
Un giovanissimo (17 anni) che si presenta con un programma impegnativo (variazioni su un tema di Corelli di Rachmaninov, un preludio e fuga di Šostakovič e gli studi sinfonici di Schumann nella versione 1837, la stessa incisa da Pollini). Certamente un potenziale talento, con un’ottima tecnica e un approccio stilistico di buona qualità che ha avuto il suo momento migliore nel brano di Rachmaninov. La fuga di Šostakovič ha risentito di un eccesso di sonorità purtroppo amplificato dalla pessima acustica dell’oratorio dei Filippini. Buona (ma non eccezionale) l’interpretazione del brano schumanniano: qui l’ancora incompiuto processo di maturazione ha mostrato i suoi limiti soprattutto ricordando che il nome di “studi” in questo caso poco ha a che fare con un’impostazione virtuosistica. L’ansia di mostrare le proprie capacità tecniche ha avuto in alcuni momenti il sopravvento impedendo alla musica di “respirare”, un fatto fondamentale per esprimere compiutamente il significato musicale di un brano. Questo è risultato evidente – ad esempio – nella seconda variazione dove le note puntate (così importanti in Schumann) non sono risultate tutte della stessa qualità e incisività. Nella terza variazione (studio) la mano destra è mancata in alcuni passaggi. La settima variazione è stata eseguita senza respiro e analogo rilievo può essere addotto per il finale della composizione. Insomma un giovane molto promettente per il quale possiamo solo auspicare che dedichi tutto il tempo necessario a una maturazione ancora in via di sviluppo senza cedere alle lusinghe di scritture che corrono il rischio di avere una negativa incidenza per il suo futuro pianistico. Un giovane che vorremmo riascoltare fra qualche tempo nell’auspicio che i comprensibili limiti attuali siano ampiamente superati. Un bis di Skrjabin.
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E’ d’ uso, nel nostro Paese, applaudire (freneticamente?) qualsivoglia interpretazione, ed immancabilmente richiedere bis anche se per tutta la durata del concerto ci si è addormentati sulla sedia.
Eppure gli esecutori altro non sono che lavoratori che, più o meno ben pagati, offrono un servizio.
Se riuscissimo finalmente a vedere la cosiddetta “arte” in questa ottica – la qualità del servizio ed il rapporto qualità/prezzo – forse non esulteremmo per chiunque. E sarebbe ora.
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