Category Archives: Cameristica
Fetisova Guidetti – Bologna Goethe Zentrum 8 Maggio 2015
Mozart, Schumann, Brahms e Strauss: l’olimpo dei Lieder (mancano solo secondo i miei gusti Schubert, Wolf e Mahler, ma ovviamente non si può eseguire tutto in una serata!). Il duo è molto affiatato e va subito sottolineato che il soprano ha cantato i 26 (ventisei!) Lieder tutti a memoria (cosa non comune) cui va aggiunto il bis, una versione russa di Čajkovskij della celebre poesia di Mignon “Wer die Sensucht kennt”. La Fetisova ha i suoi accenti migliori nel registro basso e negli acuti mentre nel registro intermedio ha qualche difficoltà a controllare i mezzitoni. La sua è certamente una bella voce drammatica che talvolta nel campo Liederistico può non trovare una sua specifica corrispondenza e sulla quale ha bisogno di lavorare per evitare che la innata potenza vocale esploda in ogni brano, anche quelli più intimistici e in quelli – così apparentemente semplici ma così difficili – di Mozart. Di certo ha trovato i suoi accenti migliori nella bella interpretazione degli Ziegeunerlieder di Brahms proprio per le caratteristiche vocali suesposte e complessivamente, in ogni caso, ha dato una bella e soprattutto promettente prova delle proprie capacità. Un plauso anche al pianista Guidetti che ha saputo accompagnarla ottimamente ma che deve fare molta attenzione in una sala come quella del Goethe Zentrum a moderare le sonorità che rischiano, altrimenti, di sovrastare la voce del soprano spigendola ad esaltare quelle caratteristiche dinamiche che invece deve tenere sotto controllo. Certamente visto l’esiguo pubblico e la scadente acustica della sala una scelta assai migliore sarebbe stata quella di tenere chiuso il coperchio. Purtroppo il pubblico – come precedentemente detto – era molto rarefatto forse per la bella giornata e l’orario pomeridiano. Personalmente ritengo che un orario serale infrasettimanale favorirebbe l’afflusso mentre sarebbe certamente necessario che una bella iniziativa nel campo Liederistico come quella del Goethe Zentrum – unica a Bologna! – avesse un riscontro pubblicitario assai più ampio, magari trovando un legame con le organizzazione musicali maggiori. Da lodare il libretto di sala nel quale – finalmente – i testi tedeschi e le traduzioni erano impeccabili.
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Rossi Noferini Cattani – Bologna Conoscere la musica 5 Maggio 2015
Munitomi di giubbotto antiproiettile ed elmetto dopo la mia recensione del concerto di Francesco Libetta che mi ha attirato gratuite patenti di incompetenza e più in generale i fulmini dei suoi sostenitori (fortunatamente adeguatamente rintuzzati dai miei sostenitori della libertà di espressione) ho avuto il coraggio (l’ardire sarebbe meglio dire) di entrare nuovamente nella Sala Mozart dell’Accademia Filarmonica bolognese per un concerto di Conoscere la Musica sapendo che con una ulteriore recensione negativa la mia vita (non solo quella musicale!) sarebbe stata in pericolo. Appiattitomi in fondo alla sala in una poltrona laterale dalla parte dell’uscita per un’eventuale fuga precipitosa ho assistito quanto più incognito possibile al concerto: se scrivo questo post significa che comunque ho avuto salva la vita (che non è poco!). A questo punto si potrebbe pensare che una recensione positiva sia frutto di una più o meno esplicita pressione psicologica. Si tranquillizzino i miei lettori: non saranno i pochi esagitati che si sono esibiti a violentare la mia libertà di espressione. Il concerto in questione è stato di buona qualità con una vecchia gloria come Cristiano Rossi (che purtroppo non ha fatto quella carriera che in gioventù lasciava presagire) spalleggiato dal bolognese Roberto Noferini e dalla pianista Chiara Cattani. Un concerto in formazione non consueta (due violini con cembalo/pianoforte) diviso in due parti: una prima dedicata al barocco (Corelli e Couperin) e una seconda al ‘900 (Milhaud e Martinu). Il trio è ben affiatato, ben supportato dalla pianista/clavicembalista e il programma eseguito è risultato assai interessante (forse con una minore qualità per la sonata di Milhaud). Un bis di Šostakovič molto orecchiabile. L’unico costante difetto (se non nel bis e parzialmente in Martinu) è stata la qualità complessiva del suono degli archi risultata sempre aspra (almeno al fondo della sala) lasciando ipotizzare (forse) un’acustica non perfetta. Ed è sembrata troppo lenta l’esposizione del tema della “follia”. Un pubblico abbastanza folto per la sala se si considera la concomitanza della partita della Juventus e il concerto a S.Cristina. E ora sparo nuovamente alla luna. La musica è iniziata alle 21.25 con la “presentazione” iniziata alle 21.10. Il mancato rispetto degli orari è mancanza di rispetto verso gli spettatori puntuali (che si sentono degli idioti per dovere aspettare a lungo), probabilmente nella speranza di incrementare con i maleducati ritardatari l’incasso. Forse non mi sono accorto che Bologna è ancora una marca provinciale dello stato pontificio…
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Consonni Salvemini – Bologna S.Cristina 30 Aprile 2015
Un concerto con due brave giovanissime (della fucina imolese) che a quattro mani hanno suonato alcune delle composizioni brahmsiane più note pur in un contesto acustico “de paura”. Che dire? Dopo tanti “tromboni” un duo fresco, affiatato, dotato di una ottima tecnica e contraddistinto chiaramente dal piacere, dalla gioia di suonare. Una ventata di aria fresca nel panorama musicale bolognese di cui si sentiva proprio il bisogno. A risentirle presto!
