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Parliamoci chiaro: se qualcuno ritiene che quanto sta per leggere sia eccessivo chieda di riascoltare la registrazione (che è stata effettuata) per convincersi. Si comincia con una sonata di Mozart: una esecuzione tecnicamente pulita ma tutta troppo forte, senza mai un mezzo tono. Tessitura sempre fra f e mf. Mi chiedo se la colpa sia della sala la cui acustica è francamente molto discutibile o del piano con il coperchio aperto che produce sonorità eccessive. Scopro più avanti nel concerto che invece i “piani” (i pochi eseguiti”) sono possibili. Oops… Si passa alla sonata op. 110 di Beethoven, certamente il brano più significativo del concerto per giudicare l’interprete. Si tratta della sonata con le minori difficoltà tecniche fra quelle del cosiddetto “ultimo periodo” ovvero quello che va dall’opera 101 all’opera 111. Qui semplicemente non credo alle mie orecchie: incredibili errori anche in parti assolutamente tecnicamente elementari in tutti i tre tempi. Addirittura nella fuga uno strafalcione gigantesco obbliga l’esecutrice a farfugliare qualche nota per cercare di mantenere la continuità dell’esecuzione senza ovviamente potere nascondere quanto successo. Dal punto di vista musicale un disastro: poca interpretazione, tutto eseguito in modo piano, scialbo mf e addirittura la fuga viene eseguita con un tempo iniziale lentissimo (che solo un grandissimo interprete potrebbe sostenere) salvo poi avventarsi al termine del brano con un eccesso di velocità e di suono assolutamente fuori stile. Semplicemente incredibile. Dopo l’intervallo vengono eseguiti i Drei Fantasiestücke op. 111 di Schumann, tre brani pochissimo frequentati e oggettivamente musicalmente deboli che riflettono la stato di salute mentale del compositore tedesco ormai non più padrone di sé stesso. Il primo viene affrontato in modo eccessivamente violento e gli altri due (più intimistici) senza lode e senza infamia. Segue il notturno di Chopin (dove finalmente scopro che è possibile suonare piano) anche qui senza particolari elementi positivi, per terminare con un brano da archeologia musicale, una parafrasi di Martucci della “Forza del destino” di Verdi. Martucci non è Liszt e la sua parafrasi è noiosa e pedissequa e meritevole di essere riposta rapidamente nel dimenticatoio della storia musicale. Esecuzione tecnicamente corretta: di più non si può dire (anche per colpa della partitura). Successo modesto da parte del pubblico “premiato” con una mazurka di Chopin che riflette ancora una volta le scarse qualità musicali dell’interprete: riesce ad “andarci giù pesante” anche in un brano che meriterebbe ben altro approccio.
Programma
W. A. Mozart Sonata K. 576
L.V. Beethoven Sonata op. 110
R. Schumann Drei Fantasiestücke op. 111
F. Chopin Notturno op. 27 n. 2
G. Martucci La forza del destino
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Egregio Giovanni ,lei non ci credera’ ma ieri sera ascoltando questo concerto speravo fortemente che non fosse in sala ,magari in altre faccende affaccendato .Ma c’era e la recensione e’onesta non si puo’ dire altrimenti .Vorrei aggiungere solo alcune piccole cose ; l’acustica non aiuta il pianista che paradossalmente dovrebbe ascoltarsi da “spettatore ” mentre suona .La parete di fondo della sala riverbera tanto il suono che chi siede nelle prime file ,come il sottoscritto ,ne e’ quasi infastidito e il resto della sala non aiuta .Un pianoforte a coda con il coperchio abbassato a meta’ sarebbe meno spettacolare ma potrebbe giovare .La Matsumoto ,giovane ,vent’anni ,mi sembra dotata di buona tecnica che ha esibito nella parafrasi di Martucci e di spiccata predilizione per il repertorio romantico .Su Beethoven ,aldilà delle amnesie imperdonabili, e Mozart dovrebbe sicuramente tornare a Settembre accompagnata dai genitori ,preceduta da una ventennale meditazione sugli autori .
Se son rose …fioriranno.
Buona Domenica
Massimo
P.s. Martucci sara’noioso ma vorrei ascoltarlo piu’spesso ,per curiosita’.
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Ho pubblicatoil Suo commento facendo una eccezione perchè pubblico solo commenti firmati con nome, cognome e e-mail. La ragione può certamente esserLe chiara
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