Frei aber einsam – Un sito irriverente e libero che recensisce gli eventi musicali. -Di tutti disse mal fuorché di Cristo scusandosi col dir "non lo conosco" – (Epitaffio di Pietro Aretino)
La cosa migliore della serata è stata certamente il programma che ha visto l’esecuzione di alcune sonate poco frequentate nelle sale da concerto. Mi riferisco alle sonate di Poulenc, Fauré e a quella strutturalmente meno convenzionale (Divertimento) di Stravinskj. Il tutto preceduto da una sonata schubertiana. Al di là del singolo valore dei due esecutori (avevo ascoltato Kavakos in altri contesti con eccellenti risultati mentre su Pace mantengo le riserve già precedentemente espresse: un ottimo artigiano, non un grande artista) il duo ha dato luogo a un concerto non certo entusiasmante. La sonata schubertiana è risultata piatta e anche la sfavillante partitura di Stravinskj non è risultata convincente. Un po’ meglio Poulenc ma poi è mancato lo stile così particolare, così sottile, così allusivo di Fauré. Come già più volte sottolineato, due artisti – anche ove eccellenti – non fanno un duo che invece richiede un’amalgama che in questo caso è del tutto mancata. E’ sembrato che i due suonassero ciascuno per proprio conto seppure mantendendo la sincronizzazione della tempistica. Se poi si volesse anche introdurre una nota di “colore” si potrebbe anche dire che lo stile funereo del gigantesco ed oscuro Kavakos (che probabilmente si serve dallo stesso stilista di Morticia degli Addams) vicino alla giacchetta stile Sganapino del piccolo Pace sembrava riflettere la separazione anche visuale dei due. Due bis poco significativi se si eccettua il virtuosismo di una esecuzione sui soli armonici del violino. Complimenti al relatore che ha preceduto il concerto, che ha affermato che la seconda guerra mondiale è iniziata nel 1942!!!
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Scrivi Quartetto di Milano e leggi qualità. Grande pubblico (sala piena – 1200 posti) sempre attento, mai un applauso fuori posto, suonerie e cellulari spenti e dopo la sclerata di Schiff non un solo colpo di tosse. Si presenta sul palcoscenico per la seconda volta al Quartetto, efebico, biondo, altissimo, il giovanissimo Lisiecki (19 anni!), mangiato con gli occhi dalle signore pronte probabilmente a concedersi alla bellezza del giovane Jan, composto e consapevolmente certo di un successo alla stregua della fasciatissima Buniatishvili presso il pubblico maschile (giustamente svillaneggiata musicalmente però dal Corriere musicale). Sia chiaro: nessun parallelo con gli eccessi da baraccone della georgiana perchè qui si tratta di un grandissimo artista che strabilia per la maturità musicale che lo contraddistingue e che pone sempre la sua raffinatissima tecnica al servizio dell’interpretazione. Il programma eseguito è parzialmente consueto (Bach – corali e seconda partita, Mendelssohn – rondò capriccioso e Chopin studi op.10) e parzialmente inconsueto (Paderewski – suite e notturno – praticamente mai eseguiti). Il Bach di Lisiecki ricorda la compostezza esecutiva di Schiff: mai toni eccessivi, perfetta pulizia esecutiva, scarso uso del pedale (singolarmente piuttosto usato in modo dinamico invece il pedale del piano), stile assoutamente ineccepibile (a differenza di altri fenomeni televisivi osannati da un pubblico provinciale italiano). Altrettanto dicasi per Paderewski e Mendelssohn: non ho trovato oggettivamente nessun appunto per le esecuzioni. In particolare va apprezzato l’approccio di grande qualità musicale al minuetto delle Humoresques di Paderewski che per la sua natura in mano a un pianista come Lang Lang sarebbe diventato l’occasione per un valzerino da café chantant. Forse qualche piccola riserva sugli studi chopiniani op. 10 dove non sono mancate alcune imperfezioni (ad esempio nel diabolico studio n.1 che, come ricorda il programma di sala, creava problemi persino al grande Vladimir) che però nulla tolgono al quadro eccellente (direi quasi eccezionale) della performance. Un’unica vera pecca è consistita nel concedere un solo bis (il preludio di Chopin in mi minore): un giovane esecutore dovrebbe essere assai più generoso. Sarebbe a questo punto molto interessante avere la possibilità di misurare questo grande giovane artista in Beethoven, ma le premesse sono del tutto favorevoli. Perchè viene trascurato dalle istituzioni musicali bolognesi (e imolesi)? Provincialismo culturale?
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