Cameristica, Recensioni

Fazil Say – Bologna Lezioni di piano 5 Febbraio 2017

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Di Fazil Say è necessario scindere il giudizio sulla persona da quella sul musicista. Per quanto riguarda il primo va ricordato che ha subito un vergognoso e ridicolo processo per “blasfemia” (sic!) in un paese – la Turchia – che sta sprofondando sempre più in un regime fascista in mano a un satrapo – Erdogan – che utilizza tutti i mezzi – leciti e illeciti – per sbarazzarsi dell’opposizione, forte del fatto che rappresentando uno stato chiave della NATO ritiene di potere impunemente calpestare tutti i diritti civili che sono stati alla base della democrazia instaurata da Mustafa Kemal “Ataturk”. Una delle tante tragedie umane e politiche dei nostri tempi che naturalmente coinvolge la parte più avvertita e culturalmente più valida della società civile. A Say, quindi, non può che andare tutta la solidarietà politica e umana che si deve a ogni artista. Per quanto riguarda invece l’aspetto artistico del pianista turco il giudizio è più articolato e negativo. Say è musicista poliedrico (compositore, direttore, pianista) e Bologna ha già avuto modo di ascoltarlo sia come solista che in un recital di MI nel 2007 nell’ambito di un concerto per ensemble. Personalmente ritengo che questa molteplicità di interessi, ormai comune a molti musicisti, abbia forse il difetto di disperdere il loro potenziale artistico, anche se non mancano esempi di altissimo livello (Barenboim per primo, ma anche Pletnev etc.). Il programma eseguito ha coperto un periodo che va dalla fine del ‘700 all’inizio dell’800 con i tre compositori che maggiormente l’hanno caratterizzato (Haydn, Mozart e Beethoven) legati da una visione “classicistica” del loro stile. Rimane fuori da questo periodo Schubert la cui impostazione diverge sostanzialmente come affiliazione culturale e stilistica. Il pianismo di Say è del tutto particolare: interpreta i brani eseguiti non solo con mani e testa ma con tutto il corpo, dirigendo con la mano sinistra quando suona solo la destra, eseguendo o non eseguendo in modo arbitrario i ritornelli, dimenandosi sullo sgabello, con una mimica facciale che non si risparmia nulla e che spesso pare persino ammiccare al pubblico in cerca di facile consenso, una pratica del tutto discutibile. Il risultato è tutt’altro che esaltante. Dopo un’esecuzione accettabile della prima sonata di Haydn, è risultata poco felice ( per non dire scadente) l’interpretazione della sonata di Mozart dove il mancato rispetto stilistico ha marcato l’esecuzione. Del tutto inutile l’esecuzione muscolare dell’ultimo tempo che è risultata non brillante ma scolasticamente virtuosistica. Il pianismo di Say, sostenuto da una grande facilità di mano, è roccioso con alcuni intermezzi più o meno eccessivamente lirici basato su  un perenne contrasto che spezza l’unitarietà delle composizioni. Pessima l’esecuzione della sonata di Beethoven dove è mancato in tutto e per tutto quella sensazione di ansia del destino in favore di “effetti speciali” la cui motivazione è apparsa assolutamente incomprensibile. Dopo un ulteriore Haydn accettabile il peggio si è avuto con la sonata di Mozart K 331. E’ questo uno dei capolavori Mozartiani con un primo tempo basato su un tema con variazioni in cui Say ha fatto di tutto e di più. Dopo un’esposizione del tema di una lentezza esasperante si è avuta una sequenza di variazioni a tempi assolutamente slegati da quello del tema raggiungendo l’acme del ridicolo nella variazione “in minore” trasformata in una marcetta a tempo di carica del tutto in contrasto con l’impostazione dolente del contenuto. Senza storia i tempi successivi. Inutile dire che la “marcia turca” finale, un brano che un pubblico per lo più ignorante, riconoscendolo, ha ascoltato come una liberazione ha scatenato l’entusiasmo della platea confermando la mia certezza che il pubblico applaude i brani e non l’interpretazione. Purché il brano sia noto tutto viene accettato con entusiasmo da un pubblico provinciale e incompetente. 5 bis: tre di impostazione jazzistica (due originali di Say e uno come rielaborazione di “summertime” da Porgy and Bess di Gershwin) e due notturni chopiniani in cui ancora una volta i limiti gravissimi di Say sono stati messi in evidenza, tutto manierismo e nessuna sostanza, addirittura permettendosi di alterare alcuni abbellimenti della partitura originale. Insomma: un disastro.
PS La gestione di un blog è operazione talvolta faticosa. Molti dei miei lettori leggono il blog senza essersi registrati. Chiederei cortesemente la registrazione (che non comporta nulla) e che può essere facilmente fatta “clikkando” sul riquadro “iscriviti” in basso a destra di ogni post. Grazie anticipatamente.
SadSad
Programma:
Joseph Haydn  Sonata in do maggiore Hob. XVI:35
Wolfgang Amadeus Mozart  Sonata in fa maggiore KV 332
Ludwig van Beethoven Sonata in re minore op. 31 n. 2 – Tempesta
Joseph Haydn Sonata in re maggiore Hob. XVI:37
Wolfgang Amadeus Mozart Sonata in la maggiore KV 331
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Piotr Anderszewski – Musica Insieme 30 Gennaio 2017

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Avevo già scritto di Anderszewski su questo blog e il giudizio rimane sostanzialmente il medesimo. Si tratta di un ottimo ma non eccezionale pianista come comprovato dal programma eseguito per MI. Il concerto inizia con la suite di Janáček Sul sentiero di rovi ma con la sua parte meno nota (e a ragione). Qui il compositore moravo scade frequentemente in un manierismo che rende le composizioni assai meno interessanti di quelle del primo libro e Anderszewski purtroppo con un pianismo tutto “di tocco” sottolinea proprio gli aspetti meno positivi. Purtroppo gli stessi limiti vengono sottolineati nell’esecuzione della Suite inglese di Bach che pur nel rispetto sostanziale dello stile inseriscono (ad esempio nella sarabanda) degli aspetti lirici non consoni con l’impostazione del compositore tedesco. Sia chiaro alcune delle “danze” sono state eseguite con rigore (ad esempio ottima l’interpretazione della giga finale) ma il tutto in modo discontinuo con una sorta di “alti” e “bassi” che impediscono un giudizio totalmente positivo. Molto meglio l’esecuzione dei brani chopiniani che chiaramente rientrano nella sensibilità del pianista polacco. Un concerto interessante ma che mai ha raggiunto vette eccelse. Due bis.
Happy
Programma:
Leós Janáček Sul sentiero di rovi (Secondo libro)
Johann Sebastian Bach Suite inglese n. 6 in re minore BWV 811
Fryderyk Chopin Tre Mazurche op. 56,Tre Mazurche op. 59,Polonaise-Fantasie in la bemolle maggiore op. 61
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Radu Lupu- Bologna Musica Insieme 16 Gennaio 2017

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Due sono le caratteristiche che vengono in mente ascoltando  gli attuali concerti di Radu Lupu: serenità e rarefazione. Lupu è uno dei pochissimi esecutori che nel tempo ha sempre più esaltato le proprie caratteristiche rifuggendo dalla tentazione che coglie tanti concertisti ovvero quello di non fare i conti con il tempo che passa e che costringe l’ascoltatore a ingenerosi e necessariamente spiacevoli confronti con il passato. Lupu ha trasformato – per così dire – la quantità in qualità ed è quindi in grado di affrontare passaggi anche tecnicamente impegnativi senza più lo smalto di un tempo ma arrotondandone gli spigoli, sottolineandone gli aspetti musicali più che quelli virtuostistici e fornendo quindi una prospettiva altrettando significativa. Un caso emblematico si è avuto nel secondo tempo della fantasia schumanniana, tutta basata sul tempo puntato tanto caro al compositore tedesco e segnatamente alla fine del brano dove alcuni salti sono di difficile esecuzione anche per i più agguerriti “giovani leoni”.  Anche chi è a conoscenza del brano non ha avuto difficoltà ad accettare l’interpretazione di Lupu e a perdonargli qualche imperfezione, un peccato del tutto veniale per un esecutore di quasi 72 anni. Rarefazione vuol dire sublimazione: Lupu è insuperato maestro nelle sfumature, nel tocco misurato stilisticamente perfetto, sia che esegua un capolavoro romantico come la fantasia schumanniana o che scelga di interpretare i non esaltanti brani di Čajkovskij (alcuni dei quali normalmente eseguiti come bis e segnatamente il primo e il sesto). E serenità sta a significare che Lupu non ha più nulla da dimostrare e che quindi può eseguire in totale assenza di ansia da prestazione. Qualche scelta naturalmente è discutibile e in particolare l’incipit del terzo tempo della fantasia, nel corso del quale un tempo lentissimo unitamente a una sonorità quasi impercettibile ha in parte impedito di seguire il sottilissimo ordito musicale del brano. Una scelta coerente con l’impostazione di Lupu ma non necessariamente del tutto felice. Impeccabile l’esecuzione delle variazioni di Haydn. Un bis e come poteva non essere l’amatissimo Schubert in uno dei suoi improvvisi?  Non all’altezza di altri casi l’introduzione di Maria Chiara Mazzi, dove il tentativo di trovare un impossibile filo conduttore comune ai brani scelti ha mostrato tutta l’artificiosità dell’impostazione.
HappyHappy
Programma:
Franz Joseph Haydn Andante con 2 variazioni e coda in fa minore-maggiore Hob. XVII:6
Robert Schumann Fantasia in do maggiore op. 17
Pëtr Il’ič Čajkovskij Le stagioni, 12 pezzi caratteristici su epigrafi liriche di vari autori op. 37b
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Maurizio Pollini – Teatro Comunale Bologna 9 Gennaio 2017