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Accademia Bizantina Mullova – Bologna Grandi Interpreti 29 Aprile 2015

Scrivi Viktoria Mullova e leggi qualità garantita. Pur in un contesto unicamente barocco la violinista russa, bella quanto brava, nel gotha del violinismo internazionale da oltre trent’anni, versatile nella scelta del suo repertorio – talvolta anche in modo discutibile come nell’ultimo concerto a Musica Insieme (v. Viktoria Mullova & friends – 10 Febbraio 2014) -, ha dato un’ennesima prova della sua bravura interpretando insieme all’Accademia Bizantina 3 concerti per violino e orchestra di Bach. Intonazione perfetta, tempi azzeccati, stile impeccabile, sonorità ineccepibili. Che altro dire? L’Ensemble con cui si è esibita (archi e clavicembalo) è presente da molti anni ed è composto da eccellenti strumentisti con la passione per le interpretazioni “filologiche” che ancora una volta si concretizzano unicamente in archetti a punta, impugnature sopra il tallone etc. Buona l’interpretazione della sonata di Händel senza la Mullova. L’esiguità dell’organico richiederebbe in ogni caso una sala meno vasta del teatro Manzoni (e della sua pessima acustica). Certamente curioso che in un organico esteticamente barocco spunti – senza contrasti musicali – l’archetto moderno della Mullova (che suona alternativamente uno Stradivari e un Guadagnini, due strumenti costruiti in epoca barocca), a riprova di come la pretesa di riproporre l’ambiente barocco “com’era” sia di fatto solo una pretesa, appunto. Un bis bachiano e grande successo di pubblico.
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Enrico Pace – Milano Quartetto 28 Aprile 2015

Di Enrico Pace avevamo già svuto modo di scrivere in occasione del concerto in duo con Leonidas Kavakos nell’ambito della stagione di Musica Insieme a Bologna (Kavakos Pace – Bologna Musica Insieme 19 Gennaio 2015) : ora abbiamo avuto la possibilità di riascoltarlo come solista (la prima volta fu a Bologna nell’ambito dei concerti organizzati dal DAMS, quando ancora questo blog doveva vedere la luce). L’impressione ricevuta non è mutata. Pace ha 47 anni, un’età nella quale la maturità interpretativa – nei grandi artisti – ha da tempo preso il sopravvento sull’esuberanza tecnica. Non è il caso di Pace che dotato di tecnica eccellente e suono granitico applica queste due caratteristiche indistintamente a tutti i brani eseguiti. Caratteristiche perfette per la bellissima (e purtroppo poco eseguita) terza sonata di Hindemith mentre ne hanno fatto le spese per prime le Six épigraphes antiques – brano di apertura – di Debussy. Qui tutte le sonorità liquide e impressionistiche del compositore francese sono state costantemente violentate da una esecuzione sgranata, quasi scarlattiana, nelle quali si è percepita costantemente l’attesa di un passaggio in cui mettere in luce l’aspetto tecnico (in aggiunta al vizietto costante delle due mani disallineate). A maggior ragione la cosa è risultata evidente nella Kreisleriana op. 16 di Schumann dove le libertà (ma forse sarebbe meglio dire arbitrarietà) interpretative hanno snaturato il ciclo forse più bello del panorama del compositore di Zwickau. Un esempio è quello del secondo brano della serie. I due intermezzi sono stati affrontati a velocità priva di significato musicale senza alcuna continuità con l’impianto musicale del pezzo trasmettendo al pubblico l’ansia di precipitarsi verso un brano di bravura interpretato in modo fine a sé stesso. Forse l’elemento più negativamente sorprendente della serata è stata la pessima esecuzione de la celeberrima Vallée d’Obermann di Liszt, un autore che teoricamente dovrebbe attagliarsi perfettamente alle caratteristiche di Pace. Dopo un inizio esasperantemente lento si è sprigionata una insensata potenza di fuoco delle ottave che hanno reso il brano un esercizio tecnico svuotato di contenuto musicale. Una esecuzione tutta muscolare senza alcun riguardo al significato profondo del dettato Lisztiano. E dire che il brano è quello forse più bello e più musicalmente valido degli Années de Pélerinages la cui esecuzione magistrale di Vladimir Horowitz (reperibile su You Tube) dovrebbe risultare di esempio a tutti gli esecutori e che in questo caso è risultata del tutto antitetica. Un giudizio negativo assolutamente identico per i due bis Lisztiani, Orage della stessa serie della Valléè e il Sonetto del Petrarca n°104. Un buon (non strepitoso) successo del non folto e non sprovveduto pubblico del Quartetto. Un ennesimo plauso al libretto di sala, completo, preciso e perfettamente strutturato. Sotto questo aspetto Milano non dista 180 ma 180.000 Km. dalla provinciale Bologna!
