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Prague Chamber Orchestra Vacatello – Bologna Musica Insieme 11 Maggio 2015

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Una cosa è certa: il pianismo di Mariangela Vacatello è improntato a una forte componente virtuosistica, grazie a una “mano” tecnicamente estremamente dotata e questo aspetto è anche comprovato dalla predilezione che la pianista napoletana dichiara di avere per gli “studi” nei quali la sua tecnica trascendentale ha la possibilità di esprimersi al meglio.  Ciò detto va però riconosciuto che questo aspetto, così spesso nei giovani pianisti preponderante, è ben controllato da una grande musicalità. I due aspetti sono apparsi contemporaneamente nell’esecuzione del secondo concerto di Beethoven dove soprattutto nel cantabile del secondo tempo la Vacatello ha saputo trovare gli accenti giusti nel dialogo con l’orchestra. E’ invece apparso prevalere l’aspetto virtuosistico nell’ultimo tempo affrontato a una velocità eccessiva che ha tolto in parte lo spirito compositivo del Beethoven giovanile. Un’esecuzione comunque di alto livello e che porta a ben sperare per l’evoluzione e la maturazione della giovane pianista. Il concerto è poi risultato godibilissimo anche grazie all’ottima formazione cameristica che a parte l’adagio di Barber (ottimamente reso) ha presentato due brani di compositori cechi della seconda metà dell’ 800, Janáček  e Dvořák. Lo spirito delle due composizioni è chiaramente nella sensibilità degli esecutori e in particolare la serenata di Dvořák (brano celeberrimo) ha suscitato il giusto entusiasmo del pubblico. Un concerto di alta qualità, insomma che a parte il prolungamento dovuto al ritardato concerto di Zimerman (se mai sarà in grado di venire…) ho degnamente concluso la stagione di Musica Insieme. Ci auguriamo di risentire presto Mariangela Vacatello in un concerto solistico che come bis ha offerto “La campanella” di Liszt (brano virtuosistico per eccellenza eseguito magistralmente) e la celebre, costantemente svilita da pianisti dilettanti  Für Elise di Beethoven, rendendo al brano la sua bellissima musicalità. Una bella provocazione, molto apprezzata.

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Fetisova Guidetti – Bologna Goethe Zentrum 8 Maggio 2015

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Mozart, Schumann, Brahms e Strauss: l’olimpo dei Lieder (mancano solo secondo i miei gusti Schubert, Wolf e Mahler, ma ovviamente non si può eseguire tutto in una serata!).  Il duo è molto affiatato e va subito sottolineato che il soprano ha cantato i 26 (ventisei!) Lieder tutti a memoria (cosa non comune) cui va aggiunto il bis, una versione russa di Čajkovskij della celebre poesia di Mignon “Wer die Sensucht kennt”. La Fetisova ha i suoi accenti migliori nel registro basso e negli acuti mentre nel registro intermedio ha qualche difficoltà a controllare i mezzitoni. La sua è certamente una bella voce drammatica che talvolta nel campo Liederistico può non trovare una sua specifica corrispondenza e sulla quale ha bisogno di lavorare per evitare che la innata potenza vocale esploda in ogni brano, anche quelli più intimistici e in quelli – così apparentemente semplici ma così difficili – di Mozart. Di certo ha trovato i suoi accenti migliori nella bella interpretazione degli Ziegeunerlieder di Brahms proprio per le caratteristiche vocali suesposte e complessivamente, in ogni caso, ha dato una bella e soprattutto promettente prova delle proprie capacità. Un plauso anche al pianista Guidetti che ha saputo accompagnarla ottimamente ma che deve fare molta attenzione in una sala come quella del Goethe Zentrum a moderare le sonorità che rischiano, altrimenti, di sovrastare la voce del soprano spigendola ad esaltare quelle caratteristiche dinamiche che invece deve tenere sotto controllo. Certamente visto l’esiguo pubblico e la scadente acustica della sala una scelta assai migliore sarebbe stata quella di tenere chiuso il coperchio. Purtroppo il pubblico – come precedentemente detto – era molto rarefatto forse per la bella giornata e l’orario pomeridiano. Personalmente ritengo che un orario serale infrasettimanale favorirebbe l’afflusso mentre sarebbe certamente necessario che una bella iniziativa nel campo Liederistico come quella del Goethe Zentrum  – unica a Bologna! –  avesse un riscontro pubblicitario assai più ampio, magari trovando un legame con le organizzazione musicali maggiori. Da lodare il libretto di sala nel quale – finalmente – i testi tedeschi e le traduzioni erano impeccabili.

HappyHappy

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Rossi Noferini Cattani – Bologna Conoscere la musica 5 Maggio 2015

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Munitomi di giubbotto antiproiettile ed elmetto dopo la mia recensione del concerto di Francesco Libetta che mi ha attirato gratuite patenti di incompetenza e più in generale i fulmini dei suoi sostenitori (fortunatamente adeguatamente rintuzzati dai miei sostenitori della libertà di espressione) ho avuto il coraggio (l’ardire sarebbe meglio dire) di entrare nuovamente nella Sala Mozart dell’Accademia Filarmonica bolognese  per un concerto di Conoscere la Musica sapendo che con una ulteriore recensione negativa la mia vita (non solo quella musicale!) sarebbe stata in pericolo.  Appiattitomi in fondo alla sala in una poltrona laterale dalla parte dell’uscita per un’eventuale fuga precipitosa ho assistito quanto più incognito possibile al concerto: se scrivo questo post significa che comunque ho avuto salva la vita (che non è poco!). A questo punto si potrebbe pensare che una recensione positiva sia frutto di una più o meno esplicita pressione psicologica. Si tranquillizzino i miei lettori: non saranno i pochi esagitati che si sono esibiti a violentare la mia libertà di espressione. Il concerto in questione è stato di buona qualità con una vecchia gloria come Cristiano Rossi (che purtroppo non ha fatto quella carriera che in gioventù lasciava presagire) spalleggiato dal bolognese Roberto Noferini e dalla pianista Chiara Cattani.  Un concerto in formazione non consueta (due violini con cembalo/pianoforte) diviso in due parti: una prima dedicata al barocco (Corelli e Couperin) e una seconda al ‘900 (Milhaud e Martinu).  Il trio è ben affiatato, ben supportato dalla pianista/clavicembalista e il programma eseguito è risultato assai interessante (forse con una minore qualità per la sonata di Milhaud).  Un bis di Šostakovič molto orecchiabile. L’unico costante difetto (se non nel bis e parzialmente in Martinu) è stata la qualità complessiva del suono degli archi risultata sempre aspra (almeno al fondo della sala) lasciando ipotizzare (forse) un’acustica non perfetta. Ed è sembrata troppo lenta l’esposizione del tema della “follia”. Un pubblico abbastanza folto per la sala se si considera la concomitanza della partita della Juventus e il concerto a S.Cristina. E ora sparo nuovamente alla luna. La musica è iniziata alle 21.25 con la “presentazione” iniziata alle 21.10. Il mancato rispetto degli orari è mancanza di rispetto verso gli spettatori puntuali (che si sentono degli idioti per dovere aspettare a lungo), probabilmente nella speranza di incrementare con i maleducati ritardatari l’incasso.  Forse non mi sono accorto che Bologna è ancora una marca provinciale dello stato pontificio…
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Consonni Salvemini – Bologna S.Cristina 30 Aprile 2015

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Un concerto con due brave giovanissime (della fucina imolese) che a quattro mani hanno suonato alcune delle composizioni brahmsiane più note pur in un contesto acustico “de paura”. Che dire? Dopo tanti “tromboni” un duo fresco, affiatato, dotato di una ottima tecnica e  contraddistinto chiaramente dal piacere, dalla gioia di suonare. Una ventata di aria fresca nel panorama musicale bolognese di cui si sentiva proprio il bisogno. A risentirle presto!