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Come per il concerto di Radu Lupu (v. mio post dell’8 Aprile 2014) ci si avvicina sempre ai concerti di questi “mostri sacri” con il timore di non ritrovare per motivi anagrafici quella qualità eccelsa che ha contraddistinto nel passato le loro performances. È questa la ragione che ha spinto A.Brendel a concludere qualche anno fa, all’avvicinarsi del suo ottantesimo compleanno, la sua carriera concertistica. Invecchiare consapevolmente è solo da pochi mentre molti (ad esempio Arrau, Cortot etc.) si sono rifiutati di riconoscere i segni dell’età con risultati deludenti. La tecnica pianistica è come la bellezza delle donne: inevitabilmente sfiorisce e non c’è lifting che possa farla rifiorire. Ecco, collocherei Pollini in una sorta di limbo a metà strada fra i due estremi. Un concerto piuttosto breve (un’ora di musica al posto dei 90 minuti di prammatica) che ha trovato i momenti migliori negli amatissimi, brevi brani di Schönberg e che in tutte le sonate beethoveniane ha messo in luce ancora una volta la perfetta cifra stilistica con cui il pianista milanese affronta il repertorio del compositore di Bonn. Una interpretazione musicalmente perfetta purtroppo non sempre sorretta da una tecnica immacolata che comunque il pubblico bolognese ha sostenuto con un caldo e affettuosissimo applauso, un giusto tributo al pianista che a partire dagli anni ’70 e per molti decenni è stato – a mio parere – al vertice assoluto del pianismo mondiale. Un riconoscimento che certamente ha commosso Pollini che ha concesso (cosa rara ormai) due bis.
HappyHappy
Programma
Ludwig van Beethoven  Sonata n. 8 in do minore op. 13 – “Patetica”
Arnold Schönberg Drei Klavierstücke op. 11, Sechs Kleine Klavierstücke op.19
Ludwig van Beethoven Sonata n. 24 in fa diesis maggiore op. 78, Sonata n. 23 in fa minore op. 57 – “Appassionata”
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Concerto Köln Carmignola- Bologna Musica Insieme 12 Dicembre 2016

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L’ennesima formazione barocca “filologica” (archi barocchi, niente tiracantini, faticosa accordatura con bischeri, violoncelli fra le gambe etc. etc – uffa che noia direbbe Don Bartolo,,,,) difficile da giudicare. Qualità accettabile ma nulla di più. Deludente invece la prova di Giuliano Carmignola. La tecnica non è più quella di un tempo, il suono lascia a desiderare, c’è una spasmodica ricerca della velocità a fini virtuosistici che nulla ha a che fare con una esecuzione “filologica” e che porta a non poche imprecisioni. Soprattutto è stato nel concerto di due violini di Bach che gli errori di impostazione si sono fatti sentire. Il concerto è di impostazione esattamente simmetrica mentre nella esecuzione di Carmignola e del Concerto Köln vi è stato un clamoroso squilibrio fra i due violini. Carmignola “spara” sempre con un volume di suono che sovrasta il suono più flebile della Konzertmeisterin dell’ensemble barocco: un errore imperdonabile che ha snaturato il bellissimo concerto. Gli stessi  tipi di errore si sono avuti nelle altre due esecuzioni che hanno visto Carmignola come solista. Insomma un concerto deludente e anche ormai un po’ ripetitivo: di insiemi barocchi ne abbiamo avuti a sufficienza! Naturalmente successo del pubblico di bocca buona di Musica Insieme che come sempre ha applaudito la musica senza capire assolutamente nulla dell’esecuzione. Buon per  loro (cuor contento il ciel l’aiuta…)! Un plauso – una volta tanto!- all’introduzione di Maria Chiara Mazzi che anziché tentare un’impossibile esegesi dei brani eseguiti ha ricordato i presupposti della nascita del concerto.  Finalmente un po’ di buon senso!

SadSad

Programma
Pietro Antonio Locatelli Concerto Grosso in sol minore op. 1 n. 12
Charles Avison Da 12 Concerti in sette parti dalle Sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti: Concerto XI in sol maggiore
Johann Sebastian Bach Concerto in re minore BWV 1043 per due violini, archi e continuo
Benedetto Marcello Sinfonia in re maggiore dall’oratorio Gioàs
Johann Sebastian Bach Concerto in la minore BWV 1041 per violino, archi e continuo, Concerto in mi maggiore BWV 1042 per violino, archi e continuo
 

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Rassekhi Carmarino – Bologna Filarmonica 7 Dicembre 2016

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Nella sequenza di respirazioni “bocca a bocca” per trovare fondi per la resurrezione dell’orchestra Mozart il violista Rassekhi dell’orchestra Mozart  e il pianista Carmarino hanno eseguito un programma nutrito. Diciamo subito che l’esecuzione della viola nei primi due brani non è stata impeccabile, soprattutto nell’ “Arpeggione”, notoriamente una delle sonate più difficili per violoncello. Non sono in grado di dire se la stessa difficoltà si riscontra nella trascrizione per viola ma in ogni caso il risultato non è stato di certo stratosferico. Qualche incertezza anche nel secondo brano dei Märchenbilder peraltro di buona esecuzione. Il brano maggiormente riuscito è stato certamente la sonata di Šostakovič, l’unico esplicitamente scritto per la viola nel quale Rassekhi ha saputo trovare le sonorità giuste. Di buona qualità il pianismo di Carmarino ma in toto il concerto non si può certo annoverare fra quelli memorabili
 SadHappy
Programma
F. Schubert Sonata in la minore “Arpeggione” D821
R Schumann Märchenbilder op. 113
D. Šostakovič Sonata per viola e pianoforte op.147

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Viviana Lasaracina – Bologna Conoscere la musica 1 Dicembre 2016

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Dotata di una tecnica di prim’ordine Lasaracina affronta senza difficoltà partiture impervie senza tralasciare di sottolineare (non sempre) gli aspetti musicali presenti. Il suo entusiasmo la porta talvolta ad esagerare e quindi a commettere errori (in realtà in numero molto contenuto) che potrebbe facilmente evitare. Il suo è un pianismo esuberante che poco lascia all’introspezione, peraltro non misurabile in un repertorio tutto di origine russa. Di ottima qualità l’esecuzione del brano di Rachmaninov (autore molto amato come risulta anche dall’unico bis concesso, il suo più famoso Momento musicale) mentre forse due trascrizioni virtuosistiche in un solo concerto sono troppe, anche perché più che di trascrizioni si tratta di “rielaborazioni” a metà fra la trascrizione classica e la parafrasi di stampo Lisztiano. Brani di gusto discutibile ma ottimi per mettere in risalto le potenzialità tecniche della giovane pianista. Analogamente buona l’interpretazione della sonata di Scriabin nella quale però è mancato il lato (sempre presente in questo autore) di origine postromantica.  Una pianista che vorremmo risentire in un repertorio più articolato per potere meglio valutarne le doti interpretative e la sensibilità musicale su un ventaglio di autori meno culturalmente ristretto.
HappySadHappy
Programma
S. Rachmaninov  Variazioni su un tema di Corelli op. 42
P.I. Tchaikovky/M.Pletnev Suite dal balletto “Lo schiaccianoci”
A. Scriabin Sonata n.3 in fa diessis minore op. 23
I. Stravinky/G.Agosti Suite da “L’uccello di fuoco”

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Accademia bizantina -Galou- Bologna Manzoni 28 Novembre 2016

