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La Scala si dimostra sempre
. .il teatro operistico di eccellenza in Italia (senza volere togliere nulla agli altri ma è una questione di risultati). Mettere in scena questa opera giovanile (e travagliata per colpa di Stalin) di Šostakovič alla prima della Scala (l’evento operistico per eccellenza nel nostro paese) dimostra una grande apertura e anche un coraggio che manca altrove. Dico coraggio perché una performance anche un minimo sotto il livello di assoluta eccellenza avrebbe potuto scatenare le proteste dei sovranisti musicali per i quali solo Verdi e Puccini sono degni della Scala. Fortunatamente lo spettacolo è stato un grande e meritato successo sia dal punto di vista musicale che da quello scenico.
Personalmente ho trovato solo discutibile, pur in un contesto di violenza e di omicidio, una troppo realistica rappresentazione degli atti sessuli che sono sempre, a mio giudizio, più incisivi se allusivi. Ma l’impianto registico è di grande livello soprattutto con gli interrogatori dei protagonisti in primo piano con la vicenda in una sorta di flashback giocato su più piani (quello più privato e quello “ufficiale”). Lady Macbeth non è un’opera facile da mettere in scena con una moltitudine di soggetti che sostengono piccole parti e poi scompaiono. Ma il meccanismo teatrale funziona perfettamente e riesce a trasmettere il dramma di una donna trascurata e vilipesa che trova nella passione una sorta di riscatto da un ambiente che la opprime anche se la porterà al dramma finale.
Musicalmente l’opera è stata un trionfo a partire dalla direzione di Chailly che riesce a fare emergere dal suono tutto il pathos del dramma umano. Chailly è una sorta di vino d’annata che con il tempo migliora sempre la sua direzione. Superlativa, assolutamente superlativa Sara Jakubiak nelle parte della protagonista che trova in ogni contesto l’accento giusto anche quando il tracciato musicale si fa impervio. Una soprano perfetta per la parte resa con tutti gli accenti sentimentali della passione scatenata da una sorta di amore ancillare.
Quasi allo stesso livello Alexander Roslavets nella parte del suocero volgare e maschilista, dotato anche di una presenza scenica perfetta nel suo ruolo odioso, mentre un po’ meno incisivo è risultato Yevgeny Akimov nella parte del marito tradito. La sua è però una parte ridotta che non permette d valutare appieno le sue doti canore. Molto buona anche la prestazione di Najmiddin Mavlyanov come Sergej, forse non dotato della stessa carica drammatica della protagonista (tutto il tempo è in canottiera e pantaloni corti). Di alto livello anche tutti gli altri artisti del cast. Alla fine un successo trionfale, che smentisce che il pubblico scaligero (anche se in parte non meneghino) sia conservatore e solo tradizionalista. Come sempre (anche se in certi teatri come Bologna la lezione non è stata imparata) uno spettacolo di alto livello, anche se in una lingua ignota e con un tessuto musicale impervio, ottiene il dovuto successo. E’ la qualità che conta e non è necessario sempre riscuotere un facile applauso con opere di “repertorio”: la Lady Macbeth della Scala ne è una prova provata.
| Direttore | RICCARDO CHAILLY |
|---|---|
| Regia | VASILY BARKHATOV |
| Scene | ZINOVY MARGOLIN |
| Costumi | OLGA SHAISHMELASHVILI |
| Luci | ALEXANDER SIVAEV |
Cast
| Boris Timofeevič Izmailov | Alexander Roslavets |
| Zinovij Borisovič Izmailov | Yevgeny Akimov |
| Katerina L’vovna Izmajlova | Sara Jakubiak |
| Sergej | Najmiddin Mavlyanov |
| Un contadino cencioso | Alexander Kravets |
| Un operaio del mulino | Chao Liu |
| Un prete | Valery Gilmanov |
| Un guardiano | Jirí Rajniš |
| Un caporeparto | Ivan Shcherbatykh |
| Un sergente di polizia | Oleg Budaratskiy |
| Un ospite ubriaco | Massimiliano Difino |
| Aksin’ja | Ekaterina Sannikova |
| Un vecchio forzato | Goderdzi Janelidze |
| Sonetka | Elena Maximova |
| Una forzata | Laura Lolita Perešivana |
| Un sergente | Xhieldo Hyseni |
| Un poliziotto | Huanhong Li |
| Una guardia | Chao Liu |
| Fantasma di Boris Timofeevič | Coro |
| Un insegnante | Vasyl Solodkyy |
| Un cocchiere | Haiyang Guo |
| Primo lavorante | Antonio Murgo |
| Secondo lavorante | Joon Ho Pak |
| Terzo lavorante | Flavio D’ambra |
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La Scala continues to prove itself the opera house par excellence in Italy (without wishing to detract from the others, but it is a question of results). Staging this early work by Shostakovich (which was troubled due to Stalin) at La Scala’s opening night (the opera event par excellence in our country) demonstrates great openness and courage that is lacking elsewhere. I say courage because even a performance slightly below the level of absolute excellence could have sparked protests from musical sovereignists for whom only Verdi and Puccini are worthy of La Scala. Fortunately, the show was a great and well-deserved success from both a musical and theatrical point of view. Personally I found only one aspect questionable, albeit in a context of violence and murder: the overly realistic representation of sexual acts, which, in my opinion, are always more incisive when allusive. However, the staging is of the highest standard, especially with the questioning of the protagonists in the foreground and the story in a sort of flashback played out on several levels (the more private and the ‘official’ ones). Lady Macbeth is not an easy work to stage, with a multitude of characters who play small parts and then disappear. But the theatrical mechanism works perfectly and manages to convey the drama of a neglected and vilified woman who finds in a passion a sort of redemption from an environment that oppresses her, even if it will lead her to the final tragedy. Musically, the opera was a triumph, starting with Chailly’s conducting, which managed to extract all the pathos of the human drama. Chailly is like a vintage wine that improves with age. Sara Jakubiak was superlative, absolutely superlative in the title role, finding the right accent in every context, even when the musical line became verydifficult. She is the perfect soprano for the part, rendering all the sentimental accents of passion unleashed by a sort of ancillary love. Alexander Roslavets was almost on the same level in the role of the vulgar and sexist father-in-law, also endowed with perfect stage presence in his hateful role, while Yevgeny Akimov was a little less incisive in the role of the betrayed husband. However, his part is a small one that does not allow his singing skills to be fully appreciated. Najmiddin Mavlyanov’s performance as Sergei was also very good, although perhaps lacking the same dramatic temper as the protagonist (he is in a vest and shorts the whole time). All the other artists in the cast were also of a high standard. In the end, it was a triumphant success, disproving the notion that La Scala audiences (even if not all from Milan) are conservative and traditionalist. As always (although in certain theaters such as Bologna the lesson has not been learned), a high-level performance, even if in an unknown language and with a difficult music, achieves the success it deserves. It is the quality that counts, and it is not always necessary to win easy applause with ‘repertoire’ works: La Scala’s Lady Macbeth is the proof of this.
Translated with DeepL.com (free version)
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