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Accademia Bizantina Mullova – Bologna Grandi Interpreti 29 Aprile 2015

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Enrico Pace – Milano Quartetto 28 Aprile 2015

Non profit bannerNon profit bannerDi Enrico Pace avevamo già svuto modo di scrivere in occasione del concerto in duo con Leonidas Kavakos nell’ambito della stagione di Musica Insieme a Bologna (Kavakos Pace – Bologna Musica Insieme 19 Gennaio 2015) : ora abbiamo avuto la possibilità di riascoltarlo come solista (la prima volta fu a Bologna nell’ambito dei concerti organizzati dal DAMS, quando ancora questo blog doveva vedere la luce). L’impressione ricevuta non è mutata. Pace ha 47 anni, un’età nella quale la maturità interpretativa – nei grandi artisti – ha da tempo preso il sopravvento sull’esuberanza tecnica. Non è il caso di Pace che dotato di tecnica eccellente e suono granitico applica queste due caratteristiche indistintamente a tutti i brani eseguiti. Caratteristiche perfette per la bellissima (e purtroppo poco eseguita) terza sonata di Hindemith mentre ne hanno fatto le spese per prime le Six  épigraphes antiques – brano di apertura – di Debussy. Qui tutte le sonorità liquide e impressionistiche del compositore francese sono state costantemente violentate da una esecuzione sgranata, quasi scarlattiana, nelle quali si è percepita costantemente l’attesa di un passaggio in cui mettere in luce l’aspetto tecnico (in aggiunta al vizietto costante delle due mani disallineate). A maggior ragione la cosa è risultata evidente nella Kreisleriana op. 16 di Schumann dove le libertà (ma forse sarebbe meglio dire arbitrarietà) interpretative hanno snaturato il ciclo forse più bello del panorama del compositore di Zwickau. Un esempio è quello del secondo brano della serie. I due intermezzi sono stati affrontati a velocità priva di significato musicale senza alcuna continuità con l’impianto musicale del pezzo trasmettendo al pubblico l’ansia di precipitarsi verso un brano di bravura interpretato in modo fine a sé stesso.  Forse l’elemento più negativamente sorprendente della serata è stata la pessima esecuzione de la celeberrima  Vallée d’Obermann di Liszt, un autore che teoricamente dovrebbe attagliarsi perfettamente alle caratteristiche di Pace. Dopo un inizio esasperantemente lento si è sprigionata una insensata potenza di fuoco delle ottave che hanno reso il brano un esercizio tecnico svuotato di contenuto musicale. Una esecuzione tutta muscolare senza alcun riguardo al significato profondo del dettato Lisztiano. E dire che il brano è quello forse più bello e più musicalmente valido degli Années de Pélerinages la cui esecuzione magistrale di Vladimir Horowitz (reperibile su You Tube) dovrebbe risultare di esempio a tutti gli esecutori e che in questo caso è risultata del tutto antitetica. Un giudizio negativo assolutamente identico per i due bis Lisztiani, Orage della stessa serie della Valléè e il Sonetto del Petrarca n°104. Un buon (non strepitoso) successo del non folto e non sprovveduto pubblico del Quartetto. Un ennesimo plauso al libretto di sala, completo, preciso e perfettamente strutturato. Sotto questo aspetto Milano non dista 180 ma 180.000 Km. dalla provinciale Bologna!

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Concerto Italiano Piccinini Pontecorvo Alessandrini – Bologna Musica Insieme 27 Aprile 2015

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Un tipico “concerto di transizione” di Musica Insieme. Serata barocca classica: Bach e Vivaldi, con cantate bachiane e vivaldiane, concerti vivaldiani e il quinto concerto brandeburghese.  In assenza totale di Liederistica da anni a Musica Insieme (ah, la provincia!) qualche brano vocale agisce da premio di consolazione. Un piccolo complesso di buona qualità, stagionato e coeso ma totalmente inadatto a una sala di oltre 1000 posti. Un complesso cameristico per sale da 100-200 posti.  Strumenti “filologici” che si traducono – di fatto – in archetti appuntiti, impugnature sopra il tallone e violoncello senza puntale. L’assenza dei tiracantini impone lunghe e noiose sessioni di accordatura tramite i bischeri. Il flauto traverso in legno, poi, al di là della bravura della flautista – Laura Pontecorvo  -, risulta totalmente inudibile se non nei brani nei quali dialoga solitario con altri strumenti singoli. Ovviamente altrettanto dicasi – e a maggior ragione – per il clavicembalo.  Dal punto di vista strumentale, quindi un concerto forse interessante ma praticamente difficile da giudicare. Quanto alla cantante – Monica Piccinini – il problema è analogo: una voce piccola, anche se ben intonata, un’agilità di medio calibro e una pessima dizione del testo (sostanzialmente incomprensibile) che si perde nella grande sala.  Presentazione improvvisata e poco significativa (probabilmente su richiesta inaspettata) del direttore clavicembalista Rinaldo Alessandrini. Un bis e il solito, inevitabile, prevedibile, acritico successo di pubblico

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Jenůfa – Bologna Teatro Comunale 17 Aprile 2015

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Il libretto di Jenůfa di Janáček può riassumersi nella storia di un infanticidio con redenzione agiografica nell’ambiente contadino moravo. Libretto sostanzialmente assai modesto, ma a parte Wagner, von Hofmannstahl e Da Ponte tutti i libretti sono sostanzialmente degli scadenti polpettoni includendo anche le spesso risibili e arbitrarie riduzioni verdiane dei drammi Shakespeariani. Per fortuna nelle opere è la musica l’elemento fondante e nel caso di Jenůfa parliamo di grande musica. L’allestimento del teatro Comunale sotto la regia di Alvis Hermanis rientra nel novero dei grandi spettacoli, quasi sproporzionato rispetto alla sostanza del libretto e tale da metterlo sostanzialmente in secondo ordine. Niente a che vedere con la messa in scena minimalista cui ho assistito nel 2012 a Praga dove la quasi inesistente scenografia (certamente legata a problemi di budget) sembrava volere sottolineare lo spirito cupo della vicenda. Qui siamo invece in un trionfo di costumi e colori che per molti aspetti stridono nella loro esuberanza con quello che dovrebbe essere lo spirito dell’opera. Ma ben venga un bello spettacolo dopo la tristezza della Butterfly di inizio stagione. Le scene e i costumi seguono un doppio binario. Nel primo e terzo atto una sfolgorante rivisitazione onirica dei costumi contadini (?) quasi senza tempo (alcuni sembrano riecheggiare nelle acconciature femminili il medioevo pur inserite in un ambiente jugendstil) in un contesto rutilante di colori sottolineato anche dalla presenza di danzatori che sullo sfondo paiono riprodurre con la loro gestualità lo svolgimento dell’azione, mentre nel secondo atto (quello dell’infanticidio) i protagonisti si muovono in una stanza/cucina moderna malandata che fa da cornice allo squallore delle decisioni della madre che conducono alla sua scelta omicida in favore dell’onore della figlia. Rimane il dubbio di capire per quale motivo il regista abbia imposto ai cantanti nel primo atto una gestualità da teatro dei pupi, obbligandoli financo a cantare in ginocchio. Come sempre i registi accorti e scaltri inseriscono elementi che fanno discutere ma è proprio la discussione il sale che porta alla notorietà (Andreotti docuit)… La direzione di Juraj Valčuha imprime a tutta l’opera il giusto ritmo e le giuste sonorità (dopo faticose prove in cui non sono mancati momenti di vera tensione con l’orchestra). La partitura di Janáček non è di semplice lettura ma il giovane direttore ha saputo condurre l’orchestra a una esecuzione che valorizza appieno le caratteristiche fortemente peculiari e gli stilemi di origine slava del compositore ceco. Superlativa la prova del soprano spagnolo Angeles Blancas Gulin dotata di una magnifica voce drammatica che ha reso il personaggio della madre nel secondo atto la vera protagonista dell’opera e che ha giustamente riscosso dal (veramente non folto) pubblico una ovazione incondizionata, di gran lunga superiore a quella tributata agli altri interpreti tutti di buona qualità (ma non alla sua altezza) e segnatamente Andrea Dankova, un’ottima Jenůfa che certamente ha sofferto il confronto con la Gulin. Una prova convincente (ma non entusiasmante) quella dei due protagonisti maschili alle prese peraltro con ruoli relegati da Janáček a figure musicali di secondo piano. Un buon successo complessivo sottolineato dagli applausi prolungati del pubblico (che forse avrebbero maggiore significato se qualche volta almeno tributasse sonori fischi a produzioni scadenti – ad esempio il caso di “Qui non c’è perché” – come invece mai accade soprattutto alle “prime” con la clacque in piena azione ….).
HappyHappy
PS l’opera è iniziata con un ritardo causato da “problemi tecnici” non meglio precisati dallo speaker. In realtà sembra che la causa sia stata invece  l’irreperibilità di uno strumentista..  Sarebbe poi interessante conoscere chi ha curato la traduzione del libretto, dal momento che i sopratitoli proiettati sono pieni di strafalcioni di grammatica.