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Il concerto, a favore della fondazione FACE3DBo, si presenta subito come un’occasione mondana con un pubblico (confinato solo in platea) largamente composto da persone che mai hanno calcato una sala da concerto, con tutte le ovvie conseguenze. Circondato da tre signorine sulla trentina sono stato massacrato da telefonini accesi, chiacchiere etc. etc. Addirittura la signorina al mio fianco ogni minuto accendeva il telefonino in modo compulsivo come in preda a una crisi di astinenza senza averne alcun motivo. Le due signore nella fila dietro hanno a lungo commentato la bellezza della sala in cui non erano mai state e oltre non mi dilungo perché credo che l’atmosfera da “parvenus” sia chiara.  Purtroppo la maleducazione di cui sopra si riscontra anche nei concerti “normali” senza che vengano prese contromisure adeguate (e che sarebbero assolutamente possibili, solo che manca la volontà politica come nel caso di Musica Insieme o all’opera al Comunale). Ma veniamo al concerto. L’accademia bizantina è una buona formazione con una volontà esasperata di esecuzione filologica: ne fanno fede la presenza di archetti allungati e strumenti come la viola da gamba, il contrabbasso barocco etc. ma anche l’assenza dei tiracantini negli strumenti ad arco. L’uso solo dei bischeri impone lunghe e snervanti sessioni di accordatura senza che nessun vantaggio acustico se ne tragga: solo  un effetto scena di cui si potrebbe benissimo fare a meno. Mediamente il complesso suona bene. Ma del tutto inadeguato è risultato il primo violino nell’esecuzione de “Le quattro stagioni”, con evidenti incidenti di percorso, un suono spesso stridulo e, nel complesso, il tentativo di stupire il pubblico con velocità esasperate a scapito della musicalità. Insomma un’esecuzione da dimenticare. E non meglio sono risultate le arie interpretate dal contralto: una voce piccola piccola ed opaca e con una agilità certamente non prim’ordine. Da stigmatizzare anche  l’assenza dei testi delle arie nel programma. Un’aria viavaldiana come bis finale.
SadSad
Programma
 W.F. Bach Concerto per clavicembalo in fa mniore
A. Vivaldi Aria “Agitata infido flatu”
N. Jommelli Aria “Prigionier cha fa ritorno”
A. Vivaldi Aria “D’un bel viso”
A. Vivaldi Le quattro stagioni

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S.Paul Chamber Orchestra Kopatchinskaja – Musica Insieme Bologna 21 Novembre 2016

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Un concerto da vedere oltre che da ascoltare con luci che si spengono ad esempio per il Canto bizantino con la Kopatchinskaja che recita il testo di Der Tod und das Mädchen, il tutto in una sequenza di brani arbitraria e con una “trascrizione” per orchestra d’archi del celebre quartetto di Schubert, che in larga misura non è altro che lo stesso quartetto in cui le parti sono replicate. Un’operazione di cui non si sentiva proprio il bisogno anche per il fatto che l’equilibrio quasi perfetto fra i vari strumenti della versione schubertiana viene qui alterato trasformando il tutto in una sorta di concerto per violino ed archi. La sete di novità fa brutti scherzi. Ciò detto va riconosciuta la verve e la tecnica eccellente della Kopatchinskaja (sottolineata anche da una mimica facciale e corporale non comune) anche se il suono nel concerto di Mendelssohn è risultato in alcune parti un po’ debole.  Una violinista che vorremmo riascoltare in un concerto più tradizionale, ad esempio violino e pianoforte o nell’esecuzione di brani puramente solistici come sonate e partite di Bach o nelle sonate di Ysaye. Ottima la qualità  del complesso della St.Paul Chamber orchestra. Naturalmente ottimo successo di pubblico (e quando mai il contrario a Musica Insieme?).
 SadHappySad
Programma
G. Klein Partita per archi (arrangiamento di V. Saudek)
F. Mendelssohn Concerto in re minore op. post. per violino e archi
Anonimo  Canto Bizantino sul Salmo 140 (arrangiamento per archi di P. Kopatchinskaja)
F. Schubert Lied La morte e la fanciulla in re minore D 531 (arrangiamento per archi di M. Wiancko)
J. Dowland Da Lachrimae or Seaven Teares: Lachrimae Antiquae Novae per quintetto d’archi
G. Kurtág Ligatura – Message to Frances-Marie (The Answered Unanswered Question) op. 31b (seconda versione) per archi e celesta
Da Kafka Fragments op. 24: Ruhelos per violino solo
F.Schubert Quartetto in re minore D 810 – La morte e la fanciulla (arrangiamento per violino e archi di P. Kopatchinskaja) 
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Bostridge Drake – Bologna festival 16 18 20 Novembre 2016

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Che Bostridge sia un inglese doc lo si potrebbe intuire dalla figura e dall’abito un po’ stile mod: alto, allampanato, dinoccolato e magro  (“come una saracca” si direbbe a Bologna); rispetto a qualche anno fa vestito un po’ più elegante (ma rigorosamente senza cravatta) e senza cantare con una mano in tasca. Tre concerti di qualità anche se è difficile capire perché non tutte le tre raccolte schubertiane siano state eseguite. Finalmente un interprete liederistico che richiede che il coperchio del piano sia solo parzialmente aperto per non coprire (come spessissimo accade) la voce in una sala che quanto ad acustica lascia molto a desiderare. Grande vocalità ma anche una chiara mancanza di esperienza teatrale operistica che è però parte importante di un concerto di Lieder come comprovato – ad esempio – dal grande concerto tenuto da Michael Schade alla Scala o dai concerti di Angelika Kirchschlager e di altri interpreti abituati a calcare i palcoscenici operistici. Questo nulla toglie, ovviamente, all’interpretazione vocale di Bostridge cui manca anche, però, una corretta pronuncia della lingua tedesca (grave nel caso del Lied). Insomma tre grandi concerti il cui programma è però risultato sbilanciato venendo a mancare l’integrale del Schwanengesang a favore di un concerto variegato con l’impiego del corno (un’ottima esecuzione del cornista Alessio Allegrini): una scelta interessante ma stranamente ingiustificata (o forse dettata dal noto e miope timore degli organizzatori che i concerti liederistici possano ricevere poca attenzione). Venendo alle tre serate possiamo affermare che la vocalità di Bostridge è di prim’ordine così come di prim’ordine è la resa multiforme del mondo Schubertiano, coadiuvato in questa impresa dall’ottima qualità del pianista Julius Drake e del cornista  e dall’affiatamento fra gli esecutori (ovviamente principalmente il pianista). Interessante anche il melologo di Britten, autore molto amato da Bostridge. Purtroppo l’acustica della sala non ha permesso a chi era nelle ultime file di udire la parte recitata del melologo e in tutte  e tre le serate il non avere distribuito i testi (se non acquistando a caro prezzo l’intero programma del Bologna Festival – al termine della stagione!) è una forma di provincialismo che non ricorre nelle sale da concerto di qualità. Grande successo di pubblico: il salone Bolognini era praticamente pieno a riprova che il Lied non è un genere disprezzato dal pubblico bolognese (vero Musica Insieme…) quando l’interprete è di qualità. Nel caso di Bostridge va anche aggiunto che il cantante è ormai anche una star mediatica cui ovviamente si perdona tutto, magari non essendo facile per il pubblico in Italia un confronto con altri interpreti. Ma ben venga il glamour se porta il grande pubblico ad apprezzare appieno un genere purtroppo poco praticato in Italia. Insomma speriamo bene per un genere musicale così trascurato nel nostro paese…
 Happy
Programma
F. Schubert  Die schöne Müllerin op.25 D.795
F. Schubert  Winterreise op.89 D.911
R. Schumann Liederkreis op.24
F. Schubert Auf dem Strom op.119 D.943 per voce, corno e pianoforte
F. Schubert  Lieder da Schwanengesang D.957
R.  Schumann Adagio e Allegro op.70 per corno e pianoforte
B. Britten  The Heart of the Matter per voce, corno e pianoforte
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Cameristica, Recensioni

Luca Rasca – Circolo della Musica Bologna 19 Novembre 2016

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Luca Rasca è impegnato nell’esecuzione dell’integrale delle composizioni di Chopin e in questo contesto ha eseguito due composizioni praticamente mai inserite in un programma di concerto, una marcia funebre che era a me del tutto ignota e la farraginosa sonata n.1 che è  solo un esercizio da studente. Due brani la cui esecuzione è di difficile valutazione. Ovviamente molto più significative le esecuzioni delle due sonate op. 35 e 58. Luca Rasca è esecutore roccioso, dotato di una buona (non eccelsa) tecnica  (alcuni strafalcioni nei due scherzi e un tempo “contenuto” nello scherzo della sonata op. 58) la quale ha trovato il meglio nell’agilità del quarto tempo dell’op. 58 e che in totale  ha offerto una interpretazione di media qualità. Purtroppo il difetto più evidente è la tentazione (raramente resistita) di suonare tutto troppo forte e la carenza di “respiro” nei brani eseguiti. L’opera di Chopin richiede in molte parti una cantabilità che si appoggia su sfumature con sonorità che vanno dal mf al piano e che sono in larga parte mancate nel concerto di Rasca. Oltre ai cantabili dello scherzo e della marcia funebre dell’op. 35 e al largo dell’op. 58 la cosa è risultata molto evidente nell’ultimo tempo dell’op. 35, una massa sonora che richiede uniformità di sonorità  soffusa con poche, significative sfumature e che nell’esecuzione di Rasca è risultata un mf con alcuni accenti persino f.  Insomma un buon professionista della tastiera che dovrebbe ripensare al mondo chopiniano e alla sua variegata coloratura. Purtroppo il concerto è stato “coronato” da un’esecuzione infame del valzer in do diesis minore dove i difetti suesposti sono risultati persino clamorosi trasformando in certe parti il valzer in una valzerino da café  chantant.
PS Possibile che nelle biografie di molti esecutori ricorra la dicitura “laureato” del concorso tale e talaltro. Che vuol dire “laureato“?  In un concorso o si è vinto un premio oppure si è solamente partecipato. Laureato non vuol dire nulla e serve solo a impressionare – ingiustamente – un pubblico non particolarmente avvertito. Una pessima attitudine.
SadHappySad
Programma
F. Chopin  Marcia Funebre il do. minore (oow)
                    Sonata n. 1 in do minore op.1
                    Sonata n.2 in sib minore op. 35
                    Sonata n. 3 in si minore op 58

