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Cominciamo dai lati positivi: la regia di Peter Stein. Finalmente (ripeto finalmente!) una regia che riporta il Flauto Magico a quella che è la sua intima sostanza: una favola con vari lati istrionici (Monostato, Papageno) unitamente a una valorizzazione delle più alte doti umane. Sia chiaro: il riferimento alla massoneria e ai suoi ideali è indubitabile ma non può essere l’unica chiave interpretativa dell’opera, rendendola un racconto funereo nel quale i personaggi più strampalati sono vissuti come un’aggiunta da sistemare con il minimo risalto. Con Stein si ritorna, insomma, a una visione quale probabilmente era quella di Schikaneder e di Mozart (visto anche il posto nel quale ebbe luogo la prima rappresentazione). Ma con i lati positivi ci fermiamo qui. All’estremo opposto la regina della notte di Yasmin Özkan. In tutti i registri sforza vistosamente con notevoli difetti di intonazione fino a strillare letteralmente nei sopracuti. Una performance assolutamente al di sotto del minimo sindacale naturalmente applaudita da un pubblico ignorante che gode della musica (giustamente) e non capisce nulla dello scempio condotto dal “soprano”. Nel cast svetta certamente il Sarastro di Martin Summer, voce calda e possente, perfettamente a suo agio nella parte. Peccato che sia vestito come il califfo Al-Baghdadi con l’unica differenza che la veste è bianca anziché nera. Papageno (Till Von Orlowsky) è più da apprezzare per l’agilità da ballerino ma con un eccesso di latri istrionici che alla fine risultano stucchevoli. Vocalmente sopra la sufficienza. Buone le prove di Tamino (Martin Piskorski, a parte una stecca clamorosa) e di Pamina (Fatma Said) che ha una bella voce e interpreta molto bene l’aria dell’abbandono. Monostato (Sascha Emanuel Krame) nella norma anche se la regia gli impone un eccesso di istrionismo mentre molto brave sono le dame e accettabili (non eccezionali) i tre bambini. Orchestra con molte sbavature diretta spesso (e in particolare nell’introduzione dell’ouverture) in modo fiacco e troppo lento. In totale: uno spettacolo molto al disotto degli standard della Scala che ha fra l’altro “dimenticato” di accendere il condizionamento obbligando gli spettatori di sesso maschile correttamente vestiti con giacca e cravatta a una sauna di difficile sopportazione.
Cast
| Direttore | Ádám Fischer |
| Regia | Peter Stein |
| Scene | Ferdinand Wögerbauer |
| Costumi | Anna Maria Heinreich |
| Luci | Joachim Barth |
| Drei Knaben | Solisti dei Wiltener Sängerknaben, Innsbruck: Moritz Plieger, Clemens Schmidt e Raphael Eysmair
Maestro del coro: Johannes Stecher |
CAST |
|
|---|---|
| Papageno | Till Von Orlowsky |
| Tamino | Martin Piskorski |
| Pamina | Fatma Said |
| Regina della notte | Yasmin Özkan |
| Sarastro | Martin Summer |
| Monostato | Sascha Emanuel Kramer |
| Prima Dama | Elissa Huber |
| Seconda Dama | Kristin Sveinsdottír |
| Terza Dama | Mareike Jankowski |
| Papagena | Theresa Zisser |
| Primo sacerdote | Philipp Jekal |
| Secondo sacerdote | Thomas Huber |
| I uomo in armatura | Francesco Castoro |
| II uomo in armatura | Victor Sporyshev |
| Tre schiavi | Marcel Herrnsdorf
Tenzin Chonev Kolsch Thomas Prenn |