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Giardini Matsunaga Chiocci Ippolito – Bologna Musica Insieme Ateneo 16 Aprile 2015

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Dopo una introduzione nella quale il relatore ci ha sorprendentemente informato che Albione è l’attuale Inghilterra (forse dimenticando che il mascellone del bieco ventennio malediva la “perfida Albione” dopo le sanzioni imposte per la vile invasione dell’Etiopia) il quartetto in questione (violino, viola e due viole da gamba)  ha presentato un programma di tre autori distanti di 400 anni: Purcell, Locke e Nyman. Purtroppo i brani in questione rimossi dal loro contesto (per i due autori antichi la corte inglese) risultano troppo frammentari e, detto in modo molto piano, piuttosto noiosi, al di là della buona volontà degli esecutori. Essi venivano suonati in un ambiente che prevedeva danze, azioni sceniche etc. ovvero una concentrazione di arti che ne giustificavano il significato. Si pensi, in materia, all’Enea and Dido di Purcell e alle messe in scena che anche in tempi moderni ne hanno valorizzato il significato musicale. Uno stesso discorso vale per i due brani del compositore moderno (noto per le colonne musicali di pellicole di successo) Nyman che si rifa in chiave moderna a Purcell. A rendere ancor più faticoso l’ascolto si sono avute,  fra un brano e l’altro,  interminabili accordature – soprattutto delle viole da gamba – che io non ricordo, ad esempio, nei concerti di Jordi Savall. Una serata dimenticabile. 
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Münchner Symphoniker Feng – Bologna Musica Insieme 13 Aprile 2015

 “Bella senz’anima” cantava alcuni anni or sono Riccardo Cocciante. Parafrasando il titolo si potrebbe dire “Bravo senz’anima” del  giovane violinista cinese pluripremiato Ning Feng, un altro tipico prodotto dell’immenso vivaio cinese (che però partorisce anche artisti veri come – ad esempio – la brava giovane pianista Zhang Zuo) dotato di strabiliante tecnica mostrata nel primo concerto di Paganini (se si eccettua l’attacco della parte violinistica del primo tempo ove ha mostrato una difficile da interpretarsi incertezza) ma che però  ha unicamente mostrato questo lato della sua personalità artistica. E’ vero: i concerti di Paganini non offrono agli interpreti grandi possibilità espressive, caricati come sono di virtuosismi, ma è anche vero che esistono esempi (anche su YouTube) nei quali gli interpreti cercano di addolcire la freddezza funambolica della partitura, almeno nelle parti più cantabili. Non è questo il caso di Ning Feng che proprio in queste parti, dove la componente muscolare gioca una ruolo minore si trova meno a suo agio. E certamente non depone a favore dell’intelligenza dell’esecutore avere proposto come bis un capriccio ancora di Paganini: assai meglio sarebbe stato eseguire un brano di autore diverso (da Bach a Ysaye) dal momento che non aveva certo bisogno di mostrare la sua valentia tecnica. Sia chiaro: è giovane, ha bisogno di “épater les bourgeois” e gli hanno insegnato che per ottenere un facile applauso (compreso quello sempre a mani alzate di una spettatrice di Musica Insieme che ad ogni concerto si esercita ginnasticamente in materia) Paganini “paga” ma bisogna sperare che compia un percorso artistico come quello di altri giovani interpreti che con l’avvento della maturità capiscono che suonare non è correre i 100 metri in 8 secondi.
HappySad
Una bella sorpresa è stata invece quella offerta dai Münchner Symphoniker, una formazione assai affiatata che sotto la guida di Ariel Zuckermann nelle due sinfonie eseguite (Kraus e Haydn) e nell’ouverture di Berwald ha dimostrato un suono brillante, compatto in tutte le sezioni e un rispetto rigoroso della partitura pur nella capacità di sottolineare le parti più liriche.  Un’orchestra di indubbio valore che vorremmo riascoltare in un repertorio più vasto.

 HappyHappy

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Quartetto Noûs- Bologna Talenti S. Filippo Neri 7 Aprile 2015

Un quartetto composto da giovani che ha avuto il coraggio di presentare come prima parte due brani di non facile comprensione. I tre brevissimi pezzi per quartetto d’archi di Stravinskij (composti dopo il grande successo de Le sacre du printemps) sono caratterizzati da un primo tempo con i quattro strumenti che paiono non avere rapporti mentre i due successivi rientrano nell’alveo del “concertato” (per quanto in un brano del compositore russo ciò sia possibile).  I brani di Adès (Arcadiana) sono interessanti ma non di più. Molto bello il quartetto op. 30 di Čajkovskij nel quale è stato possibile apprezzare le qualità degli esecutori. Un giudizio complessivo sul quartetto è positivo anche se certamente manca quella maturità che solo una lunga esperienza esecutiva può dare.  Un complesso quindi che ci auguriamo di riascoltare fra qualche anno anche in un repertorio più vasto. Un buon e meritato successo di pubblico. Un plauso assoluto all’assenza della introduzione “musicologica” iniziale che ha piagato tutta la scorsa stagione. Speriamo che si tratti di una assoluzione definitiva e non solo di una amnistia temporanea!
Happy
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Kremer Argerich- Bologna Grandi Interpreti 26 Marzo 2015

68 lui, 73 lei, una coppia splendida in grado di dar luogo al più bel concerto che si sia tenuto a Bologna negli ultimi tempi con due sonate di Weinberg, una di Beethoven e quella famosissima di Franck. Un’intesa perfetta, sonorità spesso soffuse e sempre espressive nei brani cantabili ma anche tempi staccati velocissimi e brillanti negli “allegri” trascinati dalla verve di una pianista per la quale veramente il tempo non sembra passare mai, dotata ancor oggi di una tecnica da fare impallidire molti giovani leoni. A volere proprio cercare il pelo nell’uovo si potrebbe arricciare il naso per qualche eccessiva concessione all’allargamento dei tempi in alcune sezioni del recitativo della sonata di Franck ma – come si usa dire – “ci possono anche stare”. Per il resto tutto assolutamente perfetto e ogni ulteriore commento sarebbe inutile. Un plauso specifico per i due brani dell’ingiustamente dimenticato compositore di origine polacca (ma vissuto nell’Unione Sovietica al tempo dello Zhdanovismo)  Mieczyslaw Weinberg che pur avendo operato in pieno ‘900  propone una musica che seppure del tutto inserita nel milieu culturale del suo secolo  non rifugge da momenti lirici e da una strutturazione delle sue sonate di tipo classico. Molto interessante – fra l’altro – la sonata per violino solo che si inscrive nella non vasta letteratura per lo strumento ad arco e che – dopo Bach – vede nella letteratura recente pochi esempi fra i quali le sei sonate di Eugène Ysaÿe e la sonata di Béla Bartók. La musica di Weinberg è la prova provata che la musica “moderna” può anche essere di non difficile ascolto senza astrusi intellettualismi o sonorità che spesso rendono “unpalatable” molti autori contemporanei. Tre bis fra i quali un tempo della sonata beethoveniana “a Kreutzer” (scelta un po’ discutibile), un ritmo di tango (trascrizione da Piazzolla? Benvenuti i suggerimenti) e un brano cantabile assolutamente ignoto al sottoscritto. Sarebbe sempre auspicabile che gli esecutori annunciassero i titoli dei brani eseguiti come bis senza trasformarli in indovinelli musicali. Ora prevista di inizio del concerto 20.30. Ora reale d’inizio 20.40. Viva la provincia!

