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Nonostante le urla di uno scalmanato “giovine” nella fila dietro la mia che ad ogni uscita della Argerich credeva in una apparizione della madonna di Medjugorje, spellandosi a sangue le mani applaudendo a un ritmo doppio del resto del pubblico non si è trattato di un concerto memorabile, perché molto diseguale nelle sue articolazioni. Eccellente soprattutto il trio finale di Šostakovič per la prestazione della pianista argentina ma anche per quella del violoncellista Jorge Bosso impegnato in una parte tecnicamente impervia. Un risultato perfetto, con uno stile asciutto assolutamente in linea con la poetica del compositore russo Molto buona anche l’esecuzione del poco frequentato quartetto Beethoveniano con l’unica pecca di una prestazione del piano che ha sovrastato il resto dell’ensemble, anche se in parte dovuta alla partitura stessa. Ma è nella parte che ha riguardato i due pianoforti e il brano di De Falla che si sono registrate le maggiori debolezze del concerto. Si inizia con una posizione dei due pianoforti appaiati anziché in posizione reciprocamente frontale quasi si trattasse di brani a quattro mani. Nel primo poi – i sei noiosissimi canoni canoni schumanniani giustamente caduti nel dimenticatoio della storia musicale – l’organizzazione – colpevolmente – dimentica sedie e leggii degli archi utilizzati nel quartetto del compositore di Bonn cosicché i due pianoforti vengono a trovarsi in secondo piano, un errore fortunatamente non ripetuto nel secondo brano a due pianoforti – quello di Debussy. Del pianista Eduardo Hubert si può affermare che è un ottimo compositore, organizzatore e direttore d’orchestra. Nei semplicissimi brani del compositore di Zwickau riesce a inserire alcune “imprecisioni” cosicché alcuni spettatori – fra cui il sottoscritto – hanno ritenuto che la posizione inconsueta dei due piani fosse dovuta al tentativo della Argerich di tenere a balia l’anziano esecutore che ha anche il difetto di dirigere con la mano sinistra quando esegue con quella destra, una vezzo comune a Fazil Say, come nel brano di Debussy nel quale tutta la parte più tecnica è affidata al secondo pianoforte, lasciando al primo – l’Hubert Eduardo – solo il canto. L’organizzazione, non paga dell’errore precedentemente commesso dimenticando sedie e leggii, non sposta il primo pianoforte per il trio cosicché la Argerich è costretta a suonare proprio sullo strumento privo di coperchio. Ma si può?
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Programma:
Ludwig VanBeethoven t Quartetto n.3 in do maggiore W0O 36 per pianoforte e archi
Robert Schumann Sei Studi in forma di canone op.56 (trascrizione per 2 pianoforti di Claude Debussy)
Manuel de Falla Canciones populares españolas (trascrizione di Jorge Bosso)
Claude Debussy Prélude à l’après-midi d’un faune (trascrizione per 2 pianoforti di Claude Debussy)
Dmitrij Šostakovič Trio n.2 in mi minore op.67 per pianoforte e archi
Apology: in some cases (i.e. german) the automatic translation can be totally meaningless.







