
MATISSE
Il teatro comunale di Bologna ..
… è ovviamente in vena di novità ed ecco un titolo quasi sconosciuto…. Dissertare su Tosca sarebbe al limite del ridicolo viste le tonnallate di carta che sono state scritte in materia. Una storia “noir” di amore e morte nell’ambito della truce restaurazione successiva alla caduta della repubblica romana. Un’opera che mette in luce le doti canore della protagonista (ricordiamo solo a titolo di esempio Raina Kavaibanska) e che richiede grandi mezzi vocali ma anche significative capacità teatrali per non dare luogo a una rappresentazione “grandguignolesca” nella quale la tragedia scade nel ridicolo. Grandi capacità vocali sono richieste anche ai due protagonisti maschili Cavaradossi e Scarpia.

Il primo atto si apre sulla scena di un interno di chiesa semidistrutta nel quale domina un braccio e una mano gigantesca che impugna un bastone il cui significato è assolutamente oscuro (e oggetto di supposizioni varie durante i due intervali) e che si ritrova in tutte le tre scene dell’opera. Un’altra mano gigantesca in posizione verticale è anche ripetuta in altri momenti mentre impugna un cilindro anche questo di significato incerto. A giudizio di chi scrive queste mani non hanno alcun significato simbolico ma sono solo elementi scenici, forse inseriti volontariamente dallo scenografo per solleticare la curiosità degli spettatori. Tutta la scenografia è comunque di impostazione tradizionale a partire dal grande tavolo al centro della scena dal quale Scarpia si versa il vino di Spagna. L’intero secondo atto è di impostazione molto realistica con Scarpia che addirittura cerca di slacciarsi la veste nella scena dello stupro finito in assassinio. Ma nel complesso la regia è di buona qualità anche nel ripetere nella scena finale l’uso dei due portali del primo atto (magari per risparmiare un po’…) per simboleggiare Castel S.Angelo da cui si getta Tosca dopo la fucilazione di Mario.
Fra gli interpreti certamente in primo piano lo Scarpia di Erwin Schrott, voce potente e drammatica seppure con qualche problema di dizione. Ma grande presenza scenica che non ha fatto rimpiangere la temporanea indisposizione di Claudio Sgura (che sarà comunque presente nelle repliche). Di Maria José Siri (beniamina del pubblico bolognese) va sottolineata la duttilità con cui ha reso il personaggio anche se negli acuti più drammatici ha mostrato qualche incertezza e ruvidezza. Una prova comunque di grande spessore anche se a confronto con alcune icone (ad esempio la Callas) la sua prestazione è certamente di minore valore. Quanto a Roberto Aronica nella parte di Cavaradossi, dopo le prime drammatiche dieci battute iniziali del primo atto, ha avuto una crescita costante offrendo una performance più che professionale anche se non di eccezionale qualità. Nell’ambito vocale di grande e ridicolo provincialismo la ripetizione (chiaramente programmata e non realmente invocata da una clacque presente ma un po’ meno rumorosa del solito) delle due arie Vissi d’arte e E lucean le stelle. A memoria di chi scrive si era verificata sola un volta una ripetizione negli anni ’80 da parte di Pavarotti della furtiva lacrima. Ma a furor di popolo non programmata!!

La direzione di Oren è stata oggetto di qualche discussione nel foyer, imputandogli una impostazione troppo “accelerata” che non ha lasciato sufficiente spazio ai cantanti. Non è l’opinione di chi scrive che invece ha apprezzato l’impronta “veristica” data all’esecuzione dell’orchestra che ha nuovamente dato buona prova di sé, dopo quella dell’anteprima nella Walküre. Un folto pubblico ha lungamente applaudito l’opera riservando i maggiori applausi a Schrott seguiti da quelli per Siri e un po’ meno per Aronica. Una giusta valutazione dei valori in gioco. Un meritato successo nel complesso, comunque.
PS Ma qualche titolo meno conosciuto mai?. Ad esempio Les pêcheurs de perles di Bizet o Les troyens di Gounod o un’opera barocca? Oppure si deve credere che il management del teatro ritenga il pubblico bolognese così ignorante da non accettare se non la ventina di titoli “di repertorio”? Ma se c’è ignoranza in realtà dove risiede di fatto?
Ho ricevuto un commento da uno spettatore che per comprensibili motivi vuole rimanere anonimo. Non avendo io la possibilità di inserire commenti (wordpress non lo ammette) lo riporto qui integralmente. ” In tempi così difficili per lo spettacolo dal vivo non possiamo non salutare con piacere la presenza di un pubblico numeroso e festante. Qualche annotazione sulla scia della recensione. Erwin Schrott : una Voce senza dubbio, ha tutte le qualità per diventare un gran Scarpia. Due nei nella esecuzione : una dizione rivedibile (Puccini necessita di un parlato, di uno stile discorsivo che deve essere comprensibile) e un maggior approfondimento del personaggio che ha delle sue sottigliezze. José Maria Siri: professionista su questo non si discute. Raramente ho sentito una lama (un do) nel terzo atto così luminosa veramente come il metallo della lama cosa che forse il compositore aveva in mente. Gli acuti sono la cosa migliore e anche un certo fraseggio nella zona del soprano lirico. Mancava il cambio di passo, che in Tosca c’è, nelle frasi drammatiche parlate con voce sonora, con qualche suono di petto o con qualche cambio di colore. Aronica: dopo le ultime sue prove saluto la sua performance con piacere perché è un tenore ritrovato, una ricchezza per il mondo dell’opera. Ha fraseggiato molte bene, non ha forzato nessuno suono, oltre ad essere dimagrito e essere diventato un Cavaradossi credibile. Ho apprezzato molto le mezze voci che non sono così frequenti oggigiorno nei tenori in questo repertorio. Oren: mi ricordavo che fosse un ottimo direttore pucciniano, l’altra sera non l’ho ritrovato. Sono d’accordissimo sulla annotazione del recensore relativamente al braccio con la mano (ho pensato che potesse trattarsi di un riferimento al duetto del terzo atto che inizia con la frase di Cavaradossi “O dolci mani” a significare che nelle mani di Tosca sono tutte le vicende dell’opera, mah?) e sulla critica in merito alla scelta del titolo (non ne sentivamo proprio il bisogno: basta leggere l’elenco nei libretti ritornati-finalmente!- delle esecuzioni a Bologna negli ultimi vent’anni!)