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Lessing Savary Maurizzi- Bologna Conoscere la musica 19 Marzo 2015

C’era un tempo in cui i concerti di S.Cristina erano di alta qualità. Adesso dopo il disastro Maltempo viene proposto un altro concerto di qualità discutibile (problemi di budget?). Il trio in questione ha dato luogo a una performance tutt’altro che memorabile: un concerto definibile al meglio come “onesto”. Tre brani: una sonata per violoncello e pianoforte brevissima, un  “cammeo”, di Debussy, la sonata in pratica giustamente mai eseguita di Ravel per violino e violoncello ove i due strumenti seguono percorsi indipendenti senza mai sincronizzarsi quasi si trattasse di composizione cinquecentesca sviluppata “orizzontalmente” e il celebre trio n. 3 op. 110 di Schumann.  Le tre esecuzioni sono state ben lungi dall’essere memorabili. Innanzitutto tenere il coperchio del piano aperto in presenza di due archi e del riverbero di S.Cristina è criminale: l’effetto è che il piano copre quasi completamente gli altri due poveri strumenti. E poi i tre strumentisti sono dei bravi artigiani ma nulla più. Ne consegue che il livello esecutivo è facilmente immaginabile: molta buona volontà ma nulla più. Amen. Il concerto doveva iniziare alle 20.30. Il pistolotto del relatore introduttivo (sob, sob..) Mioli è iniziato alle 20.43 (quarto d’ora accademico? Ma qui non siamo all’università dove si deve dare il tempo agli studenti di cambiare aula) e si é iniziato a suonare alle 20.55. Maleducazione? Incompetenza? Disorganizzazione? Colpevole indulgenza verso i ritardatari? Oppure provincialismo da teatro di periferia? Forse tutto assieme. Quindi un concerto modesto e male organizzato per un pubblico populisticamente non pagante. Ottimo e abbondante…

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Ingolf Wunder revisited- Bologna Musica Insieme 16 Marzo 2015

Purtroppo ancora una volta il pubblico bolognese non ha avuto l’occasione di ascoltare un concerto di Yundi, vincitore con merito dello Chopin 2000: la sua unica esibizione nei dintorni si è avuta a Imola lo scorso anno e fu un concerto memorabile. L’auspicio è che venga reinvitato non appena i suoi problemi famigliari saranno risolti. Al suo posto è stato invitato Ingolf Wunder, secondo premio allo Chopin 2010 (ex aequo con Lukas Geniušas). Il biglietto da visita di Wunder lo si può desumere dal suo ritratto su Wikipedia in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Ingolf_Wunder – che bisogna immaginare da lui ispirato) che non dimostra certo fair play (omette di precisare che il secondo premio vinto era ex-aequo..): senza mezzi termini accusa la giuria di avergli scippato la vittoria (in inglese insomma lo si definirebbe a super brat). Certamente il concorso ha avuto un esito anomalo attribuendo la vittoria a una diligente, modesta e sbalordita Yulianna Avdeeva (pur essendo in giuria Marta Argerich, che ricordiamo giurata implacabile al tempo di Ivo Pogorelich) che certamente fra i finalisti era la più debole, che si trova ora raramente nei cartelloni delle manifestazioni pianistiche di primo piano, che è senza contratto delle case discoghrafiche più importanti e che non ha neppure un suo sito web! (A proposito dello Chopin 2010 va anche ricordato l’abbandono polemico di Bozhanov che lasciò infuriato il concorso prima della premiazione).  Purtroppo anche il più importante premio pianistico – lo Chopin – è oggi per motivi di sponsorizzazione sottoposto all’influenza delle case costruttrici dei pianoforti. I concorrenti hanno persino il diritto di scegliere (orrore!) su quale pianoforte suonare e la Avdeeva suonava su uno Yamaha….Al tempo del concorso (trasmesso in streaming video) comunque la mia preferenza andava a Wunder e va ricordato che nel Novembre di questo anno ci sarà la nuova edizione del quinquennale concorso. Ma veniamo al concerto in questione.  Un programma che più classico (in realtà romantico) non si può: una prima parte dedicata a Chopin e la seconda a Liszt con due brani da archeologia musicale ovvero l’Allegro da concerto op.46 di Chopin e le Variazioni su un tema dei Puritani di Bellini di Liszt (quest’ultimo in realtà una composizione solo coordinata da Liszt ma frutto di una collaborazioni di più musicisti – fra cui Chopin – alla stregua del FAE di Schumann-Brahms-Dietrich e altri esempi ottocenteschi). Il pianismo di Wunder è fuor di dubbio di alta qualità, molto elaborato e non immune dai temuti “effetti speciali” in Liszt. Ci sono pianisti cui riconosco grandissime qualità (è questo il caso) ma che non suscitano pienamente il mio plauso, come se vi fosse una vaga sensazione di incompletezza o di artificialità nell’esecuzione per me di difficile individuazione. Forse una definizione potrebbe darsi a contrariis, con il confronto con altri giovani pianisti che invece ritengo al vertice interpretativo: Wang, Yundi, Blechacz, Lisiecki etc. da me recentemente recensiti con un plauso incondizionato. Mi voglio scusare con i miei lettori per una definizione così imprecisa ma sarei veramente curioso di conoscere il parere di altri che abbiano assistito al concerto in questione. Sia chiaro ancora una volta: si parla di un “giovane leone” giustamente applaudito dal pubblico (almeno una volta a ragione!) che è necessario potere valutare in un repertorio più vasto (non solo confinato al romanticismo)  e che mi auguro in tale contesto di potere riascoltare presto. Due bis intimistici: Clair de lune dalla Suite bergamasque di Debussy e una trascrizione pianistica della Casta Diva di Bellini eseguiti con grande intensità.

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Ingolf Wunder- Bologna Musica Insieme 16 Marzo 2015

Purtroppo ancora una volta il pubblico bolognese non ha avuto l’occasione di ascoltare un concerto di Yundi, vincitore con merito dello Chopin 2000: la sua unica esibizione nei dintorni si è avuta a Imola lo scorso anno e fu un concerto memorabile. L’auspicio è che venga reinvitato non appena i suoi problemi famigliari saranno risolti. Al suo posto è stato invitato Ingolf Wunder, secondo premio allo Chopin 2010 (ex aequo con Lukas Geniušas). Il biglietto da visita di Wunder lo si può desumere dal suo ritratto su Wikipedia in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Ingolf_Wunder – che bisogna immaginare da lui ispirato) che non dimostra certo fair play (omette di precisare che il secondo premio vinto era ex-aequo..): senza mezzi termini accusa la giuria di avergli scippato la vittoria (in inglese insomma lo si definirebbe a super brat). Certamente il concorso ha avuto un esito anomalo attribuendo la vittoria a una diligente, modesta e sbalordita Yulianna Avdeeva (pur essendo in giuria Marta Argerich, che ricordiamo giurata implacabile al tempo di Ivo Pogorelich) che certamente fra i finalisti era la più debole, che si trova ora raramente nei cartelloni delle manifestazioni pianistiche di primo piano, che è senza contratto delle case discoghrafiche più importanti e che non ha neppure un suo sito web! (A proposito dello Chopin 2010 va anche ricordato l’abbandono polemico di Bozhanov che lasciò infuriato il concorso prima della premiazione).  Purtroppo anche il più importante premio pianistico – lo Chopin – è oggi per motivi di sponsorizzazione sottoposto all’influenza delle case costruttrici dei pianoforti. I concorrenti hanno persino il diritto di scegliere (orrore!) su quale pianoforte suonare e la Avdeeva suonava su uno Yamaha….Al tempo del concorso (trasmesso in streaming video) comunque la mia preferenza andava a Wunder e va ricordato che nel Novembre di questo anno ci sarà la nuova edizione del quinquennale concorso. Ma veniamo al concerto in questione.  Un programma che più classico (in realtà romantico) non si può: una prima parte dedicata a Chopin e la seconda a Liszt con due brani da archeologia musicale ovvero l’Allegro da concerto op.46 di Chopin e le Variazioni su un tema dei Puritani di Bellini di Liszt (quest’ultimo in realtà una composizione solo coordinata da Liszt ma frutto di una collaborazioni di più musicisti – fra cui Chopin – alla stregua del FAE di Schumann-Brahms-Dietrich e altri esempi ottocenteschi). Il pianismo di Wunder è fuor di dubbio di alta qualità, molto elaborato e non immune dai temuti “effetti speciali” in Liszt. Ci sono pianisti cui riconosco grandissime qualità (è questo il caso) ma che non suscitano pienamente il mio plauso, come se vi fosse una vaga sensazione di incompletezza o di artificialità nell’esecuzione per me di difficile individuazione. Forse una definizione potrebbe darsi a contrariis, con il confronto con altri giovani pianisti che invece ritengo al vertice interpretativo: Wang, Yundi, Blechacz, Lisiecki etc. da me recentemente recensiti con un plauso incondizionato. Mi voglio scusare con i miei lettori per una definizione così imprecisa ma sarei veramente curioso di conoscere il parere di altri che abbiano assistito al concerto in questione. Sia chiaro ancora una volta: si parla di un “giovane leone” giustamente applaudito dal pubblico (almeno una volta a ragione!) che è necessario potere valutare in un repertorio più vasto (non solo confinato al romanticismo)  e che mi auguro in tale contesto di potere riascoltare presto. Due bis intimistici: Clair de lune dalla Suite bergamasque di Debussy e una trascrizione pianistica della Casta Diva di Bellini eseguiti con grande intensità.

