bassetto e live electronics*
Karlheinz Stockhausen Harmonien per clarinetto basso (2006) da Klang – 5a ora  durata 15’,  Klavierstücke n.1- 4 per pianoforte solo (1952) durata 8, Klavierstück n.12 per pianoforte solo (1983) durata 22’
Gilberto Cappelli  Un giardino per Annamaria per arpa amplificata*
Karlheinz Stockhausen  Kontakte per pianoforte, percussione e musica elettronica (1958-60) durata 35’

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Cameristica, Recensioni

Giovanni Gnocchi – Rovigo 5 Settembre 2017

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Il Rovigo Cello City è una meritevole rassegna violoncellistica che si tiene nella città veneta all’inizio di Settembre e che accoppia concerti con master classes. Un tributo doveroso a uno strumento tanto bello quanto trascurato sia dalla letteratura musicale che dalle sale da concerto (e così poco capito che un mio vicino di posto a una rassegna bolognese quando ha scoperto che Brunello avrebbe tenuto due concerti di violoncello solo anche quest’anno ha solennemente dichiarato che sarebbe rimasto a casa….). Ovviamente è chiaro che la ridotta letteratura dello strumento e la sua introduzione tardiva a livello concertistico dopo un lungo passato come strumento di appoggio (“basso continuo” per intenderci) ha contribuito a questa situazione ma è anche vero che oggi ci sono grandi interpreti e che la musica per violoncello ha brani di grandissima levatura. Un plauso quindi alla città di Rovigo per un’iniziativa coraggiosa: purtroppo per impegni pregressi ho potuto partecipare solo a questo concerto. Giovanni Gnocchi è stato laureato ai concorsi violoncellistici Primavera di Praga, Antonio Janigro di Zagabria e vincitore del Concorso “F. J. Haydn” di Vienna e ha alle spalle una carriera internazionale di tutto rispetto. Dotato di grandissima tecnica (esibita soprattutto nel la funambolica sonata di Kodàly che prevede anche l’abbassamento di un semitono della 3a e 4a corda per ampliare l’estensione dello strumento) ha tenuto il suo concerto in un ambiente perfetto, la chiesa di S.Spirito di Rovigo, una piccola sala (piena in tutti i posti) priva di riverbero e adatta ad esaltare le caratteristiche dello strumento.  Più discutibile l’interpretazione dei primi due brani barocchi nei quali un eccesso di variazioni ritmiche ha leggermente snaturato l’impianto rigoroso della partitura. Grande e meritato successo di pubblico per un concerto di alta qualità. Due bis (dopo avere riaccordato lo strumento!). 
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D. Gabrielli Ricercare n.6
J. S. Bach Suite n. 1
Z .Kodály Sonata per violoncello solo 

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Braun Mayr – Circolo della musica 19 Luglio 2017

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Un concerto “double bill”  tenuto da due giovanissime vincitrici del concorso Baldi per la categoria “under 20”. Non ho difficoltà a condividere il giudizio ex-aequo della giuria essendo le caratteristiche delle due giovani pianiste sostanzialmente identiche. Solido impianto tecnico (non perfetto ma comunque di alta qualità), aggressività e irruenza giovanile ma una certa carenza di attenzione verso gli aspetti più strettamente artistici sopratutto nei brani più virtuosistici nei quali è mancata l’attenzione verso il significato – che pure esiste – musicale.  Di certo è necessario ad entrambe un percorso di maturazione che è però già presente in molti dei loro coetanei (si pensi ai vincitori dei concorsi Chopin) e quindi quanto mai urgente in un contesto che vede ormai moltissimi giovani dotati delle stesse qualità e nel quale per emergere è necessario quel “quid” che alle due giovani interpreti ancora manca.
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Programma
 Susanna Braun
1° premio assoluto ex-aequo (cat. E) al VII concorso Andrea Baldi 2017
Bach Preludio e fuga BWV 866 (libro 1) 
Beethoven Sonata op. 2 No. 3
Chopin Ballata n. 2
Schumann Variazioni Abegg op. 1 
Prokofiev Sonata No. 3
Lydia Mayr
1° premio assoluto ex-aequo (cat. E) al VII concorso Andrea Baldi 2017
Liszt Soirée de Vienne No.6 (Valse caprice d’après Franz Schubert)
Rachmaninov Etude-Tableau Op.39/7  
Prokofiev Sarcasmi Op.17
Liszt Paraprasi su un valzer di Gounod’s dall’opera “Faust”