Apology:  i
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Cameristica, Recensioni

Gabriele Carcano – Quartetto Milano 15 Novembre 2016

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Avevamo già recensito un concerto di Gabriele Carcano e il concerto tenuto per il Quartetto non può che confermarne il giudizio positivo. Questo giovane interprete alle soglie della maturità (anni 31) ha una sua ben definita dimensione artistica supportata da un’eccellente tecnica. Ne fanno fede le magnifiche interpretazioni delle sonate scarlattiane (una precisione interpretativa e stilistica che ricorda – se possibile in meglio – Grigorij Sokolov) e quelle dei brani brahmsiani, nei quali lo spirito del giovane Brahms viene messo in perfetto risalto accentuando quelle sfumature che si ritroveranno poi nelle sue ultime composizioni. Un Brahms quasi perfetto, merce rara al giorno d’oggi. Quanto alla sonata beethoveniana (non una delle mie favorite, con l’assenza di un ultimo  tempo e un andante che si protrae eccessivamente in modo ripetitivo) lo stile è stato perfettamente adeguato a quella che viene considerata come l’ultima espressione del secondo periodo. Nessun eccesso nel primo tempo e una grande cantabilità nel secondo.  Forse meno felici sono risultati i brani di Debussy in quanto manca al nostro quel tocco liquoreo che specialmente in Pagodes di Estampes è indispensabile per ricreare le atmosfere sognanti del brano. E lo stesso dicasi per Jardins sous la pluie dove l’aspetto tecnico ha sopravanzato quello misterioso della composizione. Ottima invece l’esecuzione de  L’Isle Joyeuse a conclusione del concerto che è stato poi coronato da due bis: una mazurka di Chopin e una Gnossienne di Satie, una scelta che indica come un artista maturo e consapevole non abbia bisogno di stupire il pubblico con effetti speciali. Buon successo di un non foltissimo pubblico.
 Happy
Programma
L. V. Beethoven   Sonata n. 27 in mi minore op. 90
J. Brahms             Sedici variazioni su un tema di Schumann op. 9
                               Scherzo in mi bemolle minore op. 4
D.Scarlatti           Sonate K 1, K 197, K 278, K 492
C. Debussy          Estampes
                              Masques
                              L’Isle Joyeuse
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Cameristica, Recensioni

Haochen Zhang – Circolo della musica Imola 11 novembre 2016

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Dalla fucina cinese ecco un giovane veramente di grandissima qualità di cui non si può dire che bene. A differenza di molti suoi compatrioti tutti muscoli e poco cervello (senza fare nomi…) Zhang è dotato di finissima sensibilità musicale capace di rispettare appieno gli stili dei brani eseguiti pur disponendo di una tecnica d’acciaio (credo che in tutto il concerto una, una sola nota non sia stata perfetta). Mai soggiace alla tentazione di eseguire i brani troppo in fretta o con profusione di eccessi. Se ne è avuta una prima prova nelle Kinderszenen schumanniane, un brano (infido per i pianisti) in cui prevalgono gli aspetti intimistici e nel quale il tocco di Zhang ha messo in luce tutta la poetica intima del compositore di Zwickau. Una capacità che si è concretizzata anche nell’Intermezzo op. 118 brahmsiano (il mondo del tardo Brahms esige una sensibilità che raramente si riscontra), e ancor più ne La fille aux cheveux de lin di Debussy eseguiti come bis. Ma a riprova della duttilità dell’interprete sono state rese perfettamente le sonorità brillanti e secche richieste  dalla sonata di Prokof’ev  mentre veramente impressionante è stata la cantabilità ottenuta nella sonata di Chopin (nello scherzo e nella marcia funebre). E’ forse in questa sonata che si è riscontrato l’unico piccolo difetto legato ad alcune sonorità eccessive. Ma trattasi di inezie. Un ulteriore bis per mettere in luce tutte le grandi capacità tecniche: la rivisitazione in chiave virtuosistica della Marcia turca di Mozart, opera (alquanto brutta) del pianista turco Fazil Say (indicazione non mia). Vorremmo risentire questo interprete nuovamente quanto prima (e forse dovrebbero ascoltarlo alcuni “macellai” come Matsuev, grande amico di Putin. Dio li fa poi li accompagna….).
 HappyHappy
Programma

Robert Schumann Kinderszenen op. 15

Fryderyk Chopin Sonata n. 2 op. 35

Sergej Prokof’ev Sonata n. 7

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Cameristica, Recensioni

Quartetto Emerson – Musica Insieme Bologna 7 Novembre 2016

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Un concerto con qualche luce ma anche molte ombre. Si inizia con il quartetto op. 131. Purtroppo il suono del primo violino è tutt’altro che impeccabile e ad esempio la fuga iniziale risulta piuttosto piatta e monotona. Il suono durante tutto il quartetto non trova mai la fusione e la coesione che si richiederebbe a una grande compagine. Ne risulta un’esecuzione complessiva di livello medio e non certo memorabile. Dopo l’intervallo primo e secondo violino si scambiano di ruolo e il risultato sonoro è migliore anche perché l’op. 130 non risente di quella rarefazione che troverà la sua epitome nell’op. 135 (ahi, ahi relatore iniziale: l’op. 131 e la grande fuga op. 133 non sono  esattamente le ultime composizioni di Beethoven..). Il suono è migliore anche se non mancano alcuni difetti di intonazione. Ma poi viene eseguita la grande fuga op. 133. E qui proprio non ci siamo. La velocità forsennata con cui viene attaccata è più che doppia di quella storica del quartetto Amadeus e persino superiore a quella del disciolto quartetto Lasalle, che pure ai suoi tempi fece molto discutere. Ma nel tempo staccato dal Lasalle era ancora nitido il percorso musicale della fuga. Non è il caso dell’esecuzione del quartetto Emerson. Qui la ricerca della velocità ad ogni costo trasforma la composizione in una sorta di esercizio puramente tecnico (per stupire il pubblico) e in un ammasso sonoro informe nel quale è impossibile distinguere lo sviluppo logico della fuga talché finiscono per prevalere quelle dissonanze che tanto fecero discutere il pubblico alle prime esecuzioni e che trovano un loro preciso significato solo se inserite in un discorso musicale che qui è del tutto mancato. Peccato: una esecuzione di certo non all’altezza della fama (forse un po’ usurpata) del quartetto Emerson. Ovviamente, naturalmente,  incomprensibile successo di pubblico con la solita ginnasta che applaude immancabilmente a mani alzate….
Sad HappySad
Programma
 L. van Beethoven                 Quartetto op. 131 Quartetto op. 130 , Grande fuga op. 133 
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Sabrina Lanzi – Conoscere la Musica Bologna 3 Novembre 2016

