Con il ritorno alla regia di Graham Vick al comunale di Bologna (dopo il Guillaume Tell del 2014) si apre la stagione operistica del teatro mai come quest’anno immerso in un contesto cittadino da brivido. Ma qualcuno ha perso la tramontana quando ha deciso di massacrare la bella piazza con dei containers da porto commerciale? Roba da fare rimpiangere il degrado umano del luogo. Come sempre è possibile che una mente deteriorata possa escogitare soluzione peggiori della situazione da sanare. E che la stessa mente sia – audite audite – nominato assessore alla cultura!!!! A quando il foyer del teatro sarà trasformato in un supermarket per spettatori in ritardo per la spesa? Qualcuno potrebbe spiegare quali sono le credenziali culturali del nuovo assessore? E’ terribile che gli assessori siano piazzati come al gioco delle tre carte, solo per “opportunità” politiche e mai per specifiche competenze in materia. I containers dovrebbero essere motivo sufficiente per squalificare il responsabile all’assessorato alla cultura. Evviva il Cencelli! E sorprendere talvolta il pubblico con un nome fuori dalla solita, insopportabile “politica” dotato di credenziali inattaccabili e magari disponibile all’incarico gratuitamente? In fondo Merola non ha neppure problemi di rielezione…. Never never land.
Ma veniamo all’opera. Diciamo subito che si tratta di una buona notizia (finalmente!). La regia di Wick ambienta la vicenda in un contesto moderno senza però nessun riferimento specifico (se si esclude l’inizio del terzo quadro con alcuni elementi di dubbio gusto, peraltro poco in risalto). L’ambiente è quello di quattro squattrinati artisti che vivono le loro ristrettezze in modo goliardico, pronti a far baldoria ad ogni occasione. Mimì non ha nulla della povera e sofferente fioraia ma ha un bel portamento (in pantaloni) supportato da una non comune prestanza fisica.
E lo stesso dicasi di Musetta che il regista al termine dell’opera presenta insieme a Mimì un po’ come una ragazza di vita ma dotata di un grande cuore. Del tutto godibile la scena da Momus e molto bella la scena alla barriera la cui atmosfera tetra riflette perfettamente lo svolgimento dell’azione.
Il finale vede Mimì vestita in minigonna rossa con lustrini, come reduce da un festino (che quindi allude a una sua vita sregolata) che però viene a morire nelle braccia di Rodolfo. (E qui andrebbe sottolineata l’imprecisione del recensore della Repubblica che afferma che Mimì muore sola. Non vero: muore fra le braccia di Rodolfo e solo dopo i quattro amiconi se ne vanno. La gattina frettolosa – di redazione – fa i gattini ciechi…) . Ma lo spettacolo funziona e come! e dopo tante ignobili regie “creative” si assiste a uno spettacolo che pur non rinunciando a innovazioni (evitando quindi i soliti comignoli di prammatica) mantiene il senso del testo e produce uno spaccato di vita quasi studentesca nella quale l’indigenza economica fa da contraltare alla vitalità della giovinezza. Una regia del tutto godibile che denuncia la mano di un regista “vero” e non di un qualche parvenu arrembante che per far notizia massacra le opere come purtroppo sempre più siamo costretti a sopportare.
Quanto alla parte musicale si può solo applaudire l’intero cast a partire del direttore Mariotti che pur nel suo stile vigoroso trova gli accenti giusti nella parti più intimistiche trascinando l’orchestra in una delle sue migliori prestazioni degli ultimi tempi. Superlativa la prova di Mariangela Sicilia nella parte di Mimì: il finale del terzo atto è semplicemente da manuale. Un plauso incondizionato a una voce che eccelle sia nei toni drammatici che in quelli più lirici. Ottimo, anche se un gradino sotto, il Rodolfo di Francesco Demuro che talvolta sforza un poco e ottimo sotto ogni profilo (vocale e teatrale) il Marcello di Nicola Alaimo. Brava Hasmik Torosyan come Musetta, spiritosa e brillante come la parte richiede. E buona anche la prestazione di Evgeny Stavinsky come Colline anche se ovviamente confinata alla famosa e non facile aria della zimarra. Nella norma tutti gli altri interpreti. In sintesi finalmente un spettacolo degno di un’inaugurazione di stagione e – speriamo – indicativo di una nuova aria nel teatro, dopo il cambio per troppo tempo procrastinato di un sovrintendente solo da dimenticare.
A margine: continua la bizzarria del libretto su smartphone. Sembra proprio una malattia priva di possibili vaccini.
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Mimì |
Mariangela Sicilia
|
Musetta |
Hasmik Torosyan |
Rodolfo |
Francesco Demuro |
Marcello |
Nicola Alaimo |
Schaunard |
Andrea Vincenzo Bonsignore |
Colline |
Evgeny Stavinsky |
Benoit/Alcindoro |
Bruno Lazzaretti |
Parpignol |
Guang Hu (Scuola dell’Opera) |
Un venditore |
Coro |
Orchestra, Coro, Coro di voci bianche e tecnici del Teatro Comunale
Direttore |
Michele Mariotti |
Regia |
Graham Vick |
Scene e costumi |
Richard Hudson |
Luci |
Giuseppe di Iorio |
Assistente alla regia |
Lorenzo Nencini |
Assistente alle scene |
Justin Arienti |
Assistente ai costumi |
Elena Cicorella |
Maestro del Coro di voci bianche |
Alhambra Superchi |
Maestro del Coro |
Andrea Faidutti |
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Mimì muore sola? Ma anche i bimbi delle elementari sanno il contrario! A chi affidano le recensioni, i Direttori dei giornali? In tutta evidenza, quanto meno, a qualcuno che non solo non ha visto “questa” Boheme, ma non ne ha mai visto alcuna…
Succede la medesima cosa con le recensioni dei libri, a meno che non siano i romanzetti di Fabio Volo o Saviano – o i consigli per il successo di qualche ragazzotto che ha fatto i soldi con una App ( o millanta di averli fatti, o spera di farli…) partendo da… un garage(!!??): il Buon Bill Gates attizza ancora la fantasia dei più… – del quale non si avranno più notizie dopo un paio di settimane di onnipresenza sui media a rappresentare il “giovane non bamboccione”. Le recesioni dei saggi con appena appena qualche pagina in più delle fatidiche 100 (che libro “agile”!) o che contengano, che so, un paio di equazioni o un pentagramma, chiaramente dimostrano la non lettura dello stesso da parte del recensore, spesso purtroppo anche blasonato ( per certe letture ci vuole tempo… e chi ha tanti incarichi…): infatti, dopo una vaga introduzione, si parla, generalmente, di tutt’ altro.
Ma vedendo cosa offre ai giorni nostri l’ editoria italiana non si tratta comunque di grandi perdite: ciò che è minimamente complicato ed ancor di più se è politicamente scorretto, non viene proprio tradotto ed è irreperibile nei siti on line delle maggiori librerie. A quanto pare succede così anche con la musica.
Se non ci fosse Amazon…
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