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Zhi Chao Julian Jia- Bologna Musica Insieme Ateneo 12 Marzo 2015

Ecco un altro giovane pianista proveniente dall’immenso vivaio cinese ove, non fosse che per quantità, emergono talenti che sempre più si affermano sul piano internazionale. Il pianista che si è esibito per Musica Insieme Ateneo, già vincitore giovanissimo del Casagrande, ha presentato un programma classicissimo (spesso questi giovanissimi si fermano alle soglie del ‘900) che spaziava da Scarlatti a Chopin passando per Schubert (Chopin risulta di gran lunga il compositore più eseguito dai cinesi a partire dagli anni  ’70 con Fu T’Song con l’eccezione di Yuja Wang, che però è più americana che cinese). Si presenta Zhi, alto, magro allampanato, con capelli lunghi e una maglietta sportiva da liceale (ma ha 23 anni!): manca solo il berretto con visiera per impersonare il giovane Holden di Salinger. Una captatio benevolentiae  innecessaria. L’inizio non è dei migliori: le due sonate di Scarlatti sono viziate (specialmente la seconda, la K466) da eccessi interpretativi di stampo romantico. Meglio sicuramente il tardo Schubert dell’op. D946 e di ottima qualità il notturno e la sonata op. 58 di Chopin. Naturalmente non mancano elementi negativi: c’è nel pianismo di Zhi sempre la tendenza a caricare troppo i passaggi più cantabili anche quando la semplice melodia sarebbe più che sufficiente per l’esecuzione.  Però la stoffa c’è ed è supportata da un’ottima tecnica: è un pianista che può esplodere ma anche implodere. Sarà interessante seguirlo nei prossimi anni. Due bis. Il primo, la prima Gnossienne di Satie infiorata di alcune libertà non presenti nello spartito, è da dimenticare. Satie è autore delicatissimo e il nostro dovrebbe ascoltare e introiettare l’esecuzione di Ciccolini prima di affrontare un brano tanto semplice all’apparenza ma così fragile nella sua sostanza. Il secondo è stato eseguito come fuoco d’artificio finale con tutte le conseguenze immaginabili. Dubbi sul successo di pubblico?

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Vincenzo Maltempo – Bologna Conoscere la Musica 5 Marzo 2015

Il concerto di Maltempo si è sviluppato su un ampio arco temporale: Scarlatti sonate K. 101 e K. 466, Chopin fantasia Op. 4, Liszt Totentanz, Alkan sinfonia per piano solo. “Riscopritore” di un compositore molto poco eseguito (Charles Valentin Alkan contemporaneo di Liszt e Chopin), certamente interessante ma tutt’altro che eccelso (il tempo è giudice inesorabile – et l’oublie descend sur le temps qui fut..). Per Maltempo più che di pianista si dovrebbe parlare di “pedalista”. Nella disgraziatissima acustica di S. Cristina dove il riverbero è insopportabile (ma possibile che nessuno pensi a pannelli fonoassorbenti?) l’uso smodato di questo elemento del pianoforte ha effetti devastanti. Se si pensa poi che per tutte le prime battute della Totentanz, caratterizzata da pesanti accordi nel registro basso, il piede non si è mai alzato dal pedale è facile immaginare il risultato. Quanto agli aspetti interpretativi che dire? Uno Scarlatti inopinatamente romantico (con “rubati”, anzi “scippati” e “rapinati”) totalmente fuori stile, uno Chopin incolore in cui le fasi di accelerazione non hanno nessuna caratteristica di gradualità quasi che si trattasse di uno studio del “Gradus ad Parnassum” di Clementi (naturalmente condito da una dose smodata di pedale), una Totentanz farraginosa con aspirazioni (mancate) virtuosistiche e con alcune stecche (secondo un mio collega “note diversamente intonate” – politically correct) clamorose e il brano di Alkan, archeologia musicale, pronto a rientrare nel giusto oblio della storia della musica. Si potrebbe dire che Maltempo suona come veste (camicia a quadretti sotto straccetto grigio per dare un tocco di casualità): inelegante, trasandato e semplicemente inadeguato.
PS Naturalmente un pubblico “condiscendente”  (eufemismo) ha applaudito e il pedalista ha concesso due bis. Fra questo pubblico spicca sempre un sedicente “esperto” presente ad ogni manifestazione che applaude calorosamente qualunque cosa venga ammannita e che difficilmente distinguerebbe il latrato di un cane da un Lied cantato da A.Kirchschlager ma che non manca di elargire (non richiesto) ai malcapitati rumorosamente le sue perle di (in)competenza!
 SadSad
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Rafał Blechacz – Bologna Musica Insieme 2 Marzo 2015

Rabberciato ma ancora un po’acciaccato riprendo i miei posts con il bel concerto del vincitore dello Chopin del 2005, ringraziando tutti coloro (in numero superiore al previsto!) che mi hanno fatto gli auguri e ritornando a occuparmi del settore di mia maggiore competenza: il piano. Un programma vasto con il Concerto Italiano di Bach, la Patetica di Beethoven e un secondo tempo tutto dedicato a Chopin. (Mi scuso con il mio lettore della Germania che mi rimprovera aspramente come uno scolaretto di non indicare i numeri d’opera ma i programmi dettagliati sono sul sito di Musica Insieme e facilmente rintracciabili: questo è un post e non un bollettino!). Di Blechacz va ricordato che nel concorso Chopin a non ancora 20 anni fece man bassa di quasi tutti i premi in palio e a ragione. Su un impianto tecnico solidissimo ma sempre controllato si innesta una grande musicalità che trova la sua massima espressione in Chopin ma che si irradia su tutti i brani eseguiti. È il caso ad esempio del brano bachiano dove – a differenza di tanti “giovani leoni” – il tempo è mantenuto sempre misurato in perfetto stile – appunto – italiano. Forse solo qualche vezzo nell’ultimo tempo potrebbe essere risparmiato, ma un peccato veniale. Lo stesso dicasi per la sonata beethoveniana, oggi meno eseguita, che invece ha trovato nell’interpretazione di Blechaz tutta la sua bellezza, profondità e innovatività. Di Chopin abbiamo già detto. Un notturno, tre mazurche (due delle quali raramente eseguite), tre valzer e una polacca. La maturità di un artista si misura anche nella capacità di rifuggere, anche nei bis, da quegli effetti speciali funambolici di cui la maggior parte dei pianisti cade preda per strappare l’ultimo applauso, magari da parte di quei risibili spettatori che applaudono a mani alzate!! Blechacz invece ha eseguito (benissimo) un intermezzo intimista dell’ultimo Brahms per finire con quel gioiellino che è il brevissimo preludio di Chopin. Un successo meritatissimo per un artista di non ancora 30 anni!
Che dire dell’ “introduzione ” musicologica? Piatta, improvvisata e inutile. Ma perché almeno il relatore non si prepara?