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Concerto Italiano Piccinini Pontecorvo Alessandrini – Bologna Musica Insieme 27 Aprile 2015
Un tipico “concerto di transizione” di Musica Insieme. Serata barocca classica: Bach e Vivaldi, con cantate bachiane e vivaldiane, concerti vivaldiani e il quinto concerto brandeburghese. In assenza totale di Liederistica da anni a Musica Insieme (ah, la provincia!) qualche brano vocale agisce da premio di consolazione. Un piccolo complesso di buona qualità, stagionato e coeso ma totalmente inadatto a una sala di oltre 1000 posti. Un complesso cameristico per sale da 100-200 posti. Strumenti “filologici” che si traducono – di fatto – in archetti appuntiti, impugnature sopra il tallone e violoncello senza puntale. L’assenza dei tiracantini impone lunghe e noiose sessioni di accordatura tramite i bischeri. Il flauto traverso in legno, poi, al di là della bravura della flautista – Laura Pontecorvo -, risulta totalmente inudibile se non nei brani nei quali dialoga solitario con altri strumenti singoli. Ovviamente altrettanto dicasi – e a maggior ragione – per il clavicembalo. Dal punto di vista strumentale, quindi un concerto forse interessante ma praticamente difficile da giudicare. Quanto alla cantante – Monica Piccinini – il problema è analogo: una voce piccola, anche se ben intonata, un’agilità di medio calibro e una pessima dizione del testo (sostanzialmente incomprensibile) che si perde nella grande sala. Presentazione improvvisata e poco significativa (probabilmente su richiesta inaspettata) del direttore clavicembalista Rinaldo Alessandrini. Un bis e il solito, inevitabile, prevedibile, acritico successo di pubblico
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Jenůfa – Bologna Teatro Comunale 17 Aprile 2015

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Il libretto di Jenůfa di Janáček può riassumersi nella storia di un infanticidio con redenzione agiografica nell’ambiente contadino moravo. Libretto sostanzialmente assai modesto, ma a parte Wagner, von Hofmannstahl e Da Ponte tutti i libretti sono sostanzialmente degli scadenti polpettoni includendo anche le spesso risibili e arbitrarie riduzioni verdiane dei drammi Shakespeariani. Per fortuna nelle opere è la musica l’elemento fondante e nel caso di Jenůfa parliamo di grande musica. L’allestimento del teatro Comunale sotto la regia di Alvis Hermanis rientra nel novero dei grandi spettacoli, quasi sproporzionato rispetto alla sostanza del libretto e tale da metterlo sostanzialmente in secondo ordine. Niente a che vedere con la messa in scena minimalista cui ho assistito nel 2012 a Praga dove la quasi inesistente scenografia (certamente legata a problemi di budget) sembrava volere sottolineare lo spirito cupo della vicenda. Qui siamo invece in un trionfo di costumi e colori che per molti aspetti stridono nella loro esuberanza con quello che dovrebbe essere lo spirito dell’opera. Ma ben venga un bello spettacolo dopo la tristezza della Butterfly di inizio stagione. Le scene e i costumi seguono un doppio binario. Nel primo e terzo atto una sfolgorante rivisitazione onirica dei costumi contadini (?) quasi senza tempo (alcuni sembrano riecheggiare nelle acconciature femminili il medioevo pur inserite in un ambiente jugendstil) in un contesto rutilante di colori sottolineato anche dalla presenza di danzatori che sullo sfondo paiono riprodurre con la loro gestualità lo svolgimento dell’azione, mentre nel secondo atto (quello dell’infanticidio) i protagonisti si muovono in una stanza/cucina moderna malandata che fa da cornice allo squallore delle decisioni della madre che conducono alla sua scelta omicida in favore dell’onore della figlia. Rimane il dubbio di capire per quale motivo il regista abbia imposto ai cantanti nel primo atto una gestualità da teatro dei pupi, obbligandoli financo a cantare in ginocchio. Come sempre i registi accorti e scaltri inseriscono elementi che fanno discutere ma è proprio la discussione il sale che porta alla notorietà (Andreotti docuit)… La direzione di Juraj Valčuha imprime a tutta l’opera il giusto ritmo e le giuste sonorità (dopo faticose prove in cui non sono mancati momenti di vera tensione con l’orchestra). La partitura di Janáček non è di semplice lettura ma il giovane direttore ha saputo condurre l’orchestra a una esecuzione che valorizza appieno le caratteristiche fortemente peculiari e gli stilemi di origine slava del compositore ceco. Superlativa la prova del soprano spagnolo Angeles Blancas Gulin dotata di una magnifica voce drammatica che ha reso il personaggio della madre nel secondo atto la vera protagonista dell’opera e che ha giustamente riscosso dal (veramente non folto) pubblico una ovazione incondizionata, di gran lunga superiore a quella tributata agli altri interpreti tutti di buona qualità (ma non alla sua altezza) e segnatamente Andrea Dankova, un’ottima Jenůfa che certamente ha sofferto il confronto con la Gulin. Una prova convincente (ma non entusiasmante) quella dei due protagonisti maschili alle prese peraltro con ruoli relegati da Janáček a figure musicali di secondo piano. Un buon successo complessivo sottolineato dagli applausi prolungati del pubblico (che forse avrebbero maggiore significato se qualche volta almeno tributasse sonori fischi a produzioni scadenti – ad esempio il caso di “Qui non c’è perché” – come invece mai accade soprattutto alle “prime” con la clacque in piena azione ….).
PS l’opera è iniziata con un ritardo causato da “problemi tecnici” non meglio precisati dallo speaker. In realtà sembra che la causa sia stata invece l’irreperibilità di uno strumentista.. Sarebbe poi interessante conoscere chi ha curato la traduzione del libretto, dal momento che i sopratitoli proiettati sono pieni di strafalcioni di grammatica.