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Un concerto “double face”. Alle ore 21 (come indicato dal programma) “si spengono le luci e tacciono le voci”. Un concerto di Conoscere la Musica che inizia in orario: un miracolo o un ravvedimento? Comunque ben vengano le buone notizie, in questo periodo ne abbiamo proprio bisogno e ci accontentiamo. La precisione nell’orario fa persino digerire l’introduzione. Poi la musica (finalmente!). Si inizia con una sonata Mozartiana poco frequentata.  Un’esecuzione composta e stilisticamente corretta con un primo tempo eseguito con misura e nel rispetto del dettato mozartiano. Lo stesso può dirsi degli altri due tempi. Segue una delle sonate più note di Schubert dove la nostra purtroppo infarcisce di strafalcioni il primo tempo (addirittura uno strabiliante prima del ritornello).  Tutta la sonata è eseguita troppo in fretta, troppo velocemente (a scapito dell’interpretazione) travisando quello che è il mondo Schubertiano nell’anno della sua morte, quello del quartetto la “Morte e la fanciulla”  e del famosissimo quintetto con due violoncelli. Un’esecuzione da dimenticare e che la Lanzi dovrebbe ben riponderare prima di ripresentarla in concerto. Dopo l’intervallo segue l’op. 118 dell’ultimo Brahms, atteso con una certa trepidazione vista l’esecuzione schubertiana. E invece la Lanzi esegue i brani con grande misura e mettendo in risalto il lato intimistico brahmsiano, come ne fa fede, ad esempio, l’interpretazione dell’intermezzo in la maggiore. E anche qualche intemperanza (ad esempio nella ballata in sol minore) può essere perdonata in un contesto di qualità. Insomma un concerto “luci e ombre” da parte di un’interprete che ha certamente molte potenzialità ma che deve anche meglio approfondire l’universo schubertiano. Forse l’ascolto di qualche grande maestro potrebbe giovarle. Un bis.
HappySad Happy
Programma
 W.A. Mozart Sonata n. 4 K 282
F. Schubert Sonata  D958
J.Brahms 6 Klavierstücke op. 118
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Mariangela Vacatello – Conoscere la Musica Bologna 27 Ottobre 2016

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La serietà di un’organizzazione musicale si misura anche dal rispetto degli orari. In questo ciclo il ritardo è invece istituzionale e immotivato, 15 minuti per iniziare la “conversazione” (che dura non meno di 15 minuti! per carità di patria non commento il contenuto) cosicché il concerto vero e proprio inizia alle 21. In nessuna sala da concerto di tutta europa si ha una situazione simile che accomuna Bologna al terzo mondo. Ma ovviamente si sta parlando a dei sordi. L’ “organizzazione” (le “maschere” si dileguano dopo il periodo iniziale di ritardo) si disinteressa poi dei telefonini accesi con la luminosità del display che disturba l’ascolto. Nella mia fila due ragazzotti decerebrati hanno tenuto per tutto il primo tempo il cellulare acceso commentando quanto presentato dai displays: ma allora che vengono a fare a un concerto? Questo è uno degli effetti negativi collaterali dei concerti gratuiti: si viene tanto non costa. Altri disturbatori sono coloro che tenendo alto un tablet cercano l’inquadratura perfetta per una foto ma che effettuano n tentativi prima di ritenersi soddisfatti. Ogni confronto con standard europei di comportamento sarebbe impietoso: qui siamo nella provincia della provincia… A questo si aggiunga che un gentile spettatore mi ha tossito rumorosamente costantemente nella nuca cosicché alla prima occasione ho dovuto cambiare posto. Veniamo alla Vacatello. Ha una mano eccezionale e una tecnica di primissimo ordine ma ha un demone che solo raramente riesce a controllare: quello di suonare forte e con la massima accelerazione. Il suo è un pianismo muscolare che ovviamente non va certamente bene per tutte le stagioni. Si inizia bene: la “patetica” è eseguita con calore e stile anche se il secondo tempo viene sviluppato a un tempo un po’ troppo accelerato, perdendo una parte della sua bellissima cantabilità. La sonata di Ginastera, invece, è un disastro: data anche la povera acustica di S. Cristina ne esce un magma sonoro e informe ad altissimo volume. L’intelligenza di un esecutore si misura anche sulla sua sensibilità all’ambiente, cosa che in questo caso è totalmente mancata. Il notturno chopiniano risente ancora una volta di un tempo eccessivo e quindi di una riduzione di cantabilità, perdendo quell’aura di mistero che ne è una delle principali caratteristiche, e nella ballata, nella sua seconda parte, si scatena il demone con un risultato prevedibile. Quanto alla “pavane” si può ripetere quanto detto per il notturno (certamente lo stile non è quello di un θρηνοσ….) mentre per “La valse” la fretta di esprimere tutta la potenza di fuoco della sua tecnica ha cancellato la bellissima progressione sonora dell’inizio magmatico per esplodere troppo in fretta in sonorità e tempi eccessivi. Concludendo si può certamente affermare (in un confronto con il concerto tenuto alcuni anni fa a Musica Insieme)  che purtroppo nel pianismo della Vacatello si percepisce un’involuzione verso una impostazione prevalentemente atletica che non promette nulla di buono. Due bis di cui uno il celebre studio chopiniano op. 10 dei tasti neri. Un buon successo ma non strepitoso, vuoi perché talvolta (raramente purtroppo) il pubblico giudica correttamente, vuoi per la presenza di spettatori interessati solo a lasciare la sala maleducatamente appena possibile. Big room for improvement…
Sad HappySad
Programma
 L. van Beethoven                  Sonata n. 8 op.13 “Patetica”
A. Ginastera                                Sonata n. 1
F. Chopin                                      Notturno op. 27 n 2 –  Ballata n.3
M. Ravel                                       Pavane pour une infante defunte – La Valse
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Quartetto di Cremona Campaner – Musica Insieme Bologna 24 Ottobre 2016

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Che il quartetto di Cremona rappresenti la migliore formazione cameristica italiana (di livello mondiale, comunque) è cosa ormai nota e se ne è avuta la riprova ieri con un concerto che non esito a definire strepitoso. Questo quartetto ha ormai una capacità di fusione del suono e una capacità corale interpretativa che non smettono di stupire. Impegnati in un concerto di lunghezza “monstre” (2 ore e un quarto di musica – forse un po’ troppo per un concerto iniziato alle 20.30. In questi casi si dovrebbe avere il coraggio di anticipare alle 19  e – forse – di inserire due intervalli) hanno saputo, in presenza di formazioni variabili, esprimere appieno il mondo schubertiano, e in particolare del suo ultimo periodo, l’anno della morte. Senza dubbio il meglio si è avuto con la formazione base della compagine, impegnata nel quartetto “Der Tod und das Mädchen” (il nome è preso dall’omonimo Lied composto precedentemente e il cui tema – variato – viene ripreso in uno dei tempi del brano) con una esecuzione perfetta che ha giustamente strappato un applauso caloroso e sentito del pubblico. Della stessa qualità il meraviglioso quintetto con i due violoncelli dimostrando, ancora una volta, come l’inserzione di strumentisti di qualità in una formazione così affiatata non ponga alcun problema, vista la qualità degli altri esecutori. Di buona qualità (non strepitosa però) l’esecuzione del quintetto “Die Forelle” (nome derivato anch’esso da un precedente Lied il cui tema con variazioni costituisce il terzo movimento): è probabile che la sensazione di una qualità leggermente inferiore sia legata al diverso periodo compositivo schubertiano (1819 anziché 1828) e a un contenuto musicale meno pregnante delle altre due composizioni eseguite. Buona la prova della Campaner. Un quartetto, comunque, che vorremmo sentire molto più spesso, come accade a Milano alla società del Quartetto dove vengono proposte le integrali di vari autori. Un’ultima considerazione positiva. La viola del quartetto ha detto due parole molto semplici ma molto utili prima del concerto limitando a 5 minuti il suo intervento. Che possa servire di esempio ai self-made musicologi che infestano i concerti di Musica Insieme?

HappyHappy

Programma
Franz Schubert
Quartetto in re minore D 810 – Der Tod un das Mädchen
Quintetto in do maggiore D 956 per due violini, viola e due violoncelli
Quintetto in la maggiore D 667 per pianoforte, violino, viola, violoncello e contrabbasso – Die Forelle

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Amsterdam Sinfonietta Carbonare – Musica Insieme Bologna 10 Ottobre 2016

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Una formazione cameristica di grande qualità con un clarinettista – Alessandro Carbonare – che si è aggiunto all’ultimo momento a causa della indisponibilità del clarinettista previsto dal programma Martin Fröst. Il concerto si è sviluppato su due piani: una prima parte di stampo classico e una seconda di stampo nazional-popolare con musica “klezmer” (klezmer כליזמר è vocabolo yiddish e non ebraico – come indicato da Sandro Cappelletto, relatore dell’ “introduzione” elogiativa del trentennale di Musica Insieme  -. Si tratta infatti  di vocabolo della comunità ebrea tedesco-polacca distrutta dal nazismo dove “klez” כליז sta per clarinetto)  e jazzistica. Dell’esecuzione dei brani di Bruckner, Janáček e Bartók non  si può che dire bene, con un suono dell’orchestra particolarmente calibrato che dimostra un affiatamento da tempo consolidato. Anche dal punto di vista interpretativo i brani sono stati resi con grande partecipazione nel rispetto dello stile di ciascuno dei tre compositori di diversa origine. Altrettanto di grande qualità è stata l’esecuzione del concerto di Weber: Carbonare è strumentista di affermata capacità. Il resto del programma ha seguito percorsi diversi da quelli previsti a causa del cambio di clarinettista. Qui forse Carbonare ha ecceduto nello strizzare l’occhio al pubblico meno avvertito ma diciamo che data la chiamata d’urgenza la cosa si può anche perdonare. Purché non si ripeta…
 HappySadHappy
Programma
Anton Bruckner Adagio dal Quintetto per archi in fa maggiore WAB 112
Carl Maria von Weber Concerto n. 1 in fa minore-maggiore op. 73 per clarinetto e archi
Leoš Janáček Suite per archi JW 6/2
Johannes Brahms  Danza ungherese n. 14 (trascrizione per clarinetto e archi di Roland Pöntinen)
Tradizionale/Göran Fröst Danza klezmer n. 2 per clarinetto e archi
Béla Bartók Danze popolari rumene Sz. 6apper

