
Iniziato con puntualità svizzera alle 20 in punto (lasciando fuori i ritardatari – meditate gente, meditate!) Arkadij Volodos (artist in residence 2014-2015 alla Konzerthaus di Berlino) ha dato l’ultimo concerto della serie con un programma che comprendeva il tema e variazioni di Brahms trascritte dall’autore dal secondo tempo del sestetto op. 18, i sei Klavierstücke op. 118 dello stesso autore e la sonata D960 di Schubert, più tre bis (Bach, Mompou e De Falla). Volodos è un pianista che ammiro moltissimo. Dotato di una tecnica strepitosa riesce sempre a incanalarla in un alveo artistico premiando spesso più che gli “effetti speciali” l’espressione e il sentimento senza mai scadere in un romanticismo di maniera e rispettando appieno lo stile dei compositori i cui brani esegue. Un grandissimo che forse non ha ancora ricevuto (almeno in Italia) il consenso che merita e che riascolteremo con piacere nel 2016 a Musica Insieme. Brahms (specialmente dall’op. 116 all’op. 119, le ultime composizioni dopo che aveva ripetutamente annunciato di volere abbandonare la composizione) richiede un profondissimo equilibrio, spesso violato da eccessive velocità (Perahia) o da libertà esecutive (Ciccolini) che non rendono la profonda inquietudine del vecchio compositore e la sua maturità nel racchiudere in brevi brani tutto il suo mondo artistico e umano. Un discorso analogo vale per la sonata di Schubert, composta nell’anno della sua morte. In entrambi i casi Volodos ha reso con perfetta maturità ed equilibrio il significato profondo dei brani eseguiti. Solo nel bis di De Falla ha dato sfogo al suo virtuosismo provocando una vera ovazione del pubblico accorso in massa al concerto nella sala da 1412 posti.
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Non si può fare altro che “invidiarla”, gentile Professore…
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