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Rivaleggiando con Wagner quanto a lunghezza (4 ore e mezza con 2 intervalli da 25 minuti l’uno) l’opera di Händel si classifica come una delle più belle del periodo barocco se naturalmente si prescinde dall’inconsistenza del libretto. Belle arie, presenza nel finale di duetti (naturalmente nello stile responsoriale del barocco) e bei brani di sola formazione orchestrale. Ma quello che certamente è da applaudire senza riserva in questa edizione sono la regia e la scenografia. Il trasporto dell’opera nell’ultimo periodo dell’impero ottomano (con Tamerlano vestito come Stalin) non toglie nulla all’impianto e risulta perfettamente aderente al contenuto del libretto. Siamo ben lontani da quelle forzature che le regie “creative” così spesso ci infliggono: qui tutto torna e lo spettacolo è assolutamente godibile. Il tutto corroborato da scene ricche di particolari e di grande inventiva, come nel primo atto che si svolge davanti e dentro una carrozza ferroviaria “fin de siècle” (diciannovesimo..). Niente minimalismi ma ampie scene in cui la macchina teatrale offre il meglio che l’inventiva e la tecnologia possano offrire. Un plauso alla piccola orchestra che viene sottoposta a un vero “tour de force”, diretta con energia da Diego Fasolis. In scena il vecchio leone Domingo nel ruolo di Bajazet, l’imperatore ottomano sconfitto dai tartari guidati da Tamerlano, che offre una prova di come gli anni non incidano sui grandi artisti. Tutta la compagine vocale è degna di plauso in una performance che mette a dura prova l’ “agilità” dei cantanti. Sopra tutti l’Andronico di Franco Fagioli e da sottolineare l’esecuzione di Marianne Crebassa nella parte non primaria di Irene. Purtroppo va segnalata una grave pecca organizzativa della Scala: fare iniziare un opera di questa lunghezza alle 8 di sera vuol dire farla finire alle 24.30, quando la metropolitana ha terminato le sue corse e i taxi – nella settimana della moda – sono un miraggio. All’estero le opere terminano sempre in modo che gli spettatori possano fruire dei mezzi pubblici per ritornare a casa. Il Tamerlano avrebbe dovuto iniziare al massimo alle 19: per il motivo succitato il terzo atto ha visto la defezione di molti spettatori e fa specie che la sensibilità in fatto di orari non faccia parte del bagaglio culturale del sovrintendete, che fra l’altro proviene da un paese dove il rispetto degli orari è un must. Speriamo che un errore di questa portata non si ripeta.
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| Conductor |
Diego Fasolis |
| Staging |
Davide Livermore |
| Sets |
Davide Livermore and Giò Forma |
| Costumes |
Mariana Fracasso |
| Lighting Designer |
Antonio Castro |
| Video |
Videomakers d-Wok |
| Tamerlano |
Bejun Mehta |
| Bajazet |
Plácido Domingo (12, 19, 22, 25, 27 sett.) |
| Asteria |
Maria Grazia Schiavo |
| Andronico |
Franco Fagioli |
| Irene |
Marianne Crebassa |
| Leone |
Christian Senn |
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