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Giardini Matsunaga Chiocci Ippolito – Bologna Musica Insieme Ateneo 16 Aprile 2015
Sostieni Medici senza Frontiere
Dopo una introduzione nella quale il relatore ci ha sorprendentemente informato che Albione è l’attuale Inghilterra (forse dimenticando che il mascellone del bieco ventennio malediva la “perfida Albione” dopo le sanzioni imposte per la vile invasione dell’Etiopia) il quartetto in questione (violino, viola e due viole da gamba) ha presentato un programma di tre autori distanti di 400 anni: Purcell, Locke e Nyman. Purtroppo i brani in questione rimossi dal loro contesto (per i due autori antichi la corte inglese) risultano troppo frammentari e, detto in modo molto piano, piuttosto noiosi, al di là della buona volontà degli esecutori. Essi venivano suonati in un ambiente che prevedeva danze, azioni sceniche etc. ovvero una concentrazione di arti che ne giustificavano il significato. Si pensi, in materia, all’Enea and Dido di Purcell e alle messe in scena che anche in tempi moderni ne hanno valorizzato il significato musicale. Uno stesso discorso vale per i due brani del compositore moderno (noto per le colonne musicali di pellicole di successo) Nyman che si rifa in chiave moderna a Purcell. A rendere ancor più faticoso l’ascolto si sono avute, fra un brano e l’altro, interminabili accordature – soprattutto delle viole da gamba – che io non ricordo, ad esempio, nei concerti di Jordi Savall. Una serata dimenticabile.
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Münchner Symphoniker Feng – Bologna Musica Insieme 13 Aprile 2015
“Bella senz’anima” cantava alcuni anni or sono Riccardo Cocciante. Parafrasando il titolo si potrebbe dire “Bravo senz’anima” del giovane violinista cinese pluripremiato Ning Feng, un altro tipico prodotto dell’immenso vivaio cinese (che però partorisce anche artisti veri come – ad esempio – la brava giovane pianista Zhang Zuo) dotato di strabiliante tecnica mostrata nel primo concerto di Paganini (se si eccettua l’attacco della parte violinistica del primo tempo ove ha mostrato una difficile da interpretarsi incertezza) ma che però ha unicamente mostrato questo lato della sua personalità artistica. E’ vero: i concerti di Paganini non offrono agli interpreti grandi possibilità espressive, caricati come sono di virtuosismi, ma è anche vero che esistono esempi (anche su YouTube) nei quali gli interpreti cercano di addolcire la freddezza funambolica della partitura, almeno nelle parti più cantabili. Non è questo il caso di Ning Feng che proprio in queste parti, dove la componente muscolare gioca una ruolo minore si trova meno a suo agio. E certamente non depone a favore dell’intelligenza dell’esecutore avere proposto come bis un capriccio ancora di Paganini: assai meglio sarebbe stato eseguire un brano di autore diverso (da Bach a Ysaye) dal momento che non aveva certo bisogno di mostrare la sua valentia tecnica. Sia chiaro: è giovane, ha bisogno di “épater les bourgeois” e gli hanno insegnato che per ottenere un facile applauso (compreso quello sempre a mani alzate di una spettatrice di Musica Insieme che ad ogni concerto si esercita ginnasticamente in materia) Paganini “paga” ma bisogna sperare che compia un percorso artistico come quello di altri giovani interpreti che con l’avvento della maturità capiscono che suonare non è correre i 100 metri in 8 secondi.
Una bella sorpresa è stata invece quella offerta dai Münchner Symphoniker, una formazione assai affiatata che sotto la guida di Ariel Zuckermann nelle due sinfonie eseguite (Kraus e Haydn) e nell’ouverture di Berwald ha dimostrato un suono brillante, compatto in tutte le sezioni e un rispetto rigoroso della partitura pur nella capacità di sottolineare le parti più liriche. Un’orchestra di indubbio valore che vorremmo riascoltare in un repertorio più vasto.
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Quartetto Noûs- Bologna Talenti S. Filippo Neri 7 Aprile 2015
Un quartetto composto da giovani che ha avuto il coraggio di presentare come prima parte due brani di non facile comprensione. I tre brevissimi pezzi per quartetto d’archi di Stravinskij (composti dopo il grande successo de Le sacre du printemps) sono caratterizzati da un primo tempo con i quattro strumenti che paiono non avere rapporti mentre i due successivi rientrano nell’alveo del “concertato” (per quanto in un brano del compositore russo ciò sia possibile). I brani di Adès (Arcadiana) sono interessanti ma non di più. Molto bello il quartetto op. 30 di Čajkovskij nel quale è stato possibile apprezzare le qualità degli esecutori. Un giudizio complessivo sul quartetto è positivo anche se certamente manca quella maturità che solo una lunga esperienza esecutiva può dare. Un complesso quindi che ci auguriamo di riascoltare fra qualche anno anche in un repertorio più vasto. Un buon e meritato successo di pubblico. Un plauso assoluto all’assenza della introduzione “musicologica” iniziale che ha piagato tutta la scorsa stagione. Speriamo che si tratti di una assoluzione definitiva e non solo di una amnistia temporanea!
