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Andras Schiff – 6 Maggio 2014

Era dal Giugno del 1979 (Maurizio Pollini – Royal Festival Hall di Londra) che non assistevo a un concerto avente come bis un’intera sonata di Beethoven (allora si trattava dell’op 81 “Les Adieux”). Andras Schiff ha infatti eseguito come bis l’op. 57 (“Appassionata”) concludendo un concerto già di per sé estremamente impegnativo, anche fisicamente, costituito dalla sonata op. D.959 di Schubert e dalle Variazioni su un tema di Diabelli op. 120 di Beethoven. Purtroppo ad ascoltare uno dei massimi esponenti del pianismo internazionale c’era una sala la cui platea era per un terzo vuota, un segnale che dice molto della sensibilità del pubblico bolognese e segnatamente di quello del Bologna Festival: a questo proposito si può ricordare che per i concerti di Schiff alla Società del Quartetto di Milano, la cui sala ha una dimensione di un 20% maggiore del Manzoni, non si trova uno solo posto vuoto e i biglietti sono esauriti con grande anticipo. Un concerto di Schiff è la certezza di una performance di altissimo livello nella quale anche i minimi dettagli sono curati con la massima attenzione, come testimoniato anche dalla scelta di due pianoforti diversi: un Bösendorfer, con il suo suono più rotondo e vellutato per Schubert, e uno Steinway dal suono più marcatamente brillante per Beethoven.  Sulle esecuzioni si può soltanto ripetere ancora una volta che i due autori sono completamente connaturati con la sensibilità artistica di Schiff che ne sviscera senza inutili virtuosismi l’essenza più profonda.  Il pianismo di Schiff è di natura apollinea, nel quale la cura del suono e la ricerca delle più intime sfumature dei brani eseguiti si inquadra in un rigore formale e stilistico che ripercorre in modo autonomo le orme di Alfred Brendel e più recentemente quelle di Radu di Lupu (che ha recentemente eseguito per Musica Insieme la stessa sonata di Schubert). Alcuni aspetti hanno costituito una certa novità: ad esempio il tempo staccato per il valzerino di Diabelli è stato di una velocità inconsueta e caratterizzato anche da una fortissima sottolineatura delle triadi di terza e quinta di do maggiore, fatto ripetuto anche nel corso delle variazioni con un effetto non sempre positivo, soprattutto dal momento che nessuna specifica indicazione dinamica è presente nella partitura Beethoveniana.  E poiché nessuna esecuzione è perfetta è parso anche che alcuni voluti disallineamenti fra mano destra e sinistra non abbiano arrecato alcun beneficio all’impianto esecutivo dei brani. Forse l’esecuzione meno felice è stata quella dell’Appassionata. Qui la visione celestiale e quasi ultraterrena delle esecuzioni di Schiff si scontra con il fuoco e persino la violenza della partitura Beethoveniana e questa disarmonia è risultata particolarmente evidente nel rondò finale ove la ricerca della poesia avrebbe potuto e dovuto lasciare il posto all’irruenza del brano che è invece mancata e segnatamente nel presto finale.  Ma, come si dice, avercene degli Schiff…!

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4 risposte a "Andras Schiff – 6 Maggio 2014"

  1. Anche io ho studiato lungamente le Diabelli, e non solo al pianoforte. Proprio per questo – ed è successo anche con la splendida fuga dell'Hammerklavier, udita invece a Milano (non ci siamo incrociati per poco!) – ho notato la perdita delle voci interne, che hanno reso di minor consistenza, in alcuni tratti, l'esecuzione. Mantenendo in gioco quasi solamente soprano e basso, nella velocità e nell'impeto sonoro, si può sicuramente riuscire a non farlo sentire troppo (come dici giustamente, la gran parte degli ascoltatori applaude la musica e non l'esecuzione, figurati l'interpretazione).
    Credo che le Diabelli siano un'opera complicatissima, che trova in molti momenti delle vere e proprie isole auree (pensa alla variazione lenta che precede di poco la citazione mozartiana, o le ultime variazioni stesse), e nel complesso l'interpretazione di Schiff mi ha coinvolto poco, non ne ho sentito la stessa unità di stile che ho invece percepito nelle sonate beethoveniane (compresa l'Appassionata).
    Ben venga la diversità d'opinione, che ti prego di segnalare assolutamente – mi fa solo piacere.
    D'altronde spesso la difficoltà è proprio quella di confrontarsi a un certo livello su ciò che si ha la fortuna di sentire, e poterlo fare qui non può che rendermi felice.

