
ATTENZIONE. D’ORA IN POI PER ACCEDERE A QUESTO BLOG UTILIZZARE SOLO L’INDIRIZZO
HTTPS://KURVENAL.WORDPRESS.COM
Dopo lo sciopero…
. . che ha fatto saltare la “prima” va finalmente in scena Otello nella direzione ormai collaudata di Mynug Whun Chung che forse è la nota più positiva dello spettacolo. Un direzione che ha esaltato l’ordito musciale assecondando da un lato i cantanti ma anche facendo risaltare in pieno tutte le preziosità della partitura. Una grande direzione di un esperto dell’opera che ha dato in questa occasione il meglio di sé.

In un contesto bizantineggiante (un omaggio alla cattedrale di San Marco?) con profusione di colori, lustrini e costumi sontuosi si dipana la tragedia di Otello. La scenografia in qualche modo mi ha anche ricordato la cappella palatina di Palermo. Il palcoscenico si sviluppa su due livelli. Due grandi ante si aprono ai lati su quello rilevato che permettono l’ingresso via via dei protagonisti mentre un velo si alza si abbassa al centro per permettere via via uno sfondo diverso (molto bello quello del cielo stellato) o le scene di massa. In scena i protagonisti sono assediati da ballerini in calzamaglia con lustrini che rappresentano lo stato d’animo dei protagonisti e, nel caso di Otello, fanno pensare a una sorta di Erinni che lo perseguitano portandolo poi alla tragedia finale. Un artificio scenico che non guasta. Ci sono anche due angeli che seguono Desdemona (un omaggio alla sua castità e purezza?) e di cui si poteva fare a meno, anche perché con le loro ali ingombrano inutilmente la scena. In complesso la scenografia risulta quindi un po’ barocca, un po’ sovraccarica cosa che in certi casi distoglie l’interesse dello spettatore dal contesto musicale e in ultima analisi dai protagonisti.
In ossequio alla cultura “woke” il moro di Venezia (ma meglio sarebbe dire di Cipro visto il contesto) non ha il volto scuro ma quello pallido di Francesco Meli. Il suo Otello è tecnicamente impeccabile ma manca di quella profondità drammatica che dovrebbe caratterizzare il personaggio. Gli manca quella caratteristica eroica e tragica che è indispensabile e certamente aveva – storicamente -Mario del Monaco. La cosa si nota soprattutto nell’aria “niun mi tema” risultata priva del pathos tragico del vinto che sarebbe indispensabile. La Desdemona di Karah Son è risultata debole e incerta nel secondo atto ma è salita di livello nel terzo a partire dalla “Canzone del Salice” dando complessivamente una prova convincente nel finale. Una parte difficile che necessita di una maturazione. Fra le voci svetta di gran lunga Luca Micheletti nella parte di Jago, grande presenza scenica, voce possente e tragica che rende perfettamente la malvagità del personaggio. Certamente il mattatore dello spettacolo. Buona professionalità degli altri interpreti a parte il Cassio di Francesco Marsiglia un po’ sbiadito e vocalmente incerto. Un’edizione di Otello nella scia di quelle più tradizionali (me è un difetto di fronte alle terribili impostazioni creative alla Michieletto?). Grande successo di un pubblico che ha gremito la Fenice in tutti gli ordini di posti.
CAST
Otello Francesco Meli
Jago Luca Micheletti
Cassio Francesco Marsiglia
Roderigo Enrico Casari
Lodovico Francesco Milanese
Montano William Corrò
Un araldo Antonio Casagrande
Desdemona Karah Son
Emilia Anna Malavasi
maestro concertatore e direttore Myung-Whun Chung
regia Fabio Ceresa
scene Massimo Checchetto
costumi Claudia Pernigotti
light designer Fabio Barettin
video designer Sergio Metalli
movimenti coreografici Mattia Agatiello
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Alfonso Caiani
Piccoli Cantori Veneziani
maestro del Coro Diana D’Ale
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
PS Sono costretto ancora una volta a segnalare che commenti “anonimi” e non inviati ai “commenti” dei posts sono immediatamente cassati






E’ lò’Otello di Verdi o di Rossini?
A me piace molto l’Otello di Rossini.
"Mi piace""Mi piace"
Verdi
"Mi piace""Mi piace"
Grazie, ciao
"Mi piace""Mi piace"