 

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Cameristica, Recensioni

Ayumi Matsumoto – I concerti del Circolo della Musica Bologna 8 Ottobre 2016

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Parliamoci chiaro: se qualcuno ritiene che quanto sta per leggere sia eccessivo chieda di riascoltare la registrazione (che è stata effettuata) per convincersi. Si comincia con una sonata di Mozart: una esecuzione tecnicamente pulita ma tutta troppo forte, senza mai un mezzo tono. Tessitura sempre fra f e  mf. Mi chiedo se la colpa sia della sala la cui acustica è francamente molto discutibile o del piano con il coperchio aperto che produce sonorità eccessive. Scopro più avanti nel concerto che invece i “piani” (i pochi eseguiti”) sono possibili. Oops…  Si passa alla sonata op. 110 di Beethoven, certamente il brano più significativo del concerto per giudicare l’interprete. Si tratta della sonata con le minori difficoltà tecniche fra quelle del cosiddetto “ultimo periodo” ovvero quello che va dall’opera 101 all’opera 111. Qui semplicemente non credo alle mie orecchie: incredibili errori anche in parti assolutamente tecnicamente elementari in tutti i tre tempi. Addirittura nella fuga uno strafalcione gigantesco obbliga l’esecutrice a farfugliare qualche nota per cercare di mantenere la continuità dell’esecuzione senza ovviamente potere nascondere quanto successo. Dal punto di vista musicale un disastro: poca interpretazione, tutto eseguito in modo piano, scialbo mf e addirittura la fuga viene eseguita con un tempo iniziale lentissimo (che solo un grandissimo interprete potrebbe sostenere) salvo poi avventarsi al termine del brano con un eccesso di velocità e di suono assolutamente fuori stile. Semplicemente incredibile. Dopo l’intervallo vengono eseguiti i Drei Fantasiestücke op. 111 di Schumann, tre brani pochissimo frequentati e oggettivamente musicalmente deboli che riflettono la stato di salute mentale del compositore tedesco ormai non più padrone di sé stesso. Il primo viene affrontato in modo eccessivamente violento e gli altri due (più intimistici) senza lode e senza infamia. Segue il notturno di Chopin (dove finalmente scopro che è possibile suonare piano) anche qui senza particolari elementi positivi, per terminare con un brano da archeologia musicale, una parafrasi di Martucci della “Forza del destino” di Verdi. Martucci non è Liszt e la sua parafrasi è noiosa e pedissequa e meritevole di essere riposta rapidamente nel dimenticatoio della storia musicale. Esecuzione tecnicamente corretta: di più non si può dire (anche per colpa della partitura). Successo modesto da parte del pubblico “premiato” con una mazurka di Chopin che riflette ancora una volta le scarse qualità musicali dell’interprete: riesce ad “andarci giù pesante” anche in un brano che meriterebbe ben altro approccio.

SadSadSad

Programma
W. A. Mozart Sonata K. 576
L.V. Beethoven Sonata op. 110
R. Schumann Drei Fantasiestücke op. 111
F. Chopin Notturno op. 27 n. 2
G. Martucci La forza del destino

 

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Duo Cosi Giorgi – Accademia Filarmonica Bologna 8 Ottobre 2016

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Un duo violoncello pianoforte giovane composto da due esecutori ancora in fase di studio (il violoncello segue attualmente dei corsi di perfezionamento mentre il pianista studia al conservatorio).  L’esecuzione della difficile sonata beethoveniana non è stata immacolata: vari problemi di intonazione da parte del violoncello (soprattutto nelle parti che richiedono il capotasto) e alcune non secondarie incertezze del piano. Sia chiaro: si tratta di giovani (il pianista è addirittura uno studente del secondo anno del triennio accademico di primo livello) e quindi le incertezze ci stanno ma troppo nota è la sonata e le grandi esecuzioni (ad esempio il duo Rostropovitch Richter) perché sfuggano a un orecchio avvertito i problemi.  Ciononostante l’impostazione musicale del brano è stata di buona qualità e altrettanto buono è l’affiatamento fra i due strumentisti ma there is a big room for improvement. Molto meglio l’esecuzione della bellissima sonata di Šostakovič nella quale l’aspetto popolare (nel senso migliore del termine) del brano è stato reso molto bene, sottolineando quegli aspetti che ne fanno un classico del violoncello. Qui (anche per la tessitura della partitura) sono mancate in larga parte le carenze del violoncello che ha risolto brillantemente anche alcuni complessi passaggi (ad esempio quelli che richiedono glissati e successioni di intonazioni con la mano nella stessa posizione).  Un buon successo di pubblico premiato con un bis: il secondo tempo della sonata per violoncello e pianoforte di Rachmaninov eseguito in modo eccellente.
PS Nelle biografie degli esecutori bisognerebbe evitare frasi del tipo “vincitore di numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali”: o si indicano i nomi dei concorsi e le date oppure la sensazione è che si tratti di aria fritta. Sarebbe poi indispensabile (soprattutto per un giovane) evitare atteggiamenti istrionici da “kapellmeister” che dirige un’orchestra che non c’è, o espressioni eccessivamente ispirate. Forse sarebbe bene vedere le registrazioni dei grandi interpreti: Schiff, Argerich, Michelangeli, ma anche giovani come Volodos, Blechacz etc. La sobrietà è sintomo di sicurezza mentre gli atteggiamenti estremi paiono volere compensare con l’espressione quanto le mani non riescono ad esprimere. ….

SadHappy

Programma
L. v. Beethoven   Sonata il la maggiore op. 69
D. Šostakovič Sonata il R eminore op. 40

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Solisti di San Valentino – Chiesa di S.Valentino Bologna 6 Ottobre 2016

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Al di là dei concerti delle organizzazioni maggiori a Bologna, è possibile ascoltare anche giovani formazioni locali che arricchiscono il panorama musicale bolognese facilitando l’ascolto e la diffusione della musica classica (“alta” direbbe Q.Principe). È il caso dei solisti di  San Valentino che hanno eseguito un programma principalmente barocco con una puntata nel settore romantico con Mendelssohn.  La formazione cameristica (che anche in Corelli e Händel ha visto la partecipazione dell’oboe come strumento di insieme) ha ripercorso l’impostazione che in tempi passati era quella della hausmusik, ovvero un’esecuzione il cui scopo principale non era una esibizione virtuosistica ma bensì un’occasione per conoscere e ascoltare musica: era, per esempio, quella della famiglia Mendelssohn che ogni domenica si riuniva insieme ad amici e conoscenti per un concerto “famigliare” che naturalmente era anche occasione di incontro e discussione. Ovviamente la tradizione risaliva anche a tutto il settecento di cui abbiamo testimonianza – ad esempio – in numerose lettere di Mozart. Ciò detto bisogna dire che la formazione ha offerto un’esecuzione con luci ed ombre al di là di alcune imprecisioni di intonazione. L’acustica della chiesa di San Valentino è pessima impedendo nonostante la buona volontà degli esecutori la fusione dei suoni degli strumenti, cosa che ha purtroppo messo in risalto una forte difformità nelle loro sonorità. In particolare il primo violino ha coperto in Corelli e Händel, praticamente annullandolo, il suono struggente dell’oboe e anche quello degli altri strumenti (persino il secondo violino).  In una formazione cameristica è necessario dismettere un’impostazione che potrebbe essere quella di un violino solista in una grande sala da concerto, ridurre l’individualità dello strumento  in nome di un’amalgama dei suoni che è alla fine dei conti l’essenza intrinseca della musica eseguita. L’assenza di fusione è risultata particolarmente evidente nella sinfonia per archi di Mendelssohn che è di fatto un quartetto. Purtroppo il quartetto ha delle regole che non si possono evitare e in primo luogo il fatto che non può essere la somma di individualità ma deve essere l’annullamento dei singoli nel tutto, il che richiede un ripensamento di tutti gli esecutori in nome di un diverso atteggiamento. Buona l’esecuzione dell’oboe nel concerto solistico e altrettanto dicasi dell’organista. Insomma un concerto interessante e benemerito per un pubblico non particolarmente sofisticato ma “there is a big room for improvement”. Un bis: la ripetizione dell’ultimo tempo del concerto di Corelli (una prassi abbastanza comune ma che io personalmente non amo: il bis non è un obbligo e se deve esserci deve presentare un altro brano, anche per indicare che il repertorio degli esecutori è più vasto del programma del concerto).