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  2. Fermo restando l'apprezzamento comune non concordo con le singole valutazioni. Ma questo,deriva dal fatto che tutti i brani li ho studiati a lungo e quindi ne ho una percezione molto personale. La velocità della fuga delle Diabelli mi è sembra MENO accentuata di quella di altri esecutori. Quanto a Schabel non è dei miei preferiti: lo trovo molto datato e Schiff mi pare di un altro pianeta. Ma ben vengano sensazioni diverse dello stesso concerto: vuole dire che la performance è stata di valore.

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  3. Caro Giovanni,
    intanto è un piacere leggere che qualcuno omaggi in questo modo il grandissimo Maestro Schiff. Sono assolutamente d'accordo con tanto di ciò che hai scritto, anche se la mia percezione del concerto è stata abbastanza diversa.
    Intanto, purtroppo, c'era un fastidiosissimo brusìo di fondo. Certe sale da concerto ricordano più un lazzaretto che un luogo dove ascoltare in religioso silenzio certa musica meravigliosa. Penso che anche tu ne abbia fatto l'abitudine, ahimè.
    Ho trovato l'esecuzione Schubertiana a tratti incerta, non certo brillante come nel CD (che trovo un capolavoro, un mainstay assoluto della discografia mondiale di tutti i tempi), in particolar modo nell'ultimo movimento.
    Certo, è emersa palesemente la differenza con Lupu che – pur eccezionale interprete – mi ha destato notevole perplessità per la scelta di tempi estremamente dimessi e fuori scala (parlando solo di Schubert, e della stessa Sonata).
    Beethoven, rispetto alla versione udita da Schiff nelle Sonate, mi è parso molto più ruvido, a tratti con i fortissimi troppi ricchi di sonorità, e questa – devo dire – è una cosa che da Schiff non mi sarei aspettato e che, invece, avevo già notato anche nell'esecuzione del concerto n. 1 op. 15 di B. che avevo ascoltato 2 giorni prima a Vicenza. Restano eccezionali alcune scelte, come quei rubati nella variazione ispirata a Mozart, eccessiva invece la velocità nella fuga della 32a variazione, tanto che nel finale è stato costretto a tagliare alcune parti interne e mi sembrava quasi in ambasce nel proseguire col brano. Il bello della diretta, si potrebbe dire…
    Quello che tu hai definito come punto debole, l'Appassionata, a me è invece parso il punto più alto, più convincente della serata. In Beethoven il suo tocco adamantino risplende incredibilmente e la sua delicatezza si espande al massimo. Probabilmente il finale non è stato all'altezza, ma – non amando troppo questa sonata – non ci ho nè fatto caso nè ne ho sentito il problema. Credo sia molto una questione di scuola: nelle esecuzioni italiane (hai citato Pollini, ma lo stesso vale per un eccezionale Baglini che ho sentito recentemente) probabilmente c'è più spazio per la passionalità di cui il brano è più propriamente intriso.
    Ciò che invece mi ha riconciliato con lo Schubert già udito da Schiff sono stati invece i due splendidi Improvvisi (3 e 2, se non ricordo male) D. 899 schubertiani.
    Una domanda conclusiva: non trovi che Schiff segua le orme di Schnabel? Che cosa pensi delle esecuzioni di Schnabel?

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