HappyHappy

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Golinelli D’Ippolito – Bologna Goethe Zentrum 21 Febbraio 2015

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Non ho mai viso un CV epistolare…..Ci sono casi in cui recensire vorrebbe dire riempire pagine con quanto ascoltato. Ma subentra un senso di pietà umana (non si uccide un uomo – pardon un soprano – musicalmente morto come M.Golinelli) e quindi mi comporto come i filologi di fronte a un passo non definibile: inserisco la “crux filologica”.  Con buona pace della lettera di Buckingham Palace che indica come Elizabeth di musica non capisca assolutamente nulla (notoriamente).
SadSadSadSadSadSad
………………
PS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Bogdanovich Vianello – Bologna Aula Absidale 17 Febbraio 2015

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Una breve premessa. Questo blog non è mai stato, non è, e mai sarà a scopo di lucro. Il suo scopo è unicamente quello di suscitare un dibattito fra le persone che hanno veramente a cuore la musica a Bologna fuori dai circuiti condizionati da sponsors, congreghe, etc. Il suo peso e soprattutto quello di chi legge e commenta dipende dal numero di coloro che accedono al blog. In questa ottica laddove possibile – se il blog è di vostro gradimento – chiederei un vostro “passaparola”. Grazie sentitamente.
Nonostante i tagli selvaggi alle finanze delle istituzioni universitarie continua la meritoria attività concertistica del DAMS offre – gratuitamente – manifestazioni di altà qualità ai musicofili bolognesi.  Controverso è certamente il giudizio sul concerto in questione. Innanzitutto il programma.  Liszt non è stato certamente un cultore degli strumenti ad arco e ne fa fede questo Gran Duo Concertante sulla romanza “Le Marin” di C.P. Lafontanz che potrebbe senza rimpianti restare dimenticato nella produzione Lisztiana. Analogamente dicasi della sonata di Saint-Saëns n.1 e del capriccio di Ysaÿe (che ha composto splendide sonate per violino solo), un brano virtuosistico privo di valore musicale. Ovviamente di repertorio la meditazione di Čajkovskij. Nonostante i calorosi applausi (ma a chi li si nega oggi da parte di un pubblico sempre meno avvertito?) l’esecuzione del violinista Bogdanovich non è risultata convincente. Il suono è spesso flebile anche se di qualità e la tecnica non trascendentale.  Nonostante i lodevoli sforzi dell’ottimo pianista Vianello (ottima tecnica, senso della partitura e consapevolezza dei limiti di Bogdanovich) il concerto non è mai decollato rimanendo a livello di media esecuzione, al di sotto dello standard dei concerti del DAMS.  Un bis.
HappySadPS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Gabriele Carcano – Milano Quartetto 10 Febbraio 2015

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Gabriele Carcano è un eccellente giovane pianista che ha nel rigoroso e misurato rispetto dello stile dei compositori eseguiti il suo migliore punto di forza. È dotato di una tecnica estremamente precisa e sempre al servizio dell’interpretazione, priva di eccessi ma impeccabile, praticamente senza errori. Il programma eseguito prevedeva la partita n.4 Di Bach, la sonata postuma D 784  di Schubert e la terza sonata di Brahms (op. 5 – opera giovanile di una forma musicale poi per sempre abbandonata). Otttima qualità (con qualche concessione perdonabile anche se reiterata allo squilibrio fra le due mani) e un uso sapiente del pedale in Bach. Un giovane che evitando inutili eccessi virtuosistici  o quelli che io chiamo “effetti speciali” dimostra una profondità espressiva difficile da riscontrare in altri interpreti coevi. In particolare la sonata di Schubert è risultata alla stessa altezza interpretativa di quella famosa di Svjatoslav Richter. Purtroppo un primo bis costituito da un brano dei Davidsbündlertänze di Schumann (pessima prassi quella di brani fuori dal contesto come se non esistessero infinite migliori scelte) ma un secondo bis con una sonata molto famosa di Scarlatti eseguita in modo assolutamente magistrale, forse una delle migliori che abbia mai ascoltato. Ma perchè questo come altri giovani talenti debbono aspettare i capelli brizzolati per essere presi in considerazione a Bologna? Anche per il libretto di sala un plauso per l’ottima qualitá che risparmia al pubblico quella prassi ridicola di una introduzione verbale (che naturalmente non può raggiungere la profondità di un brano scritto) e che lascia comunque allo spettatore la scelta di approfondire o meno le tematiche musicologiche dei brani eseguiti. Ma siamo a Milano e non nella provincia bolognese…Happy PS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Quartetto Prometeo con Cappelletto – Bologna Musica Insieme 9 Febbraio 2015

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Ci sono concerti belli, buoni, mediocri, brutti: per questo non trovo un aggettivo adatto.  Massacrati da una presentazione di 20 (venti) minuti il brano (se cosí si può chiamare una scadente declamazione accompagnata da stridii dei poveri archi) di D’Amico è durato 36 minuti per un totale di 56 minuti di una pretenziosa, lugubre, prolissa, interminabile, performance. La solita esecuzione (prima e ultima?) che talvolta Musica Insieme rifila agli incolpevoli abbonati come tributo a non meglio identificati soggetti (si ricordi in materia l’indimenticabile strazio di Sani per oboe). A meno che non si tratti della prima uscita del duo Sani-de Colle. La pena poi della clacque delle cause perse suscita persino compassione, pur nella profonda irritazione provocata dall’ignobile pezzullo. Recensire il resto è impossibile. Il quartetto Prometeo ci ha messo del suo con una esecuzione piatta e prolissa dei due quartetti di Haydn e Schubert obbligando il pubblico stremato anche a un bis di fatto non richiesto. A loro parziale discolpa essere stati stritolati dalla “cosa” di d’Amico. Basta: un concerto da dimenticare in fretta pur nel timore che la ripetizione di episodi come questo non sia scongiurata. Almeno speriamo di avere pagato un tributo sufficiente per garantirci un periodo congruo al riparo da concerti di questa natura. Brava la maggioranza degli abbonati che subodorando la fregatura è rimasta a casa!
Sad
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Pegoraro Marzaro Schunnesson Zanette Della Siega – Bologna Goethe Zentrum 8 Febbraio 2015

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Gli “Spanische Lieder” di Schumann op. 74 e 138 non sono quasi mai eseguiti. A differenza di quelli di Wolf sono Lieder d’amore e – cosa piuttosto inconsueta ripresa praticamente solo da Brahms nei suoi Liebeslieder Waltzer – a formazione variabile: voci soliste, duetti e quartetti. Quindi un plauso al gruppo che ha proposto questi Lieder e un plauso anche all’esecuzione che si è sempre mantenuta su ottimi livelli. Sopra tutti certamente il soprano Pegoraro che dotata di una bella voce ha saputo modularla appropriatamente a seconda del tono del brano eseguito.  E un plauso anche alla pianista Della Siega che dopo un inizio a volume eccessivo ha trovato i giusti livelli sonori per valorizare le voci accompagnate. Un bis brahmsiano e un buon successo del pubblico che – non folto – segue però  fedelmente le meritorie manifestazioni liederistiche del Goethe Zemtrum.
Happy
PS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Cameristica, Commenti

Teatro Comunale revisited – Bologna 8 Febbraio 2015

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Il post sulla composizione del recentemente nominato consiglio di indirizzo del teatro Comunale ha suscitato un notevole interesse se si valutano i numerosi messaggi di posta elettronica (tutti concordi con le mie posizioni) che ho ricevuto. Non uno era contrario ma … quasi nessuno ha voluto esporre ufficialmente le proprie opinioni come commento inserito nel post (adducendo le ragioni più varie..)  in modo da rendere visibili a tutti le proprie idee. C’è anche chi mi ha segnalato alcune perle nelle dichiarazioni dei nominati che ho provveduto a inserire nel post in questione come PS (chi è interessato può colà trovarle). Naturalmente ognuno ha diritto alla propria “posizione” ma è del tutto evidente che nessun cambiamento di rotta potrà essere ipotizzato fino a quando un numero sufficiente di persone non esprimano la propria contrarietà in modo palese nei confronti di un episodio certamente non esaltante (la dizione esatta è clientelismo). Vale naturalmente per questo come per altri esempi di mala gestione di istituzioni pubbliche. Insomma gli autori dei pochissimi commenti ufficiali sono da considerare degli eroi della libera informazione! In questo solco di silenzio (che naturalmente diventa automaticamente assenso) si muove anche uno dei giornali più diffusi fra il ceto medio-colto Bolognese, la Repubblica di Bologna, che rifiuta di pubblicare qualunque lettera dei lettori che analizzi la situazione del teatro considerando che gli unici argomenti degni di nota siano i mancati allacciamenti telefonici, i biglietti di TPER, le pappe dei bambini  i problemi del traffico e dei cantieri  ecc. (ma per questo tipo di informazione e di dibattito di infima qualità basta e avanza il Carlino!). Cultura zero. Peraltro risolve in modo più brillante il Corriere che fa più presto: praticamente non contempla le lettere dei lettori! Dunque chi ha idee e non ha santi in paradiso può solo limitarsi – come in questo caso – a scrivere sul proprio blog ben sapendo che la sua è “vox clamantis in deserto”.  Posso nuovamente riprendere il verso di Bertolt Brecht “Wir leben in finsteren Zeiten”?
SadSad
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Cameristica, Recensioni