Ai commenti l’estensore del post ha la possibilità di rispondere. “Non posso che ringraziare chi ha steso il commento sia per l’evidente competenza sia per il fatto che voci discordanti sono il sale di Kurvenal. Nulla è più noioso che i dibattiti unanimistici. Poi, naturalmente, pur prendendo atto delle critiche ricevute, rimango delle mie idee. Ma grazie ancora per essere un mio lettore/lettrice e spero di avere occasione di ricevere altri commenti come quello in questione”.
Direzione
CAST
FLORIA TOSCA Maria José Siri
MARIO CAVARADOSSI Roberto Aronica
BARONE SCARPIA Erwin Schrott
CESARE ANGELOTTI Christian Barone
IL SAGRESTANO Nicolò Ceriani
SPOLETTA Bruno Lazzaretti
SCIARRONE Tong Liu
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The comunale theater of Bologna is obviously in the mood for news and here is an almost unknown title …. To talk about Tosca would be bordering on the ridiculous edge given the quantity of papers that have been written on the subject. A “noir” story of love and death in the context of the restoration following the fall of the Romana Republic. A work that highlights the singing skills of the protagonists (we remember only for example Raina Kavaibanska) and that requires great vocal means but also significant theatrical skills in order not to give rise to a “grandguignol” representation in which the tragedy becomes ridiculous. Great vocal skills are also required of the two male protagonists Cavaradossi and Scarpia. The first act opens on the scene of a half-destroyed church interior in which dominates an arm and a gigantic hand holding a stick whose meaning is absolutely obscure (and the subject of various assumptions during the two intervals) and which is found in all three scenes of the work. Another gigantic hand in an upright position is also repeated elsewhere while holding a cylinder also of uncertain significance. In the opinion of the writer, these hands have no symbolic meaning but are only scenic elements, perhaps voluntarily inserted by the set designer to tickle the curiosity of the spectators. The whole scenography is however of traditional setting starting from the large table at the center of the scene from which Scarpia pours the wine of Spain. The entire second act is very realistic with Scarpia even trying to unfasten his robe in the scene of the rape that ends in murder. But overall the regisseur approach is of good quality also in repeating in the final scene the use of the two portals of the first act (perhaps to save a little … ) to symbolize Castel S.Angelo where Tosca throws himself from after the shooting of Mario. Among the interpreters certainly in the foreground the Scarpia by Erwin Schrott, a powerful and dramatic voice albeit with some diction problems. But great stage presence that hasn’t made to regret the temporary indisposition of Claudio Sgura (who will still be present in the replicas). Of Maria José Siri (darling of the Bologna public) should be emphasized the ductility with which she made the character although in the most dramatic trebles she showed some uncertainty and roughness. A performance, however, of great value albeit in comparison with some icons (for example the Callas) it is certainly of less value. As for Roberto Aronica in the role of Cavaradossi, after the first dramatic ten initial bars of the first act, he had a constant growth offering a more than professional performance even if not of exceptional quality. Of great and ridiculous provincialism the repetition (clearly programmed and not really invoked by a clacque present but a little less noisy than usual) of the two arias Vissi d’arte and E lucean le stelle. To my memory there had only once been a repetition in the 80s by Pavarotti of the furtiva lacrima but upon request of the spectators. Oren’s direction was the subject of some discussion in the foyer, attributing to him a too “accelerated” approach that did not leave enough space for the singers. It is not the opinion of the writer who instead appreciated the “veristic” approach given to the performance of the orchestra that has once again has given good proof of itself, after that of the preview in the Walküre. A large audience applauded the opera for a long time, reserving the greatest applause for Schrott followed by those for Siri and a little less for Aronica. A fair assessment of the values at stake. A well-deserved success overall, however.
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LA TOSCA DEL COMUNALE:UNA ULTERIORE PROVA DI COME UN CAPOLAVORO POSSA SFIORARE LA BANALITA’ NELL’ ECCESSO DI RAPPRESENTAZIONI NEGLI ANNI.BEN CANTATA, BEN SUONATA. REGIA ELEGANTE COME I COSTUMI. CRIPTICA NEL MOSTRARE AVAMBRACCIO E MANO ( FORSE SIMBOLI, DI COSA ? ). ASPETTIAMO FIDUCIOSI L’ARIADNE AUF NAXOS , QUANDO IL TEATRO SARA’ MENO AFFOLLATO, TEMO.
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