Sinfonica

Maurizio Pollini – 1 Aprile 2024


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Ho volutamente aspettato…
… alcuni giorni prima di scrivere poche righe sulla scomparsa di un gigante del pianismo del XX secolo. Maurizio Pollini ha rappresentato l’antitesi del mito rappresentato precedentmente da Arturo Benedetti Michelangeli. Calato pienamente nella realtá politica e sociale del mondo in cui ha vissuto ne ha rappresentato la visione razionale e critica in campo musicale, aprendosi anche alle sue espressioni più moderne e meno eseguite. Ha esplorato tutte le stagioni delle partiture della tastiera da Bach a Debussy passando per gli amatissimi Beethoven, Schumann e Chopin. Ha rappresentato perfettamente la razionalitá in musica che non significa una fredda esecuzione meccanica ma l’esplorazione del significato profondo di quanto eseguito avendo come faro quello del rispetto assoluto della partitura e dello stile, l’alveo non travalicabile all’interno del quale può spaziare liberamente l’interpretazione personale. Pollini ha rappresentato un mondo musicale oggi in dissolvimento un mondo attuale dove prevale l’aspetto di un funambolismo tecnico inutilmente stratosferico. Sia chiaro: le interpretazioni di Pollini erano sempre tecnicamente immacolate ma era questo non il fine ultimo ma solo il mezzo per costruire un’esecuzione che portasse in primo piano il significato musicale e culturale della musica proposta. Culturale è l’aggettivo più appropriato perché Pollini é stato un protagonista della vita culturale e sociale della seconda metá del XX secolo anche per le sue coraggiose prese di posizione che in alcuni casi (ad esempio al quartetto di Milano al tempo della guerra del Vietnam) hanno suscitato clamorose e scomposte reazioni. Per chi ha vissuto profondamente quel periodo Pollini ha rappresentato un alfiere, un esempio sempre da inseguire senza mai raggiungerlo. Viviamo oggi un periodo musicale diverso ma rimane a chi scrive il dubbio se il presente periodo sia migliore o peggiore ma forse è semplicemente il fatto  che ogni periodo ha i propri alfieri e per chi è oggi al tramonto della propria esistenza l’alfiere musicale per antonomasia è scomparso. E gli mancherà moltissimo.
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(Giovanni Neri 78)
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 I purposely waited a few days before writing some lines about the death of a giant of twentieth-century pianism. Maurizio Pollini represented the antithesis of the myth previously represented by Arturo Benedetti Michelangeli. Fully immersed in the political and social reality of the world in which he lived, he represented its rational and critical vision in the musical field, also opening up to its most modern and less performed expressions. He has explored all the seasons of keyboard scores, from Bach to Debussy  including oviously his beloved Beethoven and Chopin. He perfectly represented rationality in music, which does not mean a cold mechanical execution but the exploration of the deep meaning of what is performed, having as a beacon that of and absolute respect for the score and style, the uncrossable channel within which personal interpretation can range freely. Pollini represented a musical world that is now dissolving, a current world where the aspect of an unnecessarily stratospheric technical exibitions prevails. Let’s be clear: Pollini’s interpretations were always technically immaculate, but this was not the ultimate goal but only the means to build a performance that brought to the fore the musical and cultural significance of the music proposed. Cultural is the most appropriate adjective because Pollini was a protagonist of the cultural and social life of the second half of the twentieth century also for his courageous stances that in some cases (for example at the Milan quartetto at the time of the Vietnam War) aroused clamorous and senseless reactions. For those who lived that period Pollini represented a standard-bearer, an example always to be pursued without ever reaching it. Today we live in a different musical period, but the writer is left with the doubt whether the present period is better or worse, but perhaps it is simply the fact that every period has its own standard-bearers and for those who are today at the sunset of their existence, the musical standard-bearer has disappeared. And he will miss him very much
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