Remi Geniet – Lugo Teatro Rossini 4 Febbraio 2015

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In occasione del concerto di Remi Geniet a Bologna nel 2014 stavo risciacquando i panni nella Sprea e quindi non mi sono fatto sfuggire l’occasione di ascoltare questo osannato giovane inteprete, che si presenta al pubblico come un ragazzone corrucciato vestito alla moda di Tsipras con abbigliamento casual (bei tempi quando gli interpreti si presentavano con un elegante frack! Nel recente passato ormai solo Paolo Restani si presentava con marsina e sparato). Remi Geniet appartiene a quella schiera di giovanissimi interpreti (intorno ai 20 anni – Wang, Blechacz e Yundi intorno ai 30 anni sono già considerati dei maturi!) prede della majors discografiche sempre alla ricerca di carne fresca da buttare sul mercato. Un primo tempo tutto dedicato a Bach e un secondo a Chopin. Il pianismo di Geniet è piuttosto granitico, dotato di una buona tecnica (non eccezionale – vedi i frequenti errori nella sonata op. 58 di Chopin soprattutto nello sviluppo del primo tempo) ma in Bach drammaticamente monocorde. Sia chiaro: le esecuzioni senza pedale sono accettabilissime ma richiedono la grande raffinatezza di uno Schiff in grado di infondere alla musica eseguita quelle piccole impercettibili nuances che costituiscono l’interpretazione altrimenti ci si trova davanti a una noiosa e acritica ripetizione di stilemi esecutivi certamente non esaltante. Quanto a Chopin le 4 Mazurke eseguite non sono nelle corde del giovane pianista. Meglio la sonata (nella quale l’aspetto brillante ha un importante ruolo – ma perchè non ha eseguito il previsto ritornello del primo tempo? ha chiesto uno speciale permesso a Friederik?) nella quale non è mancata l’espressività nel terzo tempo ma che nel quarto tempo ha visto la modifica costante della velocità esecutiva fra le due sezioni che si rincorrono  (più lenta – guarda caso – la prima!). Geniet insomma è un pianista che può e deve maturare il cui processo di maturazione può però essere minacciato da una carriera iniziata troppo presto. Di certo non ha l’eccezionale maturità di un Lisiecki (che ascolteremo a Bologna nell’ambito del Bologna Festival, il cui concerto mi sento di suggerire a tutti dopo averlo recentemente ascoltato al Quartetto di Milano) e necessiterebbe di un periodo di riflessione. L’aspettiamo in futuro ma non vorremmo essere facili profeti nel temere una involuzione.
PS L’intelligenza e soprattutto la maturità di un interprete si misura anche dalla scelta dei bis. La trascrizione pianistica di un celebre brano violinistico di Fritz Kreisler e l’esecuzione avulsa dal contesto del primo brano della Kreisleriana di Schumann eseguito come un studiolo tecnico di alta velocità con molte imperfezioni la dicono lunga. E’ il disprezzo verso un pubblico di bocca piuttosto buona (applausi acritici come sempre) che si considera incompetente e quindi disposto a tutto. Complimenti!
HappySad PS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Cameristica, Recensioni

Boris Petrušanskij – Bologna S. Filippo Neri 28 Gennaio 2015

!!NEW!!

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Catapultato molti anni fa dall’URSS dopo la vincita al concorso Casagrande del 1975, Boris Vsevolodovič Petrušanskij ha trovato a partire dal 1990 il suo futuro a Bologna e a Imola dove insegna all’Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col Maestro” oltre che tenere concerti. Ha fatto una dignitosa carriera senza mai raggiungere quei vertici internazionali che consacrano i grandi maestri.  Abbiamo già recensito un suo concerto in questo blog (Boris Petrušanskij – 6 Novembre 2013). Il programma presentato è di quelli che stimolano, mettendo a confronto i 24 preludi di Chopin op. 28 con i 24 preludi di Skrjabin op. 11. Due scuole musicali diverse ma legate da una impostazione strutturale identica: tutte le tonalità maggiori e minori (una prassi iniziata da J.S.Bach con il suo Wohltemperiertes Klavier),  nella stessa sequenza che procede per quinte a partire dal do maggiore e dal relativo tono minore. Il pianismo di Petrušanskij è roccioso e pecca spesso di eccessi sonori (che si avvertono anche nei suoi allievi) che nell’acustica sventurata dell’oratorio di S. Filippo Neri vengono ulteriormente amplificati: sarebbe necessario un volume mediamente più contenuto e un uso più moderato del pedale. L’esecuzione dei preludi chopiniani comporta l’inevitabile confronto con gli interpreti più famosi e in questa ottica la performance di Petrušanskij è lungi dall’essere memorabile. La tecnica lascia in alcuni casi a desiderare (ad esempio nel preludio in sol# minore n. 12) con un tentativo di coprire la manchevolezze con un eccesso di pedale e c’è una ricerca spasmodica e puntillistica dell’intepretazione che spezza il flusso musicale del brano che viene pertanto a risultare disarmonico. Interpretare vuol anche dire lasciar correre la musica e non accanirsi singolarmente su ogni battuta.  Anche per i preludi di Skrjabin l’esecuzione non è stata eccezionale. Qui sono mancate quelle “volate” leggere che sono così caratteristiche del compositore russo che alterna brani sognanti a brani drammatici ma sempre contraddistinti da una forte musicalità: l’eccesso sonoro di Petrušanskij ne ha purtroppo limitato la qualità espressiva.  Un improvviso di Chopin come bis. Da segnalare negativamente la maleducazione verso il pubblico di un ritardo dell’inizio di ben 20 minuti: possibile che da questo punto di vista ci si debba riferire a esempi terzomondisti?
Sad
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Cameristica, Recensioni

Gutman Poprugin – Bologna Musica Insieme 26 Gennaio 2015

Stending OvationDi Natalia Gutman è già stato detto tutto: una grandissima artista che in coppia con il validissimo Vjacheslav Poprugin (che nei concerti della Gutman è talvolta sostituito dalla georgiana Eliso Virsaladze) ha eseguito un programma fortemente classico con tre sonate di Mendelssohn, Grieg e Rachmaninov.  Tre sonate molto diverse fra loro e non della stessa qualità: bellissima quella di Rachmaninov, interessante quella di Mendelssohn ma parzialmente discutibile quella di Grieg il cui terzo tempo si allarga temporalmente e strutturalmente in modo abnorme e nel quale aleggia costantemente lo spirito di Solveig. Un fraseggio ampio e sempre espressivo quello della Gutman, un rispetto rigoroso dello stile, ma una tecnica che purtroppo risente talvolta del passare degli anni, soprattutto nei passaggi più ardui di capotasto (in particolare nel finale  del secondo tempo della sonata di Grieg). Anche il suono della Gutman si è fatto più tenue, talvolta un po’ esangue (problematica che si avverte assai nella sonata di Rachmaninov) e molto bravo è il pianista Poprugin ad evitare quanto più possibile fortissimi che possano mettere in risalto questa carenza. Sia chiaro un concerto godibile, salutato dagli applausi calorosi di un non folto pubblico e coronato da due bis (Prokoviev e Schumann) che rende giustamente omaggio, oltre che alla protagonista, anche a uno strumento che, colpevolmente, non è particolarmente presente (anche se non totalmente assente) nei concerti di Musica Insieme, che tende invece a premiare quasi esclusivamente il pianoforte. A margine di questa considerazione sarebbe anche giusto notare come vi siano generi (ad esempio la Liederistica) e strumenti (ad esempio l’oboe e il clarinetto come protagonisti solistici) ormai da anni trascurati. Gli organizzatori dovrebbero alzare gli occhi da una visione così ristrettamente provinciale e ampliare la loro prospettiva in una visione più europea delle scelte. Per una volta una introduzione di buona qualità (finalmente!). HappySadPS  Vorrei ringraziare tutti coloro che mandano commenti  ai posts via e-mail ma mi permetto di suggerire l’uso dell’opzione “Lascia un commento”  (o “commenti” se ne sono già stati inseriti) prevista nella sezione sinistra (o prima del testo per schermi ridotti come i tablets) dei posts stessi affinchè tutti possano leggerli.  Il dibattito è sempre interessante per tutti…..grazie (è gradito lasciare nome e cognome)!!
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Isaak Zagni – Bologna Goethe Zentrum 25 Gennaio 2015

