
Da molti anni mi ero rifiutato di assistere a spettacoli della Komische Oper (uno dei tre teatri d’opera di Berlino) dopo avere visto un Don Giovanni vergognoso e grossolano, tutto in chiave più che esplicitamente sessuale, rappresentato in lingua tedesca (!) e piagato da una massa di studenti rumorosi per niente interessata all’opera, talché sono uscito dopo il primo atto. Avevo scritto una lettera di vibrata protesta al direttore artistico senza ricevere risposta, il che dimostra che i maleducati albergano ovunque. Dopo alcuni anni di decantazione ho deciso di riprovare con questo Rigoletto, quantomeno cantato in italiano e con il teatro diretto da diversa persona che nell’ultimo anno ha ricevuto unanimi consensi. In effetti la musica (!) è cambiata. In una scena spoglia nella quale oltre ai protagonisti si trova solo una cassa che via via nelle sue varie posizioni fa da casa a Gilda, da alcova, da cassa da morto, e un orologio a forma di nano che scandisce le mezzenotti si muovono i personaggi contornati via via da maschere grottesche che assumono le forme dei pagliacci, delle scimmie, di ragazzotti strafottenti etc. insomma una tipica situazione da “nani (ce n’è uno vero in scena) e ballerine”. Una visione grottesca della storia (in accordo peraltro con un libretto risibile) che trova però una sua accettabile cifra interpretativa proponendo uno spettacolo tutto considerato abbastanza godibile, non fosse che da un punto puramente folkloristico, anche se non sono mancate alcune cadute di gusto tipiche della Komische Oper con nudi e violenze esplicite del tutto innecessari. Un’ottima Gilda (Nicole Chevalier) che ha brillato soprattutto nel primo atto nella sua aria solistica (e presentata poi alla fine con una vistosa pancia da donna incinta, miracolo della medicina per una violenza che si svolge nel giro di un giorno!) e ottimo anche Rigoletto (Alejandro Marco-Buhrmester), anche se è mancata la parte più mefistofelica del personaggio. Passabile il duca di Mantova (Rafael Rojas) mentre assolutamente inadatto è stato Sparafucile (Alexey Antonov) che nel necessario registro basso è risultato sostanzialmente afono. Senza lode e senza infamia la direzione dell’ignoto Henrik Nánási.
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Al solito una vivace e simpatica recensione …..
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