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Nel panorama sconsolante…
. . della programmazione operistica del comunale bolognese è questa l’unica occasione per non ascoltare il solito, ritrito insieme di opere mille volte replicate. Un double bill con un accostamento difficile da comprendere, se non per sfruttare la prestazione di Danielle De Niese. Ho ancora negli occhi la magnifica esecuzione e scenografia del Dido and Aeneas della Staatsoper di Berlino nel 2012, uno spettacolo assolutamente eccezionale. Purtroppo questa performance non è neppure lontanamente parente a causa di una scenografia povera e – secondo l’intenzione del regista – immaginifica (intendendo che bisogna immaginarla…). Il tutto si risolve in una serie di pannelli che scorrono e alcune esibizioni del corpo di ballo che in nessun modo risolve la problematica dell’opera. Il Dido and Aeneas non è neppura una tipica opera barocca essendo solo una serie di poche arie senza recitativi. Solo una regia di primissima qualità può sopperire alla pochezza musicale ma non è certo il caso della messa in scena bolognese dove la strega è addirittura agghindata con un top a lustrini (una strega come una “mannequin”?) . Buone le voci e soprattutto l’Enea di Franco Salvadori mentre cialba è stata la Didone di Danielle de Niese. Un plauso alla Belinda di Mariam Battistielli. Orchestra a livelli accettabili.
Discorso diverso invece per Die sieben Todsünde. L’opera (se così può chiamarsi tale) è di fatto una sorta di musical di alto livello e bene ha fatto il regista ad accentuarne il carattere. Una riminiscenza di Cabaret in cui non mancano riferimenti a Portiere di Notte con Charlotte Ramplìng. Una scenografia rutilante, piena di costumi scintillanti e con una gestualità delle varie scene perfettamente aderente al significato del testo. Molto bravo il corpo di ballo che ha saputo esprimere con la propria fisicità gli argomenti che via via si sono susseguiti. Uno spettacolo piacevole con la voce in primo piano di Danielle de Niese che in questo caso ha migliorato significativamente la prestazione come Didone. Bene l’orchestra e un notevole successo di un pubblico decisamente folto.
PS Sono costretto ancora una volta a segnalare che commenti “anonimi” e non inviati ai “commenti” dei posts sono immediatamente cassati
(Giovanni Neri 78)
Direttore Marco Angius
Regia Daniele Abbado
Dido and AEneas
DIDONE, REGINA DI CARTAGINE Danielle De Niese
ENEA PRINCIPE TROIANO Francesco Salvadori
BELINDA Mariam Battistelli
SECONDA DONNA Patricia Daniela Fodor
LA MAGA Bruno Taddia
I STREGA Marco Miglietta
II STREGA / MARINAIO Andrea Giovannini
SPIRITO Paola Valentina Molinari
Die sieben Todsünden
ANNA I Danielle De Niese
ANNA II Irene Ferrara
LA FAMIGLIA
Marco Miglietta
Andrea Giovannini
Nicolò Ceriani
Andrea Concetti
A coloro che leggono il blog chiederei cortesemente la registrazione (che non comporta nulla). Così facendo riceveranno un e-mail tutte le volte che un nuovo post è pubblicato.






Ho visto lo spettacolo ieri sera (4 aprile) al Teatro Valli di Reggio Emilia e trovo le sue critiche molto generose.
Io ho trovato l’insieme di una pochezza disarmante.
Anzitutto le due opere non hanno nulla in comune ed il legame individuato dal regista Abbado (“la città mitologica in Didone, la profezia delle città in Brecht-Weill”) è davvero cervellotico.
Alle negatività da Lei espresse sul Dido and Aeneas aggiungo: l’inutile e disturbante inserimento di suoni e rumori tratti da composizioni di musicisti dodecafonici (L. Nono e G. Scelsi); gli insulsi ballerini che si dimenano senza senso per tutto il tempo; l’incomprensibile scelta di fare interpretare la maga e le streghe da uomini.
La rappresentazione è risultata totalmente prova di pathos, tant’è che persino la famosa e struggente aria finale “When I am laid in earth” (non ho le Sue competenze musicali e quindi non riesco a fornire una spiegazione più tecnica) è stata eseguita in modo sciatto e piatto senza lasciare nel pubblico (probabilmente già da tempo dormiente) emozione alcuna.
Per quanto riguarda il Die Sieben Todsunden sì, è sembrato un po’ meglio ma forse solo perché: avevamo sopportato solo pochi minuti prima la tetra, noiosissima Dido; i ballerini avevano costumi variopinti; sul palcoscenico c’era finalmente un po’ di luce; l’opera dura soltanto mezzo’retta.
Il “Balletto con canto” di Weill si presta a ben più ardite ed avvincenti messe in scena.
Resta un mistero di come ci siano voluti gli sforzi di ben tre Fondazioni (Teatro Comunale di Bologna, I Teatri di Reggio Emilia; Haydn di Bolzano e Trento) per realizzare una produzione di così basso valore.
Cordiali saluti
Umberto Cicero
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“Tout se tient ” con un “management” (si fa per dire…) come quello del comunale di Bologna…..
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