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Kremer Argerich- Bologna Grandi Interpreti 26 Marzo 2015
68 lui, 73 lei, una coppia splendida in grado di dar luogo al più bel concerto che si sia tenuto a Bologna negli ultimi tempi con due sonate di Weinberg, una di Beethoven e quella famosissima di Franck. Un’intesa perfetta, sonorità spesso soffuse e sempre espressive nei brani cantabili ma anche tempi staccati velocissimi e brillanti negli “allegri” trascinati dalla verve di una pianista per la quale veramente il tempo non sembra passare mai, dotata ancor oggi di una tecnica da fare impallidire molti giovani leoni. A volere proprio cercare il pelo nell’uovo si potrebbe arricciare il naso per qualche eccessiva concessione all’allargamento dei tempi in alcune sezioni del recitativo della sonata di Franck ma – come si usa dire – “ci possono anche stare”. Per il resto tutto assolutamente perfetto e ogni ulteriore commento sarebbe inutile. Un plauso specifico per i due brani dell’ingiustamente dimenticato compositore di origine polacca (ma vissuto nell’Unione Sovietica al tempo dello Zhdanovismo) Mieczyslaw Weinberg che pur avendo operato in pieno ‘900 propone una musica che seppure del tutto inserita nel milieu culturale del suo secolo non rifugge da momenti lirici e da una strutturazione delle sue sonate di tipo classico. Molto interessante – fra l’altro – la sonata per violino solo che si inscrive nella non vasta letteratura per lo strumento ad arco e che – dopo Bach – vede nella letteratura recente pochi esempi fra i quali le sei sonate di Eugène Ysaÿe e la sonata di Béla Bartók. La musica di Weinberg è la prova provata che la musica “moderna” può anche essere di non difficile ascolto senza astrusi intellettualismi o sonorità che spesso rendono “unpalatable” molti autori contemporanei. Tre bis fra i quali un tempo della sonata beethoveniana “a Kreutzer” (scelta un po’ discutibile), un ritmo di tango (trascrizione da Piazzolla? Benvenuti i suggerimenti) e un brano cantabile assolutamente ignoto al sottoscritto. Sarebbe sempre auspicabile che gli esecutori annunciassero i titoli dei brani eseguiti come bis senza trasformarli in indovinelli musicali. Ora prevista di inizio del concerto 20.30. Ora reale d’inizio 20.40. Viva la provincia!
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Lessing Savary Maurizzi- Bologna Conoscere la musica 19 Marzo 2015
C’era un tempo in cui i concerti di S.Cristina erano di alta qualità. Adesso dopo il disastro Maltempo viene proposto un altro concerto di qualità discutibile (problemi di budget?). Il trio in questione ha dato luogo a una performance tutt’altro che memorabile: un concerto definibile al meglio come “onesto”. Tre brani: una sonata per violoncello e pianoforte brevissima, un “cammeo”, di Debussy, la sonata in pratica giustamente mai eseguita di Ravel per violino e violoncello ove i due strumenti seguono percorsi indipendenti senza mai sincronizzarsi quasi si trattasse di composizione cinquecentesca sviluppata “orizzontalmente” e il celebre trio n. 3 op. 110 di Schumann. Le tre esecuzioni sono state ben lungi dall’essere memorabili. Innanzitutto tenere il coperchio del piano aperto in presenza di due archi e del riverbero di S.Cristina è criminale: l’effetto è che il piano copre quasi completamente gli altri due poveri strumenti. E poi i tre strumentisti sono dei bravi artigiani ma nulla più. Ne consegue che il livello esecutivo è facilmente immaginabile: molta buona volontà ma nulla più. Amen. Il concerto doveva iniziare alle 20.30. Il pistolotto del relatore introduttivo (sob, sob..) Mioli è iniziato alle 20.43 (quarto d’ora accademico? Ma qui non siamo all’università dove si deve dare il tempo agli studenti di cambiare aula) e si é iniziato a suonare alle 20.55. Maleducazione? Incompetenza? Disorganizzazione? Colpevole indulgenza verso i ritardatari? Oppure provincialismo da teatro di periferia? Forse tutto assieme. Quindi un concerto modesto e male organizzato per un pubblico populisticamente non pagante. Ottimo e abbondante…
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Ingolf Wunder revisited- Bologna Musica Insieme 16 Marzo 2015
Purtroppo ancora una volta il pubblico bolognese non ha avuto l’occasione di ascoltare un concerto di Yundi, vincitore con merito dello Chopin 2000: la sua unica esibizione nei dintorni si è avuta a Imola lo scorso anno e fu un concerto memorabile. L’auspicio è che venga reinvitato non appena i suoi problemi famigliari saranno risolti. Al suo posto è stato invitato Ingolf Wunder, secondo premio allo Chopin 2010 (ex aequo con Lukas Geniušas). Il biglietto da visita di Wunder lo si può desumere dal suo ritratto su Wikipedia in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Ingolf_Wunder – che bisogna immaginare da lui ispirato) che non dimostra certo fair play (omette di precisare che il secondo premio vinto era ex-aequo..): senza mezzi termini accusa la giuria di avergli scippato la vittoria (in inglese insomma lo si definirebbe a super brat). Certamente il concorso ha avuto un esito anomalo attribuendo la vittoria a una diligente, modesta e sbalordita Yulianna Avdeeva (pur essendo in giuria Marta Argerich, che ricordiamo giurata implacabile al tempo di Ivo Pogorelich) che certamente fra i finalisti era la più debole, che si trova ora raramente nei cartelloni delle manifestazioni pianistiche di primo piano, che è senza contratto delle case discoghrafiche più importanti e che non ha neppure un suo sito web! (A proposito dello Chopin 2010 va anche ricordato l’abbandono polemico di Bozhanov che lasciò infuriato il concorso prima della premiazione). Purtroppo anche il più importante premio pianistico – lo Chopin – è oggi per motivi di sponsorizzazione sottoposto all’influenza delle case costruttrici dei pianoforti. I concorrenti hanno persino il diritto di scegliere (orrore!) su quale pianoforte suonare e la Avdeeva suonava su uno Yamaha….Al tempo del concorso (trasmesso in streaming video) comunque la mia preferenza andava a Wunder e va ricordato che nel Novembre di questo anno ci sarà la nuova edizione del quinquennale concorso. Ma veniamo al concerto in questione. Un programma che più classico (in realtà romantico) non si può: una prima parte dedicata a Chopin e la seconda a Liszt con due brani da archeologia musicale ovvero l’Allegro da concerto op.46 di Chopin e le Variazioni su un tema dei Puritani di Bellini di Liszt (quest’ultimo in realtà una composizione solo coordinata da Liszt ma frutto di una collaborazioni di più musicisti – fra cui Chopin – alla stregua del FAE di Schumann-Brahms-Dietrich e altri esempi ottocenteschi). Il pianismo di Wunder è fuor di dubbio di alta qualità, molto elaborato e non immune dai temuti “effetti speciali” in Liszt. Ci sono pianisti cui riconosco grandissime qualità (è questo il caso) ma che non suscitano pienamente il mio plauso, come se vi fosse una vaga sensazione di incompletezza o di artificialità nell’esecuzione per me di difficile individuazione. Forse una definizione potrebbe darsi a contrariis, con il confronto con altri giovani pianisti che invece ritengo al vertice interpretativo: Wang, Yundi, Blechacz, Lisiecki etc. da me recentemente recensiti con un plauso incondizionato. Mi voglio scusare con i miei lettori per una definizione così imprecisa ma sarei veramente curioso di conoscere il parere di altri che abbiano assistito al concerto in questione. Sia chiaro ancora una volta: si parla di un “giovane leone” giustamente applaudito dal pubblico (almeno una volta a ragione!) che è necessario potere valutare in un repertorio più vasto (non solo confinato al romanticismo) e che mi auguro in tale contesto di potere riascoltare presto. Due bis intimistici: Clair de lune dalla Suite bergamasque di Debussy e una trascrizione pianistica della Casta Diva di Bellini eseguiti con grande intensità.