E’ solo il Goethe Zentrum che a Bologna organizza meritoriamente Liederabende; un plauso loro e un Biasimo con la b maiuscola e rossa a tutte le organizzazioni musicali maggiori che trascurano un genere così importante e così diffuso in Europa: un ulteriore segno (mai che ce ne fosse bisogno…) del provincialismo culturale bolognese. Il soprano Sonya Isaak accompagnata dalla pianista Raffaella Zagni ha eseguito un programma della famiglia Schumann. Non tutti sanno infatti che Clara Wieck Schumann oltre che una famosa pianista e la moglie di Robert è stata anche un’eccellente compositrice di ispirazione (chi l’avrebbe detto?) schumanniana. Lei (come Fanny Mendelssohn con il fratello Felix)  ha avuto lo svantaggio di un marito molto più famoso che ne ha ingiustamente e involontariamente oscurato la produzione e i Lieder eseguiti (che peraltro fanno regolarmente parte dei programmi Liederistici dei paesi di lingua tedesca) ne sono una prova. La bellezza della voce è un dono di natura (si veda l’esempio di Pavarotti) che non ha premiato la soprano Isaak, ma l’esercizio e lo studio possono almeno in parte sopperire a questa carenza. Purtroppo nel caso in questione si sono registrate sovente delle incertezze (una voce con qualche tremolio) nei toni intermedi – quando l’emissione richiedeva  un “piano”, ad esempio all’inizio del primo Lied di “Frauenliebe und Leben” – mentre sono venuti a mancare spesso gli armonici negli acuti. Una prestazione non memorabile. Né l’ha aiutata la pianista Zagni. Chi accompagna ha il dovere di avere la sensibilità per la sala ove si svolge il concerto e in particolare al Goethe-Zentrum è indispensabile tenere il coperchio del piano chiuso nei concerti Liederistici. Se poi si aggiunge che inopinatamente il pianoforte ha aumentato il proprio volume nelle parti solistiche (a compensazione dell’assenza della voce?) che nei Lieder di Schumann sono così frequenti (ad esempio nelle code) e così importanti, l’intero equilibrio sonoro della composizione viene a mancare. Se poi si considera che  la pianista – oltre a eseguire un Lied per solo piano assolutamente insignificante – si è sentita  in dovere di aggiungere spesso alcune frasi frammentarie di spiegazione (?) dei Lieder eseguiti, che nulla hanno aggiunto alla comprensione dei brani (si deve sempre immaginare un pubblico sprovveduto?) mentre hanno spezzato la continuità del concerto, il risultato è facilmente immaginabile. Assolutamente fuori posto, poi, un bis Schubertiano in una serata dedicata agli Schumann: mancavano forse Lieder significativi dei due compositori? Anche i programmi scelti impattano sulla valutazione complessiva di un concerto. Suggerirei infine alla soprano – almeno per l’Europa – anche la scelta di un diverso stilista….
Sad
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Cameristica, Recensioni

Maria Perrotta – Bologna Musica Insieme Ateneo 22 Gennaio 2015

Recensisco questo concerto più per onor di firma che per motivazioni giornalistiche e/o artistiche. Abbiano ascoltato da Maria Perrotta (dal vivo e in CD) le Goldberg Variationen di J.S.Bach un numero più che sufficiente di volte per formulare un giudizio ponderato che questa nuova performance non ha cambiato. Un’ottima esecuzione, “maturata” negli anni e consolidata ormai senza sbavature, anche se la dimensione della sala avrebbe richiesto un volume di suono più contenuto e alcune imprecisioni tecniche (ad esempio nella prima variazione) evitate. Ma…. oltre alle Goldberg e alle ultime tre sonate di Beethoven la letteratura pianistica offre un ben maggiore repertorio e una pianista che ambisca a traguardi prestigiosi deve (non soltanto può!) in ogni caso affrontare altri autori (Mozart, Schubert, Schumann, Liszt, Brahms, Rachmaninov, Stravinskj etc.) e altri brani se non vuole cristallizzarsi in un repertorio angusto e ripetitivo, come purtroppo altre “promesse” nel recente passato hanno commesso l’errore di fare. I tempi non solo sono maturi ma addirittura siamo  quasi in ritardo data l’età dell’artista (solo per fare un raffronto Lisiecki ha la metà dei suoi anni, Juja Wang e Blechaz non hanno ancora raggiunto la trentina, Yundi…). Lo scorso anno l’abbiamo sentita anche in due noti brani di Chopin (Andante spianato e polacca brillante e poi  4a Ballata) con un risultato che ha certamente ingenerato perplessità, peraltro riportate in un post su questo stesso blog (chi ne fosse interessato veda sotto il riferimento a tutti i posts). Quindi ancora una volta (l’ultima per quanto mi riguarda) giudizio sospeso ma tutte le “condizionali” hanno il loro limite, oltre il quale si applica notoriamente la pena cumulativa….
Aggiungo che non rispettare senza giustificato motivo  i tempi di inizio della manifestazione (infestata ancora una volta da una presentazione al limite del ridicolo. Che ci importa dello sgabgherato parere del relatore che assimila le Goldberg a un treno? se mai – più mai che se… – può essere interessante un’analisi storico-musicologica!) è una provincialissma scortesia verso quegli spettatori che si sono premurati di arrivare in orario. Gli altri si arrangino (come avviene in tutte le sale serie) e la prossima volta si sbrighino!
HappySad
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Mullova Labèque – Milano Quartetto 20 Gennaio 2015

Dismessi i panni jastizzico-rockettari indossati per motivi non strettamente musicali lo scorso anno, Viktoria Mullova si ripresenta al quasi annuale appuntamento con la Società del Quartetto in duo con Katia Labèque, un sodalizio consolidato negli anni con un programma molto interessante ovvero una sonata di Mozart e una di Schumann nella prima parte e nella seconda tre brani più moderni: Takemitsu, Pärt e Ravel. Diciamo subito che i due brani più moderni sono stati eseguiti senza interruzione (per un motivo ignoto) ma che entrambi sono esempi di cosa possa essere una bella musica moderna (e ce n’è anche tanta di brutta e supponente!). In particolare la Distance de fée dai contorni delicati, quasi impressionistici, di Takemitsu ha suscitato consensi quasi unanimi nel composto pubblico del Quartetto (esempio di come una rampogna ben assestata – quella di Schiff – possa fare miracoli) e una buona accettazione ha avuto anche il brano di Pärt. Senza problemi di accettazione ovviamente la sonata di Ravel, quella nella quale il secondo tempo –  Blues – indica come negli anni ’20 l’influsso della musica americana giocasse un ruolo importante – anche se controverso –  nel milieu parigino.  I due bis finali sono stati un pallido omaggio alla contaminazione (un richiamo quasi ineludibile per le due esecutrici) che hanno unito stilemi classici a motivi tratti da una tradizione molto più populare (populistica?). Il duo ha offerto un prova di altissima qualità (se ne poteva dubitare?) sia per il valore individuale delle due artiste (per la Mullova il tempo sembra non passare mai) sia per l’affiatamento dimostrato che ha raggiunto il miglior risultato nella sonata op. 105 di Schumann. Qualche lieve perplessità per la sonata Mozartiana (la K 526,  raramente eseguita) nella quale la Labèque non ha resistito talvolta al richiamo di raggiungere una maggiore espressività con un non perfetto sincronismo di mano destra e sinistra. Ma in un caso come quello di questo concerto lo si può considerare un peccato veniale. Un plauso anche al programma di sala distribuito gratuitamente (la cui lettura o meno è lasciata allo spettatore), nel quale sia le biografie delle due artiste che i brani eseguiti sono descritti in modo professionale e senza sbavature (se si eccettua che per il Blues di Ravel viene tralasciato che si tratta di uno dei primi e più significativi esempi di bitonalità: violino e pianoforte eseguono in tonalità diverse).  Un esempio che dovrebbe fare meditare le organizzazioni bolognesi con quelle dilettantesche presentazioni di supposti “esperti” imposte senza remissione, che flagellano un pubblico che non ha la possibilità di sottrarsi alla punizione.
Happy
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