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Prologo…
Gentile Signora Wagner
dopo alcuni anni ho nuovamente assistito a uno spettacolo alla Festspielhaus, il Tannhäuser. Non è mia intenzione discutere qui l’opera e la sua messa in scena bensì proporle alcune considerazioni generali. Il teatro, dai tempi di Richard Wagner ha subito molte trasformazioni per adeguarlo allo spirito dei tempi. Solo per citarne alcune: modifiche alla struttura, cambiamento delle luci, proiezione di filmati etc. Anche intorno all’edificio ci sono stati molti cambiamenti: non più signore in lungo, frack e smoking ma una serie di stands da kermesse di paese con bratwurste, fiumi di birra etc. Ammodernamento, che piaccia o no. Non si capisce quindi perché in tutte queste trasformazioni non si sia pensato anche al benessere degli spettatori. Le “poltrone”, se cosí si possono chiamare, sono una tortura, con lo schienale che si conficca dolorosamente nella schiena tant’è che nel guardaroba sono resi disponibili dei cuscini che alleviano, solo in parte, la tortura. La strettezza dei posti e l’assenza dei braccioli portano a sgradevoli contatti con i vicini. Cambiare (in meglio) le poltrone sarebbe un sacrilegio? E vengo al secondo punto. In tutti i teatri del mondo sono resi disponibili i sopratitoli per evitare al pubblico, anche tedesco, di non capire il testo di quanto cantato, così importante nell’opera wagneriana, come sottolineato ripetutamente dal suo bisnonno Richard. Assistere a un’opera senza potere capirne il testo ricorda quanto accadeva prima del concilio Vaticano II dove i fedeli assistevano alla messa in latino senza capire quanto pronunciato dal sacerdote. Possibile che solo a Bayreuth e proprio a Bayreuth succeda? O è un maldestro tentativo di nascondere allo spettatore la discrasia fra il testo cantato e una scenografia spesso lontanissima dal dettato del compositore? Forse in questa ottica andrebbe ricordato che il successo della Festspielhaus non è più quello di una volta e i biglietti non vanno più a ruba: chiedersi il perché sarebbe saggio. Gentile Signora, tutti desiderano essere ricordati per quanto hanno fatto nel corso della propria vita: vuole essere ricordata soprattutto per le omissioni e non per i successi? Un affezionato wagneriano
G.Neri
Recensione
Per interpretare questa regia di Tobias Kratzer del Tannhäuser bisogna dimenticare le parole “sacralità” e “mito”. Qui la regia trasporta tutta la vicenda su un piano terreno dove l’azione si dimentica in buona misura del testo wagneriano e svolge una narrazione che solo lontanamente si richiama alla vicenda premiamdo invece le acrobazie registiche nelle quali Kratzer è maestro. Solo in questa ottica si può godere di uno spettacolo che dissacra la trama dell’opera e la trasforma in un’occasione di godimento visivo e sensoriale. Così l’incipit ci mostra una Venere che guida scatenata un furgoncino con il quale, insieme al nano del tamburo di latta e una drag queen, vampira benzina scappando, ruba un hamburger e stende un poliziotto che tenta di fermarla. Tannhäuser al suo fianco ha il volto dipinto come quello di un clown, forse per indicare che la sua spiritualità è del tutto svanita. Il Venusberg è rappresentato dalla casupola di marzapane di Hänsel e Gretel. Il nano del tamburo di latta e la drag queen si accompagnano in tutta la vicenda a Venere (che riscuote tutta la simpatia del pubblico). La tenzone canora. I tre strampalati compagni si avvicinano al luogo della contesa, che – guarda caso- è la Festspielhaus guardata a vista da arcigni guardiani. Con una scala raggiungono il balcone e poi si dividono brandendo comunque un cartello che inneggia alla libertà di pensiero e di azione. Su uno schermo viene proiettato intanto il retroproscenio e la sala della regia. Venere sopraffa una delle coriste che assistono alla tenzone mentre si reca al bagno si impossessa della sua parrucca e del suo vestito e rientra al suo posto nella sala della contesa. Seguono alcune gustose e divertenti scene nelle quali Venere si comporta come una fan calcistica di Tannhâuser fino a invadere con i suoi compagni, dopo la prestazione dissacrante e provocatoria, la tribuna della tenzone per festeggiare il proprio campione. Venus verso Elisabeth due a zero. Il terzo atto si svolge in una periferia dissestata dove campeggia un cartellone che inneggia alla drag queen e con il furgoncino del primo atto in rovina da cui esce il nano. Wolfram – finalmente! – possiede Elisabeth platealmente nel furgoncino. Arriva il non perdonato Tannhâuser che non trova la via verso il Venusberg nonostante la presenza di una Venere che si arrampica sul cartellone. Elisabeth nel frattempo si è suicidata nel furgoncino e il suo corpo viene estratto dai due e adagiato in grembo al redento Tannhäuser in una posa che ricorda la pietà di Michelangelo. Salvezza attraverso il sacrificio di una donna come nel Fliegende Hollander. Sipario. Nella rappresentazione cui ho assistito applausi scroscianti e nessuna contestazione da un pubblico che gremiva la sala fino all’ultimo posto. Così é se vi pare. In un contesto come questo risulta difficile una disamina dell’aspetto musicale. Eccellente la direzione di Nathalie Stutzmann che nonostante la scenografia non l’abbia aiutata ha saputo rendere con eccezionale maestria tutto l’ordito dell’opera. Ottime le voci di Tannhäuser Klaus Florian Vogt e di Wolfram von Eschenbach Markus Eiche. E un plauso particolare anche per la presenza scenica alla Venus di Ekaterina Gubanova, Molto meno brillante la Elisabeth Elisabeth Teige che non ha saputo rendere il travaglio della protagonista. Nella norma tutti gli altri cantanti.



Cast
Regista Tobias Kratzer
Direttore Nathalie Stutzmann
Tannhäuser Klaus Florian Vogt
Elisabeth Elisabeth Teige
Venus Ekaterina Gubanova
Wolfram von Eschenbach Markus Eiche
Landgraf Hermann Günther Groissböck
Biterolf Olafur Sigurdarson
Reinmar von Zweter Jens-Erik Aasbø
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Gentile Professore , chiunque avesse disapprovato la messa in scena sarebbe stato tacciato di omofobia, transfobia e …fascismo. anzi, dato il luogo, nazismo.
Quindi, si questi tempi, meglio astenersi.
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Mi associo pienamente alla lettera per la signora Wagner,ma
dubito ne tenga alcun conto.Del resto dovremmo anche suggerirle
di non proporre ulteriormente sventurate regie, che snaturano l’Opera di Wagner.Due anni fa ho assistito al peggiore Gotterdammerung che potessi mai immaginare con la regia di tale Valentin Schwartz.sono rimasto afono per esprimere il mio disappunto ( insieme alla maggioranza del pubblico).
Quest’anno Parsifal e Tannhauser
mi hanno lasciato silenzioso e ho applaudito solo la
interpretazione musicale cosi come del nuovo Tristan und Isolde… spostato in un magazzino o… era la stiva di una nave?)
Occorre decriptare le intenzioni dei registi per poter apprezzare lo spettacolo?
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