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Interpretare in chiave moderna …
. .. una vicenda chiaramente di stampo settecentesco (basterebbe analizzare il testo di Da Ponte per verificare la cosa) non è certo proibito ma richiede alla regia un surplus di intelligenza teatrale non verificata in questa edizione. Fra l’altro con un tentativo fallito di riportare la vicenda in un improbabile periodo novecentesco (anni ’60-70?. Ma quale è il senso dell’impresa? Valorizzare il testo? Certo no. Tentare di dimostrare che anche in quegli anni “così facevan tutte”? Banale. Insomma non bastano due abitini dell’epoca per ricreare l’ambiente. Per non parlare dei protagonisti maschili.
Che senso ha addobbare Don Alfonso come una sorta di improbabile santone indiano mentre il suo personaggio dovrebbe simboleggiare la disillusa e filosofica consapevolezza della debolezza umana? Per non parlare del coro rappresentato da inservienti agghindati come turchi (??): una scelta assolutamente priva di senso se la vicenda si svolge a Napoli. Quanto a Guglielmo e Ferrando non si capisce perché vestano come due bellimbusti mentre si recano al campo. E che dire di Fiordiligi che allorché decide di raggiungere Guglielmo al campo indossa corazza e cimiero. Negli anni ’60 dello scorso secolo? Insomma siamo di fronte a una regia che come minimo si può definire insulsa e velleitaria. L’opera di Mozart-Da Ponte è forse quella che più si presta a una triste disamina delle vicende umane ammantata naturalmente da una patina satirica. Ma la vicenda dovrebbe portare a riflettere e invece in questo caso si riduce a una favoletta umoristica per il piacere di un pubblico che più che alla musica si diverte alle mascherate di Da Ponte.

E certamente la compagnia di canto fa il pari con la regia. Dopo un inizio disastroso (voci stridule negli acuti) migliora nel corso della vicenda fino alle arie finali dei quattro protagonisti eseguite quantomeno con la sufficienza. Sotto la quale si colloca costantemente Don Alfonso. Una voce assolutamente non autorevole, priva di qualità vocali e anche di quella ironia (talvolta benevola e talvolta persino acida) che caratterizza il personaggio. In tutto si salva invece la direzione di Dendeviel che si sforza di ottenere uno spettacolo almeno decente con la capacità di fare rendere al massimo l’orchestra del comunale che negli anni è molto cresciuta. Successo di pubblico (a chi non piace il teatro delle marionette?). (Perfetta conclusione di una disastrosa sovrintendenza).
Devo fare ammenda. Nell rappresentazione di cui alla presente recensione la sostituzione ê stata quella di Ferrando con il tenore Marco Ciaponi
Martijn Dendievel
Regia e scene Alessandro Talevi
COSTUMI Stefania Scaraggi
LUCI Teresa Nagel
VIDEO Marco Grassivaro
Nuova Produzione del Teatro Comunale di Bologna
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
MAESTRO DEL CORO Gea Garatti Ansini
Cast
FIORDILIGI Karen Gardeazabal
DORABELLA Angela Schisano
GUGLIELMO Francesco Salvadori
FERRANDO Francesco Castoro
DESPINA Silvia Spessot
DON ALFONSO Davide Giangregorio sostituito da …?






Penso che la finezza dell’ ordito e la tristezza di fondo del ” Cosi fan tutte” non siano stati raggiunti nella rappresentazione cui ho assistito.Molto buona, a mio parere, la parte musicale, soprattutto la direzione .Poco elegante la regia, e , da parte mia, piuttosto noioso il tutto.
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Rappresentazione di ieri 29/2/2025
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Il sostituito era Ferrando interpretato dal tenore del primo cast, Marco Ciaponi, e non don Alfonso. Mi pare che le sue arie siano state di buon livello, così come il rondò del secondo atto di Fiordiligi. Per il resto, cast accettabile anche se non eccezionale. Il problema degli acuti striduli mi pare ricorrente con parecchi cantanti al Nouveau e credo abbia a che fare in buona parte con l’acustica infelice della sala. Per quanto riguarda la regia, il Così Fan Tutte si presta più di molte altre opere ad ambientazioni temporali di ogni tipo perchè tratta dell’imperfezione umana e della precarietà dei sentimenti, temi che non hanno ovviamente tempo. Pur condividendo parecchie delle osservazioni fatte sulla messa in scena (ma se andate su you tube si vede di peggio), mi sento di spezzare una lancia in favore del regista per la soluzione del finale, che rappresenta un irrisolvibile rompicapo architettato da Mozart e Da Ponte per qualunque messa in scena. In qualche caso, le coppie disaccoppiate si riaccoppiano seguendo il volere di Don Alfonso, in altri casi si stabilizzano le nuove coppie, in entrambi i casi spesso con il sottinteso che ci saranno in futuro altri “cambi di cuori e di affetti”. Qui i due maschietti alla fine se ne vanno abbandonando le infedeli amanti, In pieno accordo con la loro natura di perfetti maschilisti che non possono certo tollerare tale affronto, mentre le due ragazze, anzichè disperarsi, alzano i calici per festeggiare di essersi liberate di una tale coppia di s. puntini, puntini, dimostrando come tutta la vicenda abbia fatto raggiungere loro una più completa consapevolezza di donne. A proposito della modernità di Mozart e Da Ponte!
Antonio Contestabile
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Grazie per le precisazioni e provvederó alla correzione. Non concordo su tutto ma la ringrazio per il suo corposo commento
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Qiuel che stupisce e lascia desolati e’ che questi assurdi tentativi di attualizzare ambiente e costumi di un’opera di Mozart trovino l’approvazione e i finanziamenti di chi dovrebbe vigilare sulla qualità di ciò che viene messo in scena e sulla tradizione di un importante teatro.
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