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Ingolf Wunder- Bologna Musica Insieme 16 Marzo 2015
Purtroppo ancora una volta il pubblico bolognese non ha avuto l’occasione di ascoltare un concerto di Yundi, vincitore con merito dello Chopin 2000: la sua unica esibizione nei dintorni si è avuta a Imola lo scorso anno e fu un concerto memorabile. L’auspicio è che venga reinvitato non appena i suoi problemi famigliari saranno risolti. Al suo posto è stato invitato Ingolf Wunder, secondo premio allo Chopin 2010 (ex aequo con Lukas Geniušas). Il biglietto da visita di Wunder lo si può desumere dal suo ritratto su Wikipedia in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Ingolf_Wunder – che bisogna immaginare da lui ispirato) che non dimostra certo fair play (omette di precisare che il secondo premio vinto era ex-aequo..): senza mezzi termini accusa la giuria di avergli scippato la vittoria (in inglese insomma lo si definirebbe a super brat). Certamente il concorso ha avuto un esito anomalo attribuendo la vittoria a una diligente, modesta e sbalordita Yulianna Avdeeva (pur essendo in giuria Marta Argerich, che ricordiamo giurata implacabile al tempo di Ivo Pogorelich) che certamente fra i finalisti era la più debole, che si trova ora raramente nei cartelloni delle manifestazioni pianistiche di primo piano, che è senza contratto delle case discoghrafiche più importanti e che non ha neppure un suo sito web! (A proposito dello Chopin 2010 va anche ricordato l’abbandono polemico di Bozhanov che lasciò infuriato il concorso prima della premiazione). Purtroppo anche il più importante premio pianistico – lo Chopin – è oggi per motivi di sponsorizzazione sottoposto all’influenza delle case costruttrici dei pianoforti. I concorrenti hanno persino il diritto di scegliere (orrore!) su quale pianoforte suonare e la Avdeeva suonava su uno Yamaha….Al tempo del concorso (trasmesso in streaming video) comunque la mia preferenza andava a Wunder e va ricordato che nel Novembre di questo anno ci sarà la nuova edizione del quinquennale concorso. Ma veniamo al concerto in questione. Un programma che più classico (in realtà romantico) non si può: una prima parte dedicata a Chopin e la seconda a Liszt con due brani da archeologia musicale ovvero l’Allegro da concerto op.46 di Chopin e le Variazioni su un tema dei Puritani di Bellini di Liszt (quest’ultimo in realtà una composizione solo coordinata da Liszt ma frutto di una collaborazioni di più musicisti – fra cui Chopin – alla stregua del FAE di Schumann-Brahms-Dietrich e altri esempi ottocenteschi). Il pianismo di Wunder è fuor di dubbio di alta qualità, molto elaborato e non immune dai temuti “effetti speciali” in Liszt. Ci sono pianisti cui riconosco grandissime qualità (è questo il caso) ma che non suscitano pienamente il mio plauso, come se vi fosse una vaga sensazione di incompletezza o di artificialità nell’esecuzione per me di difficile individuazione. Forse una definizione potrebbe darsi a contrariis, con il confronto con altri giovani pianisti che invece ritengo al vertice interpretativo: Wang, Yundi, Blechacz, Lisiecki etc. da me recentemente recensiti con un plauso incondizionato. Mi voglio scusare con i miei lettori per una definizione così imprecisa ma sarei veramente curioso di conoscere il parere di altri che abbiano assistito al concerto in questione. Sia chiaro ancora una volta: si parla di un “giovane leone” giustamente applaudito dal pubblico (almeno una volta a ragione!) che è necessario potere valutare in un repertorio più vasto (non solo confinato al romanticismo) e che mi auguro in tale contesto di potere riascoltare presto. Due bis intimistici: Clair de lune dalla Suite bergamasque di Debussy e una trascrizione pianistica della Casta Diva di Bellini eseguiti con grande intensità.
