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Per una volta…
. . comincio questa recensione dalla fine. Arkadj Volodos è un grandissimo pianista, cetamente uno dei vertici pianistidel mondo moderno. Assecondato da una tecnica prodigiosa non ha assolutamente la necessità di occuparsi delle difficoltà dei brani eseguiti il che gli permette di dedicare la sua attenzione alle scelte musicali e agli aspetti interpretativi. E certamente nelle sue scelte l’alveo dello stile è sempre rispettato al cui interno si esprime la sua natura interpretativa di assoluta qualità. Tralascio ogni commento sulla Rapsodia Ungherese (rivista da Volods) che musicalmente è inesistente ma è solo una arena dove il pianista russo può mettere in evidenza le sue doti funamboliche. (Inutile dire che questo ha naturalmente scatenato l’entusiasmo del pubblico più che gli altri due brani eseguiti). Della sonata di Schubert, una sonata malinconica e introversa, si può solo dire che Volodos ha saputo sapientemente dosare i toni e i ritmi bilanciando perfettamente i momenti lirici e quelli più brillanti (pochi in realtà) dando luogo a un’interpretazione perfetta sorretta anche da una sonorità perfetta. Non per niente il compositore austriaco è uno dei favoriti di Volodos che più recentemente ha però allargato le sue scelte romantiche a Brahms. Nulla si può eccepire quindi sull’esecuzione della sonata in la minore op. D. 845. Più articolato è invece il giudizio sulle Davidsbündlertänze di Schumann, una raccolta che non sempre ha suscitato l’interesse degli esecutori (così come è il caso – ad esempio – delle Novellettes) a fronte dei più eseguiti Studi sinfonici, Kreisleriana e Carnaval. Qui alcune scelte sono risultate discutibili perché la contrapposizione Florestano ed Eusebio non dovrebbe travalicare il confine di una impostazione Schumanniana in senso lato, ricordando che il compositore era, insieme alla moglie Clara, l’alfiere del movimento contro le innovazioni rappresentato – ad esempio – da Wagner, ovvero lo stravolgimento a loro giudizio dei canoni classici. In questo senso l’estrema, esasperante lentezza del secondo brano della prima parte ha tolto un po’ del pathos insito nel sol minore. Corrispondentemente l’esecuzione troppo veloce del quarto brano della seconda parte (quello in re maggiore) ha tolto la grandiosità della sua impostazione. Queste sono solo due considerazioni che – ripeto – rientrano nella sensibilità musicale che nulla toglie al valore complessivo dell’esecuzione. Tre bis e grande successo di pubblico con gridolini da concerto rock.
Programma
F.Schubert Sonata n. 16 in la minore D 845
R. Schumann Davidsbündlertänze op. 6
F.Liszt Rapsodia Ungherese n. 13 in la minore S 244
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