
MATISSE
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Come avevo preannunciato ..
.. .(anche se molti useranno il famoso chissenefrega) dopo moltissimi anni non ho rinnovato l’abbonamento alla stagione operistica del teatro comunale. L’unico rimpianto è che perderò la prelazione del posto comodissimo della fila centrale nella quale si possono allungare le gambe. Ma questo non è stato e non poteva essere una sufficente ragione per un rinnovo privo di senso sul piano musicale. La stagione ha segnato ancora una volta uno scadimento progressivo della qualità degli spettacoli che in larga misura è in atto da anni e segnatamente dall’arrivo di un non all’altezza sovrintendente unitamente ad altri organi del teatro (segnatamente il comitato di indirizzo, ectoplasma privo di qualunque membro con un minimo di comprovata cultura musicale) il cui compito è un mistero custodito come il terzo annuncio di Fatima. Il tutto nel totale disinteresse di un sindaco che se va bene assiste solo all’apertura della stagione, totalmente privo di interesse per le sorti culturali del teatro, vista la evidente incompetenza in materia (Merola al confronto era un musicologo raffinato). La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la prevista rappresentazione di due opere wagneriane in forma di concerto, come se opere complesse come quella del grande tedesco (che sarebbe inorridito al solo pensiero) potessero essere compresse in un’esecuzione senza scenografia. Eppure non è possibile che le scene dell’ultimo Ring del comunale (quello bellissimo degli anni ’90) siano sparite ma in quella specie di sventurato makeshift (per chi conosce l’inglese c’è un’assonanza perfetta con un vocabolo qui non pronunciabile) teatro che è il comunale “nouveau” (niente di più provinciale che l’uso di un termine francese, come se non ne avessimo a sufficenza in italiano) probabilmente non erano adattabili. (A Berlino la ristrutturazione della Staatsoper è durata 8 anni ma è stata trasferita al più che onorevole Schiller Theater, senza contare che colà ci sono altri due teatri d’opera di qualità, la Deutsche Oper e la Komische Oper). E allora meglio rinunciare che assistere a un miserevole “vorrei e non posso”. In termini puramente economici ho pensato di devolvere la stessa cifra a quattro spettacoli in poltrona alla Scala che garantisce comunque un’alta qualità (in particolare il wagneriano Rheingold). Sia chiaro: la presenza di opere di “repertorio” è un must in tutti i teatri italiani (e anche europei) ma deve necessariamente essere condito con qualche significativa novità (o ripresa). Cito, per fare un paio di esempi, la bellissima Rusalka alla Scala o La Juive al Regio di Torino. Forse a Bologna assisterò al Dido and Aeneas (sperando di non dovere rimpiangere troppo quello bellissimo della Staatsoper di Berlino) e al Don Giovanno e stop. Purtroppo solo fra tre anni (se va bene…) si tornerà al comunale (quello vero, non la sua copia sbiadita) e allora, nella speranza che sia cambiata la sovrintendenza e quindi la programmazione. forse (se sarò ancora di questo mondo, vista la mia ragguardevole età) tornerò ad abbonarmi al comunale.
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(Giovanni Neri 77)
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Naturalmente l’uso di termini francesi in un contesto in Italiano è un provincialismo. Ma anche l’uso di termini inglesi od in altre lingue è un provincialismo. L’Italiano è una lingua molto ricca, sicuramente più dell’Inglese parlato in Inghilterra ed ancor più dell’Inglese americano. Quando si parla in una lingua bisogna usare sempre quella lingua e non altre. Anche perchè se si parla con un italiano non è detto che costui conosca l’Inglese o il Francese o il Latino. In tutte le lingue vi sono termini intraducibili con un solo termine. Ma si può esprimere lo stesso concetto con un breve giro di parole. A cosa serve quindi usare termini che forse altri non capiscono se non per …
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Quello del francese è solo la ciliegina sulla torta…..
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