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Zhi Chao Julian Jia- Bologna Musica Insieme Ateneo 12 Marzo 2015
Ecco un altro giovane pianista proveniente dall’immenso vivaio cinese ove, non fosse che per quantità, emergono talenti che sempre più si affermano sul piano internazionale. Il pianista che si è esibito per Musica Insieme Ateneo, già vincitore giovanissimo del Casagrande, ha presentato un programma classicissimo (spesso questi giovanissimi si fermano alle soglie del ‘900) che spaziava da Scarlatti a Chopin passando per Schubert (Chopin risulta di gran lunga il compositore più eseguito dai cinesi a partire dagli anni ’70 con Fu T’Song con l’eccezione di Yuja Wang, che però è più americana che cinese). Si presenta Zhi, alto, magro allampanato, con capelli lunghi e una maglietta sportiva da liceale (ma ha 23 anni!): manca solo il berretto con visiera per impersonare il giovane Holden di Salinger. Una captatio benevolentiae innecessaria. L’inizio non è dei migliori: le due sonate di Scarlatti sono viziate (specialmente la seconda, la K466) da eccessi interpretativi di stampo romantico. Meglio sicuramente il tardo Schubert dell’op. D946 e di ottima qualità il notturno e la sonata op. 58 di Chopin. Naturalmente non mancano elementi negativi: c’è nel pianismo di Zhi sempre la tendenza a caricare troppo i passaggi più cantabili anche quando la semplice melodia sarebbe più che sufficiente per l’esecuzione. Però la stoffa c’è ed è supportata da un’ottima tecnica: è un pianista che può esplodere ma anche implodere. Sarà interessante seguirlo nei prossimi anni. Due bis. Il primo, la prima Gnossienne di Satie infiorata di alcune libertà non presenti nello spartito, è da dimenticare. Satie è autore delicatissimo e il nostro dovrebbe ascoltare e introiettare l’esecuzione di Ciccolini prima di affrontare un brano tanto semplice all’apparenza ma così fragile nella sua sostanza. Il secondo è stato eseguito come fuoco d’artificio finale con tutte le conseguenze immaginabili. Dubbi sul successo di pubblico?
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Vincenzo Maltempo – Bologna Conoscere la Musica 5 Marzo 2015
Il concerto di Maltempo si è sviluppato su un ampio arco temporale: Scarlatti sonate K. 101 e K. 466, Chopin fantasia Op. 4, Liszt Totentanz, Alkan sinfonia per piano solo. “Riscopritore” di un compositore molto poco eseguito (Charles Valentin Alkan contemporaneo di Liszt e Chopin), certamente interessante ma tutt’altro che eccelso (il tempo è giudice inesorabile – et l’oublie descend sur le temps qui fut..). Per Maltempo più che di pianista si dovrebbe parlare di “pedalista”. Nella disgraziatissima acustica di S. Cristina dove il riverbero è insopportabile (ma possibile che nessuno pensi a pannelli fonoassorbenti?) l’uso smodato di questo elemento del pianoforte ha effetti devastanti. Se si pensa poi che per tutte le prime battute della Totentanz, caratterizzata da pesanti accordi nel registro basso, il piede non si è mai alzato dal pedale è facile immaginare il risultato. Quanto agli aspetti interpretativi che dire? Uno Scarlatti inopinatamente romantico (con “rubati”, anzi “scippati” e “rapinati”) totalmente fuori stile, uno Chopin incolore in cui le fasi di accelerazione non hanno nessuna caratteristica di gradualità quasi che si trattasse di uno studio del “Gradus ad Parnassum” di Clementi (naturalmente condito da una dose smodata di pedale), una Totentanz farraginosa con aspirazioni (mancate) virtuosistiche e con alcune stecche (secondo un mio collega “note diversamente intonate” – politically correct) clamorose e il brano di Alkan, archeologia musicale, pronto a rientrare nel giusto oblio della storia della musica. Si potrebbe dire che Maltempo suona come veste (camicia a quadretti sotto straccetto grigio per dare un tocco di casualità): inelegante, trasandato e semplicemente inadeguato.
PS Naturalmente un pubblico “condiscendente” (eufemismo) ha applaudito e il pedalista ha concesso due bis. Fra questo pubblico spicca sempre un sedicente “esperto” presente ad ogni manifestazione che applaude calorosamente qualunque cosa venga ammannita e che difficilmente distinguerebbe il latrato di un cane da un Lied cantato da A.Kirchschlager ma che non manca di elargire (non richiesto) ai malcapitati rumorosamente le sue perle di (in)competenza!
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Rafał Blechacz – Bologna Musica Insieme 2 Marzo 2015
Rabberciato ma ancora un po’acciaccato riprendo i miei posts con il bel concerto del vincitore dello Chopin del 2005, ringraziando tutti coloro (in numero superiore al previsto!) che mi hanno fatto gli auguri e ritornando a occuparmi del settore di mia maggiore competenza: il piano. Un programma vasto con il Concerto Italiano di Bach, la Patetica di Beethoven e un secondo tempo tutto dedicato a Chopin. (Mi scuso con il mio lettore della Germania che mi rimprovera aspramente come uno scolaretto di non indicare i numeri d’opera ma i programmi dettagliati sono sul sito di Musica Insieme e facilmente rintracciabili: questo è un post e non un bollettino!). Di Blechacz va ricordato che nel concorso Chopin a non ancora 20 anni fece man bassa di quasi tutti i premi in palio e a ragione. Su un impianto tecnico solidissimo ma sempre controllato si innesta una grande musicalità che trova la sua massima espressione in Chopin ma che si irradia su tutti i brani eseguiti. È il caso ad esempio del brano bachiano dove – a differenza di tanti “giovani leoni” – il tempo è mantenuto sempre misurato in perfetto stile – appunto – italiano. Forse solo qualche vezzo nell’ultimo tempo potrebbe essere risparmiato, ma un peccato veniale. Lo stesso dicasi per la sonata beethoveniana, oggi meno eseguita, che invece ha trovato nell’interpretazione di Blechaz tutta la sua bellezza, profondità e innovatività. Di Chopin abbiamo già detto. Un notturno, tre mazurche (due delle quali raramente eseguite), tre valzer e una polacca. La maturità di un artista si misura anche nella capacità di rifuggere, anche nei bis, da quegli effetti speciali funambolici di cui la maggior parte dei pianisti cade preda per strappare l’ultimo applauso, magari da parte di quei risibili spettatori che applaudono a mani alzate!! Blechacz invece ha eseguito (benissimo) un intermezzo intimista dell’ultimo Brahms per finire con quel gioiellino che è il brevissimo preludio di Chopin. Un successo meritatissimo per un artista di non ancora 30 anni!
