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Certamente una delle opere …
. . (e a ragione) più famose dello smisurato repertorio donizettiano che si caratterizza per una varietà di stili, da quello tragico (Lucia) a quello giocoso (l’Elisir). Bene ha fatto il comunale di Bologna a riprenderne la rappresentazione. Cominciamo da quelle che sono normalmente le conclusioni con i voti: cantanti 9, direzione, 6, regia 2. Forse tutto si potrebbe riassumere in questo. Ma veniamo a una disamina più dettagliata.
Nonostante uno scalmanato che ha urlato ripetutamente “vergogna” (forse si riferiva alle ultime uscite di Trump sbagliando contesto) il soprano Jessica Pratt ha fornito una prova maiuscola soprattuttto nella famosa e difficilissma “ardono gli incensi” la cui difficoltà forse a molti non è chiara. Si tratta di un’aria che è cantata, per lo più, senza l’appoggio dell’orchestra se non alcune note del flauto. Mantenere l’intonazione e interpretare è cosa molto, molto complessa. Il soprano Pratt è stata ineccepibile anche nelle altre parti dell’opera se si esclude l’acuto finale del duetto del primo atto che parso un po’ “strillato”. Una nota di assoluto plauso anche al tenore Ayón Rivas, anch’egli chiamato a una prova di grande difficoltà a partire dall’aria finale “tombe degli avi miei“. Insomma un cast di assoluto valore completato da un’ottima prestazione del baritono Lucas Meachem, voce possente e drammatica. Nella norma le altre poche voci.
La direzione di Oren è stata la solita: di buona qualità ma con la costante tendenza a eccedere nelle sonorità coprendo le voci dei contanti. La cosa è risultata particolarmente evidente nelle arie in cui si inseriscono i corni (in questo caso immacolati). Naturalmente l’acustica sgangherata del teatro ci ha messo del suo ma è proprio compito di un direttore avere la sensibilità dell’ambiente, cosa che non è risultata con Oren che forse credeva di dirigere alla scala. Ma una sufficienza la merita comunque. Il disastro si è invece avuto con la regia. Una scena fatta di quinte con un palo (che avrebbe dovuto essere un albero) piantato in mezzo alla scena. Gli scozzesi in maniche di camicia stile dopolavoro in mezzo ai qualii si catapulta in kilt il promesso sposo di Lucia, come personaggio che avesse sbagliato scena. Il coro femminile è vestito in uno stile indefinito, tendenzialmente anni ’30, che dopo le tragiche nozze. si mette a ballare su un tavolo come se si fosse non in Scozia ma in una balera di periferia. Per non parlare delle “mossette” che i coristi debbono fare. Insomma un pieno disastro opportunamente “buhhato” da pubblico che invece ha tributato un meritato plauso ai cantanti e un plauso contenuto al direttore. Uno spettacolo insomma luci ed ombre in una sala con moltissimi posti vuoti.
Direttore Daniel Oren
Regia Jacopo Spirei
SCENE Mauro Tinti
COSTUMI Agnese Rabatti
LUCI Giuseppe Di Iorio
CAST
LORD ENRICO ASHTON Lucas Meachem
LUCIA Jessica Pratt
SIR EDGARDO DI RAVENSWOOD Iván Ayón Rivas
LORD ARTURO BUCKLAW Vincenzo Peroni
RAIMONDO BIDEBEND Marko Mimica
ALISA Miriam Artiaco
NORMANNO Marco Miglietta
Nuova Produzione del Teatro Comunale di Bologna con Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo
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Spettacolo del 25 febbraio. Jessica Pratt superlativa.Concordo in toto per la amorfa e cervellotica regia. Mi chiedo perche’nella scena della pazzia sia stata proiettata sullo sfondo una immagine che mi e’ parsa essere un salasso (?).
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