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Non sono mai stato tenero …
… (per usare un ueumeismo) con le regie spesso strampalate e stupidamente provocatorie di Damiano Michieletto, ma questa Médeée si contrappone a questa impostazione con un allestimento trasposto in tempi moderni, cogliendo e sottolineando appieno il significato dell’opera. Un testo del libretto non eccezionale, spesso ripetitivo che solo una musica di grande qualità è in grado di riscattare. Médée vuol dire inevitabilmente Callas , e lo spettacolo attuale non ha fatto rimpiangere quella edizione (che si trova su Youtube) seppure piagata dalla defaillance di Marina Rebecka cha ha dovuto soccombere, dopo il primo atto, a una condizione fisica imperfetta. Ma la sostituta ha saputo sostenere perfettamente la parte raccogliendo – giustamente – applausi a scena a aperta e un’ovazione finale non piagata dalle solite insopportabili clacques.
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Le scene rappresentano un ambiente familiare (con due bravissimi bambini come figli di Médée e Jason) a sottolineare il dramma della ripudiata Médée scacciata dalla reggia di Créon per lasciare posto alle nozze di Jason con Dircé che però è fin dall’inizio presaga della tragedia che incombe. L’ambientazione domestica a contrasto del dramma di Médée come madre è resa ancora più evidente dal rifiuto dei piccoli al cambiamento in atto. Ed è stata scelta oculata la traslazione del dialogo fra i bambini prevista nell’originale (in una voce impersonale fuori campo. L’intero impianto scenico funziona a perfezione con il coro rappresentato dai partecipanti al rito nuziale che assistono impotenti se non disinteressati al dramma in atto.

E una scelta registica ancora azzeccata è stata quella di mostrare la scena dell’infanticidio di Médée con un filmato in bianco e nero, straniante e come episodio meritevole di una impostazione a parte. Penso che Michieletto in materia si sia ricordato dell’orribile infanticidio di Magda Goebbels dei suoi 5 figli nel bunker hitleriano prima della sua fine da parte del marito (poi a sua volta suicida). La contrapposizione fra una realtà familiare di tutta normalità con un dramma umano (e femminile) ottiene la giusta sottolineatura.

Ma tutto lo spettacolo funziona a partire dalla direzione di Michele Gamba che fin dall’ouverture imprime all’orchestra (che l’asseconda perfettamente – ah la scala!) un’impostazione drammatica e trascinante senza mancare però di seguire i momenti più lirici (ad esempio nel brano di Néris nel secondo atto). Una Néris (Ambroisine Bré) bravissima nel suo attaccamento e simpateticità con Médée (l’opera giustamente è stata rappresentata in lingua originale – mediti il teatro comunale di Bologna con le sue sciagurate traduzioni…). Una Médée rappresentata nel primo atto da una Marina Rebeka dolente e nel secondo e nel terzo dalla sua sostituta, ma entrambe totalmente all’altezza del personaggio, con voci drammatiche e dolenti mai fuori tono. Anche Jason (Stanislas de Barbeyrac) ha sostenuto con autorevolezza il suo personaggio e una specifica nota di merito va alla venticinquenne Martina Russomanno come Dircé, una voce giustamente giovane ma capace di esprimere le perplessità e l’angoscia per un matrimonio destinato a trasformarsi in tragedia. L’unico personaggio non all’altezza è stato il Créon di Nahuel Di Pierro con una prestazione piuttosto scialba e una voce incapace di esprimere tutta la violenza insita nel ruolo. Grande e meritato successo di pubblico.
| Direttore | MICHELE GAMBA |
| Regia | DAMIANO MICHIELETTO |
| Scene | PAOLO FANTIN |
| Costumi | CARLA TETI |
| Luci | ALESSANDRO CARLETTI |
| Drammaturgia | MATTIA PALMA |
Cast
| Médée | Marina Rebeka |
| Jason | Stanislas de Barbeyrac |
| Créon | Nahuel Di Pierro |
| Dircé | Martina Russomanno |
| Néris | Ambroisine Bré |
| Confidantes de Dircé | Greta Doveri, Mara Gaudenzi |
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