Che dire dell’ “introduzione ” musicologica? Piatta, improvvisata e inutile. Ma perché almeno il relatore non si prepara?
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Golinelli D’Ippolito – Bologna Goethe Zentrum 21 Febbraio 2015
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Non ho mai viso un CV epistolare…..Ci sono casi in cui recensire vorrebbe dire riempire pagine con quanto ascoltato. Ma subentra un senso di pietà umana (non si uccide un uomo – pardon un soprano – musicalmente morto come M.Golinelli) e quindi mi comporto come i filologi di fronte a un passo non definibile: inserisco la “crux filologica”. Con buona pace della lettera di Buckingham Palace che indica come Elizabeth di musica non capisca assolutamente nulla (notoriamente).
………………
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Bogdanovich Vianello – Bologna Aula Absidale 17 Febbraio 2015
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Una breve premessa. Questo blog non è mai stato, non è, e mai sarà a scopo di lucro. Il suo scopo è unicamente quello di suscitare un dibattito fra le persone che hanno veramente a cuore la musica a Bologna fuori dai circuiti condizionati da sponsors, congreghe, etc. Il suo peso e soprattutto quello di chi legge e commenta dipende dal numero di coloro che accedono al blog. In questa ottica laddove possibile – se il blog è di vostro gradimento – chiederei un vostro “passaparola”. Grazie sentitamente.
Nonostante i tagli selvaggi alle finanze delle istituzioni universitarie continua la meritoria attività concertistica del DAMS offre – gratuitamente – manifestazioni di altà qualità ai musicofili bolognesi. Controverso è certamente il giudizio sul concerto in questione. Innanzitutto il programma. Liszt non è stato certamente un cultore degli strumenti ad arco e ne fa fede questo Gran Duo Concertante sulla romanza “Le Marin” di C.P. Lafontanz che potrebbe senza rimpianti restare dimenticato nella produzione Lisztiana. Analogamente dicasi della sonata di Saint-Saëns n.1 e del capriccio di Ysaÿe (che ha composto splendide sonate per violino solo), un brano virtuosistico privo di valore musicale. Ovviamente di repertorio la meditazione di Čajkovskij. Nonostante i calorosi applausi (ma a chi li si nega oggi da parte di un pubblico sempre meno avvertito?) l’esecuzione del violinista Bogdanovich non è risultata convincente. Il suono è spesso flebile anche se di qualità e la tecnica non trascendentale. Nonostante i lodevoli sforzi dell’ottimo pianista Vianello (ottima tecnica, senso della partitura e consapevolezza dei limiti di Bogdanovich) il concerto non è mai decollato rimanendo a livello di media esecuzione, al di sotto dello standard dei concerti del DAMS. Un bis.

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Gabriele Carcano – Milano Quartetto 10 Febbraio 2015
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Gabriele Carcano è un eccellente giovane pianista che ha nel rigoroso e misurato rispetto dello stile dei compositori eseguiti il suo migliore punto di forza. È dotato di una tecnica estremamente precisa e sempre al servizio dell’interpretazione, priva di eccessi ma impeccabile, praticamente senza errori. Il programma eseguito prevedeva la partita n.4 Di Bach, la sonata postuma D 784 di Schubert e la terza sonata di Brahms (op. 5 – opera giovanile di una forma musicale poi per sempre abbandonata). Otttima qualità (con qualche concessione perdonabile anche se reiterata allo squilibrio fra le due mani) e un uso sapiente del pedale in Bach. Un giovane che evitando inutili eccessi virtuosistici o quelli che io chiamo “effetti speciali” dimostra una profondità espressiva difficile da riscontrare in altri interpreti coevi. In particolare la sonata di Schubert è risultata alla stessa altezza interpretativa di quella famosa di Svjatoslav Richter. Purtroppo un primo bis costituito da un brano dei Davidsbündlertänze di Schumann (pessima prassi quella di brani fuori dal contesto come se non esistessero infinite migliori scelte) ma un secondo bis con una sonata molto famosa di Scarlatti eseguita in modo assolutamente magistrale, forse una delle migliori che abbia mai ascoltato. Ma perchè questo come altri giovani talenti debbono aspettare i capelli brizzolati per essere presi in considerazione a Bologna? Anche per il libretto di sala un plauso per l’ottima qualitá che risparmia al pubblico quella prassi ridicola di una introduzione verbale (che naturalmente non può raggiungere la profondità di un brano scritto) e che lascia comunque allo spettatore la scelta di approfondire o meno le tematiche musicologiche dei brani eseguiti. Ma siamo a Milano e non nella provincia bolognese…
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Quartetto Prometeo con Cappelletto – Bologna Musica Insieme 9 Febbraio 2015
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