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Tosca – 20 Febbraio 2014

Ambientata nell’ambito dei complessi avvenimenti del 1800 (il riferimento alla battaglia di Marengo è preciso nell’opera) e nell’ambiente repressivo romano – esplicitamente espresso da Scarpia  che considera i Volterriani come i nemici principali dello stato – immediatamente successivo alla caduta della prima repubblica, Tosca è una delle quattro opere maggiormente rappresentate del compositore di lucchese.  Una storia a fosche tinte nella quale torreggia nella sua perfidia il barone Scarpia, dissoluto plenipotenziario e legibus solutus, teso unicamente a soddisfare il proprio piacere. La messa in scena bolognese ha tutti i connotati di una impostazione assolutamente tradizionale nei ricchi costumi e nelle scene (con tanto di tavola finemente apparecchiata del secondo atto) nella quale campeggiano, nei tre atti, tre sculture consone allo svolgimento del dramma. Appare soltanto stonato il gigantesco quadro (o l’affresco) black and white dipinto da Cavaradossi nel primo atto, sul quale il cavaliere cammina impunemente, incurante dei danni arrecati all’opera d’arte.  Globalmente l’opera è di buona qualità diretta dal giovane Jader Bignamini e con un cast adeguato seppure non eccezionale. Eccellente l’interpretazione di Scarpia da parte del baritorno Raymond Aceto e buona la performance di Tosca (Ainhoa Arteta) che trova nei mezzi toni la migliore espressione vocale (ad esempio nella famosa aria vissi d’arte) mentre più carente è nel registro acuto (soprattutto drammatico) nel quale la voce si esprime in modo più stridulo. Inadeguato il tenore Stefano Secco con grossi problemi di intonazione (si veda in proposito l’attacco di recondite armonie). Una menzione onorevole al baritono Alessandro Busi che ha reso in modo pressoché perfetto la piccola ma preziosa parte del sagrestano. Un buon successo di pubblico (nel quale non mancava però una “claque” fin troppo manifesta) che ha di molto sopravanzato i pochi buuh provenienti dal loggione.

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