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Giuseppe Andaloro – S.Cristina 15 Dicembre 2015
La “manifestazione” inizia con buoni 7 minuti di ritardo (alla faccia degli spettatori che educatamente sono arrivati in orario!) e per 15 minuti viene ammannito il solito pistolotto inutile, noioso, autoreferenziale, prolisso da parte di un compiaciuto relatore che evidentemente non ha il polso dell’uditorio che manifesta ben evidenti segni di insofferenza. (Forse gli servirebbe un corso universitario a 300 studenti per capire di cosa parlo: se l’uditorio si annoia sono grossi guai e mal ne incoglie a chi non comprende immediatamente la situazione!). Ma qualcuno riesce a immaginarsi una cosa simile al quartetto di Milano, alla salle Pleyel di Parigi, al Musikverein di Vienna, alla Wigmore hall di Londra o alla Philharmonie di Berlino? Solo nella provinciale Bologna i poveri spettatori subiscono regolarmente una sorta di punizione preliminare per colpe che non hanno commesso. Il programma presentato dall’esecutore è un pot-pourri quale non si vedeva da tempo, una sequenza di brani fra loro del tutto scorrelati che forse poteva essere accettabile agli inizi del ‘900 ma che oggi fa rabbrividire, Si passa da Frescobaldi direttamente a Chopin, poi a Brahms per ritornare al ‘600 con Merula e Trabaci per compiere poi un salto nella fine dell’800 con Skrjabin per ritornare (questa poi!) di nuovo a Chopin!!! Con tanti saluti a 50 anni di programmi intelligenti e ben costruiti filologicamente. Il pianismo di Andaloro può essere assimilato a quello di chefs di seconda categoria che con la panna cercano di nascondere la scarsa qualità dei loro piatti. Qui il legante è il pedale ammannito a dosi massicce insieme ai ff che dominano tutte le esecuzioni (a S.Cristina, con quel riverbero pazzesco!) unitamente a una ricerca spasmodica della velocità a tutto scapito della musicalità. E naturalmente ne scapita anche la precisione: ad esempio nel primo scherzo di Chopin su otto ripetizioni della progressione che lo caratterizza ben cinque sono terminate con una nota falsa superiore! A che scopo? E che dire dello scherzo Brahmsiano dove è risultata del tutto assente quella vena di atmosfera magica, ammiccante e allusiva (la stessa della quasi coeva terza ballata) che lo contraddistingue? Naturalmente il “vers la flamme” di Skrjabin (un brano che sta vivendo un revival che andrebbe analizzato) ha subito lo stesso trattamento. Forse il brano riuscito meno peggio è stato la quarta ballata di Chopin nella quale però il drammatico finale ha perso tutto il suo significato musicale sommerso da una gragnuola di suoni eseguiti a tutto gas senza alcun tentativo di interpretazione. Non so nulla dei bis: sono uscito prima della loro esecuzione. Qualcuno si immagina perché?
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