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Dialogues des Carmélites è un’opera del tutto particolare nel panorama musicale del secondo dopoguerra. Basata sul testo di G.Bernanos (e ovviamente adattata come libretto dal compositore F. Poulenc) è lontana nel suo sviluppo armonico dalle avanguardie musicali del tempo 
(per lo più atonali) – come peraltro tutta la produzione del compositore francese – permeata com’è da una poetica che trova nell’atmosfera cupa, oppressiva e tragica in cui si sviluppa l’azione una perfetta rispondenza. Nel convento si riproduce paradossalmente la stessa oppressione psicologica fatta di obbedienza e sottomissione che viene praticata sulla società dal governo nella Francia rivoluzionaria al tempo del terrore. Nell’opera si ritrovano alcuni dei temi fondamentali dell’angoscia spirituale dei credenti di fronte alla morte, la vera protagonista dell’opera, rappresentata da un lato dal tormento della superiora di fronte alla fine fra la sua spiritualità e l’ignoto e dall’altro dall’accettazione del martirio come suprema testimonianza del proprio credo. L’esemplificazione di quest’ultima realtà è impersonata dalla figura della protagonista Blanche, personaggio che trova la propria cifra non in un’accettazione acritica del suo destino ma nello sviluppo – talvolta controverso – di una consapevolezza che la porterà alla decisione finale. Bene ha fatto quindi il teatro Comunale a presentare un’opera fondamentale del ‘900, rappresentata in prima assoluta alla Scala nel 1957 e per la prima volta a Bologna. Enucleare le singole performances dei cantanti sarebbe erroneo, perché si tratta di opera corale: a tutti va un plauso incondizionato a fronte di una partitura spesso impervia. E del tutto accettabile è la scenografia, ridotta al minimo, costituita da pannelli che scorrono, tutti dello stesso grigio che caratterizza l’abito delle monache; centrato è lo scorcio che si intravede di alberi che ricordano il mondo cui le monache hanno volontariamente rinunciato. Non tutto è perfetto: le sagome di compensato che dovrebbero ricordare gli ambienti ecclesiastici sono un po’ velleitarie (e in certi casi di difficile interpretazione) e l’abito del fratello di Blanche in occasione dell’ultimo saluto pare più quello di un commesso viaggiatore del ’90o che quello di un nobile settecentesco. Irritanti gli strafalcioni di ortografia e di latino dei sopratitoli. Bellissima invece la scena finale con le monache che ad una ad una scompaiono durante la recitazione del Salve Regina con lo sfondo di una notte stellata. In somma uno spettacolo di qualità ben al di sopra della media di quelli del teatro: che si possa ben sperare per il futuro?
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Cast
Chevalier de la Force |
Stanilas de Barbeyrac |
Soeur Constance |
Sandrine Piau |
Blanche de la Force |
Hélène Guilmette |
Marquis de la Force |
Nicolas Cavallier |
Mme De Croissy |
Sylvie Brunet |
Madame Lidoine |
Marie-Adeline Henry |
Mère Marie |
Sophie Koch |
Mathilde |
Lucie Roche |
Mère Jeanne |
Sarah Jouffroy |
L’Aumônier du Carmel |
Loïc Félix |
Le Geôlier |
Matthieu Lécroart |
1er Commissaire |
Jérémie Duffau |
2ème Commissaire |
Arnaud Richard |
Direttore |
Jérémie Rhorer |
Direttore assistente |
Natalie Murray Beale |
Regia |
Oliver Py |
Assistente alla regia |
Daniele izzo |
Scene e costumi |
Pierre-André Weitz |
Luci |
Bertrand Killy |