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Alexandr Kobrin- Bologna Pianofortissimo 6 Luglio 2017

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Alexandr Kobrin è un pianista non più giovanissimo (37 anni), stakanovista dei concorsi internazionali: primo premio al Busoni 1999 e Van Cliburn 2005, terzo allo Chopin del 2000 oltre ad altri concorsi (sull’inflazione dei concorsi pianistici sarebbe necessaria una riflessione – ormai credo che fra importanti, meno importanti, regionali, locali e dopolavoristici ce ne sia almeno uno al giorno e non c’è pianista che non si possa fregiare della vittoria a un concorso, magari quello di Mohabit, quartiere degradato di Berlino, se esiste). Ovviamente non è il caso di Kobrin vittorioso in concorsi di primaria importanza. Eppure la sua carriera non sembra essere decollata proporzionalmente a questi successi, cosa che succede non infrequentemente, visto che il successo è certamente basato sui concorsi (ma non solo – vedi il caso di Volodov) ma soprattutto sulle case discografiche e sulle agenzie artistiche internazionali. Kobrin è dotato di una buona, non eccelsa tecnica, e una significativa musicalità ma ha il limite di voler dare uno specifico significato a ogni singola nota o piccolo episodio musicale, il che frammenta il discorso interpretativo che invece necessita di una continuità in cui individuare il significato globale del brano eseguito. Il concerto inizia con le celebri non trascendentali variazioni di Haydn, eseguite con aderenza allo stile se si eccettua l’esposizione del tema, troppo lento (l’eccesso di lentezza è caratteristica del pianista russo) e troppo romanticheggiante. Le stesse carenze (ma anche gli stessi pregi) si riscontrano nell’esecuzione dell’op. 101 di Beethoven dove però nell’ultimo tempo – specialmente nella fuga – emergono incertezze tecniche inaspettate. Purtroppo gli stessi limiti si riscontrano negli studi sinfonici di Schumann, dove ad esempio nella seconda variazione il ribattuto della mano sinistra non si percepisce, così come accade nella quinta variazione, tanto che verrebbe da dubitare che gli scappamenti del pianoforte abbiano dei gravi limiti. Kobrin non rifugge anche da quello che si potrebbe chiamare “mestiere” ovvero trova il modo di rallentare nei passaggi più impegnativi come nella settima variazione (o studio che chiamar si voglia). Molto arbitraria la scelta delle variazioni postume inserite qua e là nel corpo degli studi ufficiali (ma ovviamente qui la scelta è dell’esecutore) e non eseguite integralmente. Qualche arcaicismo nell’ultima variazione dove la ripresa del tema segue la prima versione degli studi. Insomma un pianista russo di ottime ma non eccelse qualità che giustificano la sua non strepitosa carriera. Due bis: una brano dalle Kinderszenen di Schumann (Der Dichter spricht) e La fille aux cheveux de lin dai preludi di Debussy.
A Berlino nessuno in sala si permette di accendere il telefonino durante le esecuzioni anche perché viene preventivamente redarguito in materia. Possibile che non si possa ottenere lo stesso risultato in Italia?
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Programma 
Haydn Variazioni in fa minore HOB XVII 6
Beethoven sonata n. 28  op. 101  in la maggionre
Schumann Studi  op. 13  sinfonici  con variazioni postume

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