HappySad

Programma
Arcangelo Corelli: concerto grosso n.1 in re maggiore per archi
George Friedric Händel: concerto No.5 in Fa maggiore (con organo) HWV 293 per organo e archi
Giovanni Maria Trabaci: canzona franzesa seconda (organo solo)
Giovanni Maria Trabaci: canzona franzesa settima cromatica (organo solo)
Giovanni de Macque: consonanze stravaganti (organo solo)
Felix Mendelssohn Bartoldy: Sinfonia per archi n. 7 in re minore
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Angela Hewitt – Milano Quartetto 21 Settembre 2016

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Angel Hewitt, catapultata all’ultimo momento a Milano in sostituzione della Uchida, è da molti anni ai vertici del pianismo mondiale e rappresenta quella schiera di pianisti di mezza età che non fanno della tecnica (peraltro eccellente) l’elemento principale del proprio pianismo ma ricercano l’essenza della musica che interpretano. Il repertorio della Hewitt spazia dal barocco al moderno senza tralasciare i grandi compositori quali Beethoven, Chopin, Ravel etc. Di certo è oggi considerata la vestale di Bach del quale sta completando la registrazione di tutte le composizioni per tastiera. L’esecuzione della Hewitt è perfetta dal punto di vista dello stile e immacolata tecnicamente ma non può non essere confrontata con quella dell’altro grande interprete bachiano contemporaneo: Andras Schiff.  L’interpretazione della Hewitt appare talvolta algida e meccanicistica nonostante l’uso del pedale a differenza di Schiff che non lo usa e il cui tocco però è in grado di animare l’ordito musicale pur nel rispetto totale dello stile. Naturalmente definire un corretto codice interpretativo bachiano è impresa impossibile essendo le sue composizioni per clavicembalo ma è proprio nella trasposizione per piano che si incentra la capacità dell’interprete di trovare la giusta chiave interpretativa.  Sia chiaro: il concerto è stato di altissimo livello e ha ottenuto il plauso incondizionato del pubblico. Un solo bis: l’aria di apertura delle Goldberg Variationen.
PS La Hewitt è la seconda pianista che ha adottato lo spartito su iPad, il che evita di ricorrere a un assistente per voltare le pagine. Ho parecchio tempo fa acquistato lo strumento che però richiede una sorta di interruttore da operare con il piede sinistro per voltare le pagine e che ha due difetti. Il primo è che l’uso del pedale “una corda” interferisce con il pulsante e si corre sempre il rischio di premere il pulsante anziché il pedale. Il secondo è che essendo il pulsante “wireless” non è bloccato e un movimento involontario del piede rischia di allontanarlo dalla portata del piede con ovvie conseguenze. Nel concerto di ieri sera la Hewitt non mai usato il pedale “una corda” e per evitare lo spostamento involontario della pulsantiera ha costantemente tenuto la gamba sinistra dietro quella destra. Nel caso di Bach si può pensare che la cosa funzioni ma con altri compositori la cosa è assai problematica. Sarebbe indispensabile trovare la maniera per agganciare il pulsante alla pedaliera: food for thought.

HappyHappy

Programma

 J.S. Bach

– Fantasia in do minore BWV 906

– Aria Variata in la minore “Alla maniera italiana” BWV 989

– Invenzioni a due voci BWV 772 – 786

– Invenzioni a tre voci BWV 787 – 801

– Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo BWV 992

– Capriccio in mi maggiore BWV 993

– Fantasia e fuga in la minore BWV 904

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Quartetto Noûs – Cortina 11 Agosto 2016

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A chiusura del  Festival Ciani del 2016, sezione cortinese – ci sarà un’ultima manifestazione ad Angera(?) il 4 Settembre – il quartetto Noûs (con l’aggiunta del violoncellista C. Scaglione per il quintetto) ha eseguito due della pagine più note del compositore viennese.  Il quartetto Noûs (“mente” in greco antico) formato da quattro giovani musicisti italiani, nasce nel 2011 all’interno del Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Frequenta l’Accademia “Walter Stauffer” di Cremona nella classe del Quartetto di Cremona, la Musik Akademie di Basilea nella classe del M° Rainer Schmidt (Hagen Quartett) e si perfeziona con Aldo Campagnari (Quartetto Prometeo) e Hatto Beyerle (Alban Berg Quartett). Frequenta attualmente la Musikhochschule di Lubecca nella classe del M° Heime Müller (Artemis Quartett) e la Escuela Superior de Música “Reina Sofia” di Madrid nella classe del M° Günter Pichler (Alban Berg Quartett). Una esecuzione tutto sommato dignitosa di una giovane formazione, tecnicamente agguerrita ma ancora alla ricerca di quella fusione delle sonorità che è il tratto distintivo delle formazioni cameristiche. Il limite si percepisce soprattutto nelle sezioni dei brani che richiedono una sonorità piena, dove viene a mancare l’equilibrio fra le varie parti. Ma si tratta di formazione giovane e quindi aperta alla possibilità di grandi miglioramenti. Pubblico scarso come è ormai tradizione dei concerti del festival Ciani e una sala acusticamente inadatta a manifestazioni musicali.

Happy

Programma
Franz Schubert Quartetto n.14 in re minore D810 /Der Tod und das Mädchen)
                             Quintetto in do maggione D956

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Mullova Labèque – Cortina 2 Agosto 2016

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L’agonizzante Festival Ciani ogni tanto ha un guizzo di vitalità e propone un concerto di qualità con un pubblico drammaticamente esiguo anche a causa di una insufficiente e dilettantesca campagna pubblicitaria. Ieri sera saranno state presenti non più di 150 persone per due artiste che a Milano, al Quartetto, hanno riempito la sala senza un posto libero. Sono ormai molto lontani i tempi in cui il cartellone era composto da artisti quali Schiff, Argerich, Kremer etc. Oggi viene ammannita una serie di concertini di dubbia qualità, per lo più presso hotels con qualche eccezione come nel caso del concerto in questione, il concerto del “decennale” per celebrare appunto il compleanno del festival. Si comincia in perfetto orario teutonico come se le due artiste volessero al più presto sbrigare la pratica, insoddisfatte dell’uditorio e la stessa precisione temporale viene adottata per l’intervallo. Naturalmente si tratta di due professioniste ai vertici mondiali e quindi il concerto è di altissimo livello. E va sottolineata nel programma la presenza di due compositori moderni, Takemitsu e Pärt, con due composizioni molto belle e gradevoli, che comprovano che moderno non significa dissonante se non provocatorio, una notazione che ebbi già modo di fare in occasione del concerto del duo al Quartetto. Il resto del programma si è basato su tre composizioni classiche e senza dubbio la riuscita migliore si è avuta per la sonata di Schumann, una fra le ultime per del compositore di Zwickau, resa da un dialogo serrato fra i due strumenti con momenti di intensa liricità. Un bis a me sconosciuto, un brano molto melodico probabilmente tratto da qualche successo di musica leggera, che mi è parso una concessione a un pubblico molto educato ma non troppo competente formato in grande parte dagli allievi della accademia. Grande successo.

HappyHappy

Programma
W.A. Mozart sonata in la maggiore K.526
R. Schumann sonata op. 105
T. Takemitsu Distance de Fée
A. Pärt Fratres
M. Ravel sonata n. 2

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Cameristica

Estate – Bologna 27 Luglio 2016

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Anche questo anno Kurvenal va in “letargo” fino a Settembre (salvo qualche sporadico post se a Cortina l’ormai agonizzante Festival Ciani organizzerà qualche manifestazione degna di questo nome). A Bologna come sempre, nonostante l’aumento del flusso turistico, la musica classica sostanzialmente tace. Sono ormai lontani i tempi delle “feste musicali” e dei piccoli concerti nei giardini e nelle corti tenuti da giovani interpreti e dire che sarebbe così semplice prevederli magari con un accordo con il conservatorio. Eppure il panorama nazionale e internazionale pullula di iniziative recepite con successo (anche economico) dai turisti. Purtroppo dopo il non compianto assessore Ronchi e l’assessore meteora Conte il nuovo assessore brilla per il suo silenzio e le poche esternazioni fatte lasciano poco o nulla sperare. Chiosando E.M.Remarque  “A Bologna niente di nuovo….”

Sad

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Repin Korobeinikov – Pietrasanta 23 Luglio 2016

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Una serata tutta russa (esecutori e musica), a rischio pioggia (ma graziati) e con un pubblico foltissimo per due musicisti di altissimo livello. Che Vadim Repin sia da molti anni ai vertici del violinismo mondiale è noto. Le sue esecuzioni, che poggiano su una tecnica raffinata, tendono a evitare eccessi virtuosistici in favore di una ricerca costante della bellezza del suono e della valorizzazione artistica dei brani eseguiti. Se ne è vista una prova nella celeberrima sonata di Prokofiev che è stata certamente il brano più importante e meglio reso della serata. Meno interessanti i pezzi di Stravinsky e di Tchaikowsky, quest’ultimo ptrescelto per esaltare le capacità tecniche di Repin, che è stato assecondato da un pianista di ottima qualità. Un bis “strappacore” per un pubblico non particolarmente scafato: una trascrizione per violino e piano delle celebre canzone spagnola “estrellita”. Ovvio grande successo.

Happy

Happy

Programma
S.Prokofiev            Sonata n.2
I. Stravinsky          Divertimento per violino e pianoforte
P.I. Tchaikowsky Meditazione Op. 42 n. 1
                                   Valse scherzo Op. 23
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Plamena Mangova&friends – Pietrasanta 22 Luglio 2016

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Pietrasanta, graziosa ed elegante cittadina non distante dal mare, meta turistica per chi non desidera risiedere a Marina, organizza ogni estate alla fine di Luglio nel chiostro di S.Agostino una serie di concerti di elevata qualità, Pietrasanta in concerto, che – riflettano le agenzie turistiche capaci solo di manifestazioni di musica leggera o jazz! – sono quasi sempre esaurite…. Plamena Mangova è artista troppo poco conosciuta in Italia, capace di un pianismo allo stesso tempo artistico e virtuosistico nel rispetto delle partiture e del dettato dei compositori. Nel concerto di ieri ha eseguito due brani di Chopin  (uno studio e la prima ballata) e due di Liszt (sonetto del Petrarca e Mephisto valzer) prima di suonare in duo per una sonata di Mendelsohn con violino e guidare il quintetto di Dvorak. Esecuzioni di qualità nelle quali la tecnica è stata sempre al servizio dell’interpretazione. La visione musicale della Mangova è certamente di stampo slavo con alcuni (pochi) eccessi che nulla hanno però tolto all’impianto complessivo: se un appunto  si può fare è che talvolta il desiderio di enucleare ogni specifico significato della partitura porta a una sorta di spezzettatura innecessaria. Ma il giudizio complessivo non può che essere ampiamente positivo. Quanto agli altri interpreti (che non cito singolarmente) si può affermare che sono stati dei buoni comprimari, con l’eccezione del violinista che ha eseguito la sonata di Mendelssohn che ha avuto non pochi problemi di intonazione. Pubblico folto (ma posti non esauriti) con connotati balneari come quelli di applaudire alla fine dei tempi intermedi che hanno obbligato la Mangova a eseguirli quasi senza soluzione di continuità.

Happy

Happy

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Zhu Xiao Mei – Pianofortissimo Bologna 7 Luglio 2016

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Pochi brani clavicembalistici (e pianistici) hanno ricevuto un’attenzione da parte dei discografici come la Goldberg Variationen: personalmente ne ho almeno 20 versioni ma sono solo una infima parte. Si tratta quindi di una partitura nota alla gran parte del pubblico (anche a quella un po’ meno avvertita), pertanto pronta a comprendere e valutare criticamente ogni nuova proposta in materia. Nel mio caso, poi, conosco la partitura nota per nota avendola studiata personalmente. Questa sera abbiamo ascoltato le “Goldberg Svarionen“, un’esecuzione indegna anche di un mediocre studente di conservatorio. La prima, immediata, avvisaglia si ha al termine della prima parte del tema: viene a mancare il “re” della mano sinistra che determina l’accordo di settima che porta alla risoluzione sulla tonica togliendo ogni senso alla frase musicale. E non è che l’inizio. L’arbitrio più totale regna nella scelta dei ritornelli, alcuni eseguiti e altri dimenticati senza alcuna logica: l’esecuzione complessiva dura 50 minuti al posto dei canonici 70. Non si contano i pasticci che l’ineffabile cinesina tenta di coprire con aumenti improvvisi di volume come fanno i bambini ai saggi. L’accompagnamento della mano sinistra ha quasi sempre il volume di un tuono e l’agilità (se così si può chiamare) è diseguale e piagata da costanti errori. Sarebbe inutile infierire ulteriormente: sarebbe come uccidere un uomo morto. C’è veramente da chiedersi come questa dilettante possa avere successo e soprattutto come possa essere presentata come una rivelazione: più alte sono le aspettative indotte maggiore è il disappunto per una performance inaccettabile. Ma forse lo sappiamo: come nel caso di Helfgott (quello del Rach 2 raccontato in un film di successo) prevale la pietà umana per le sue vicissitudini personali sul giudizio critico. Non per me. Una conclusione non degna di una rassegna seria come pianofortissimo. E se qualcuno dubita della mia recensione si riascolti la registrazione. Verba volant records manent...
SadSadSad
Programma
J.S.Bach Goldberg Variationen (BWV 988)

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Cameristica, Recensioni

Anna Kravtchenko – Pianofortissimo Bologna 30 Giugno 2016

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Anna Kravtchenko è una pianista che ha un legame consolidato con Bologna. Nel concerto del 30 Giugno ha presentato tutti i notturni di Chopin nella sequenza proposta da Alexis Weissenberg, una scelta che non mi sento di condividere ma che riflette una tendenza sempre più in voga, quella di “rivisitare” brani celebri alterandone in parte l’ordine compositivo. Un altro esempio è quello adottato da Yuja Wang – sulla scia di A.B.Michelangeli – per le variazioni Paganini di Brahms, anche se in quel caso l’alterazione reca l’imprimatur del compositore amburghese.  La pianista ucraina, vincitrice nel 1992 a 16 anni del Busoni, ha alle sue spalle una solida carriera internazionale e nel concerto in questione ha dimostrato tutte le sue doti ma anche i suoi limiti. La sua interpretazione dei notturni ha la tipica impostazione slava con forti contrapposizioni ritmiche e sonore, talvolta all’interno della stessa frase musicale, con risultati alterni. Ad esempio nella sua esecuzione c’è la tendenza ad accelerare sempre le figure ritmiche di abbellimento che in molti casi ne riducono la portata musicale. La stessa cosa può dirsi per le sezioni “B” dei brani eseguiti, normalmente più mossi ma che in questo caso vengono eseguiti spesso a una velocità che non rispetta il portato complessivo del notturno e che hanno indotto anche non pochi errori tecnici innecessari. Naturalmente l’esecuzione ha anche avuto momenti di bellissima liricità con intensità sonore perfette e grande intensità interpretativa dando luogo complessivamente a una prova ineguale e quindi a un buon concerto ma non dei migliori. Se per caso – ma non ne ho assolutamente conoscenza – questo è stato il primo concerto con questo programma sicuramente c’è spazio per un affinamento. Una nota assolutamente negativa per l’organizzazione. Il portone viene aperto alle 20.45 con una fila così lunga che blocca il passaggio dell’autobus e persino il traffico nella piazza. A differenza di quanto accade ormai dovunque al fine di snellire le operazioni non sono previste due file, una per coloro che già sono in possesso del biglietto e una per coloro che debbono ancora acquistarlo. Il concerto comincia con 25 minuti di ritardo rispetto all’orario previsto e addirittura l’intervallo dura 35 minuti (a che scopo? perché?) protraendosi fino alle 23.30, un orario insensato. Visto l’orario di conclusione ovviamente nessun bis.

HappySadHappy

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Akademie für alte Musik/Johansen – Berlino Konzerhaus 14 Giugno 2016

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Un tipico “concertino” della Konzerthaus nel Kleinersaal (400 posti) con musiche barocche: Scarlatti, Pergolesi, Vivaldi e Bach. Un concerto metà strumentale e metà vocale con cantate di tutti gli autori sopracitati. La soprano Robin Johansen fa quello che può: una vocalità di medio calibro, tecnicamente con molti limiti che trova un buon risultato solo nella cantata di Bach. Tutti gli strumentisti sono di buona qualità e il concerto è risultato gradevole con un buon successo di pubblico. A lode della formazione la rinuncia al “barocchismo” della impostazione barocca degli strumenti: archetti e impugnature moderne. Finalmente un po’ di buon senso da questo punto di vista!

HappyProgramma
Alessandro Scarlatti Konzert für Blockflöte, Streicher und Basso continuo a-Moll
Alessandro Scarlatti „Bella, s’io t’amo“ – Kantate für Sopran, Blockflöte und Basso continuo
Antonio Vivald Konzert für Streicher und Basso continuo e-Moll RV 134
Antonio Vivaldi „All’ombra di sospetto“ – Kantate für Sopran, Flöte und Basso continuo RV 678
Giovanni Battista Pergolesi „Vidit suum dulcem natum“ aus dem Stabat mater
Johann Sebastian Bach „Concerto nach italienischem Gusto“ für Cembalo F-Dur BWV 971
Johann Sebastian Bach „Non sa che sia dolore“ – Kantate für Sopran, Flöte, Streicher und Basso continuo BWV 209
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