
MATISSE
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Il Don Carlo ..
. . potrebbe essere etichettato come “L’orgia del potere”, il famoso film d Costa-Gavras. Certamente una delle più belle opere di Verdi, grandiosa e al tempo stesso struggente, anche se il libretto tradisce molte delle caratteristiche della tragedia di Schiller, molto più complessa e articolata. Ma questo è comunque il limite di tutti i libretti che si rifanno a grandi opere letterarie e nel caso specifico la qualità del testo è per lo meno accettabile.
Se il potere è il lato oscuro dell’umanità questo è riflesso nella scelta dei costumi che nella larga parte della messa in scena della scala sono neri se si eccettuano i mantelli dorati della scena dell’apoteosi di Filippo. E’ comunque significativo il confronto fra l’opera vista in TV (la “prima” con il consueto intollerabile contorno mondano) e la visione diretta in sala. Quest’ultima permette una visualizzazione globale dell’impianto scenico e quindi una valutazione più approfondita delle scelte registiche. In mezzo alla scena si erge come un Moloch una grande torre che volta a volta si apre mostrando scalinate, piattaforme roteanti come nella scena dell’apoteosi, squarci della reggia e prigioni. La torre, luminosa, permette anche di selezionare visioni specifiche come la grande croce che ricorda come tutto il dramma sia permeato dall’influenza predominante di una chiesa che trova nell’inquisizione il suo braccio secolare (ancora una volta il “potere”) immemore della sua missione trascendente.
In questo senso centrale nell’opera è la scena del confronto fra Filippo e il grande inquisitore che alla fine costituisce il regista primario di tutta la vicenda. Una scena grandiosa che nell’allestimento della Scala tradisce il dettato del libretto (“son io davanti al re?“) che ovviamente presuppone l’arrivo dell’inquisitore nella sala del trono mentre qui è Filippo che si reca dall’ecclesiastico. Ma sono dettagli trascurabili. Come sempre nel caso della Scala l’allestimento è globalmente sontuoso anche se tradisce una certa staticità che nelle quattro ore di spettacolo affatica non poco lo spettatore. In altre parole il simbolismo che accomuna staticità e conservatorismo di Filippo risulta eccessivo. Ma, ripeto, sempre nel contesto di una grande rappresentazione.
Come sempre molto si è scritto sulla regia di questo Don Carlo (come è inevitabile per gli spettacoli della Scala e in particolare delle “prime”) ma ho trovato molte critiche impietose e – absit iniuria verbis – redatte solo per riempire una pagina di giornale “scrivendosi addosso”. Consapevoli che la Scala riceve finanziamenti colossali rispetto agli altri enti lirici bisognerebbe ricordare come in molti altri teatri gli spettacoli sono di modestissima qualità (personamente ho diretta esperienza del Comunale di Bologna) anche rapportati ai finanziamenti ricevuti. Ma bando alle polemiche. Il cast è stato come sempre stellare a partire dalla Netrebko che nella scena finale ha ricevuto applausi – meritati- da stadio rendendo il personaggio di di Elisabetta in tutte le sue sfumature con una vocalità eccezionale ma anche con una interpretazione che ha reso appieno il tormento del personaggio. Bravissima, insomma. Ugualmente totalmente all’altezza delle aspettative Pertusi come Filippo: un basso che è ormai ai vertici mondiali assoluti. Bravo, anche se in alcune fumature forse non torppo raffinato Luca Salsi come Posa mentre la prestazione di Meli nel ruolo di Don Carlo non è stata all’altezza delle aspettative e, nel caso della rappresentazione cui ho assistito, meno incisivo rispetto alla “prima” vista in televisione. Alcuni acuti sono sembrati sforzati e non sempre perfettamente intonati. Un discorso a parte vale per Eboli. Veronica Simeoni non ha fatto rimpiangere Elīna Garanča, indisposta, con una voce drammatica e al contempo duttile e intonata che ha reso perfettamenteo il carattere della perfida principessa. Una conferma ancora una volta di un mezzosoprano di grande valore. Modesto, se così si può dire, Ain Anger nelle parte del grande Inquisitore. Manca totalmente dello status tragico del personaggio con una prova scialba e insufficiente. Quanto alla direzione di Chailly non è stata di certo una prova superba. Sembra che il direttore si stia progressivamente adagiando in direzioni di routine, appoggiato ovviamente dalla grande orchestra della Scala, ma senza una caratterizzazione e un’impronta personale nella direzione. Poco più che sufficiente. Successo travolgente di pubblico e – per la prima volta in loggione alla Scala – ho potuto toccare con mano l’entusiasmo travolgente (e un poco eccessivo) dei famosi e famigerati “loggionisti”.
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| Direttore | RICCARDO CHAILLY |
| Regia | LLUÍS PASQUAL |
| Scene | DANIEL BIANCO |
| Costumi | FRANCA SQUARCIAPINO |
| Luci | PASCAL MÉRAT |
| Video | FRANC ALEU |
| Movimenti coreografici | NURIA CASTEJÓN |
Cast
| Filippo II, Re di Spagna | Michele Pertusi |
| Don Carlo, Infante di Spagna | Francesco Meli |
| Rodrigo, Marchese di Posa | Luca Salsi |
| Il Grande Inquisitore | Ain Anger |
| Un frate | Jongmin Park |
| Elisabetta di Valois | Anna Netrebko |
| La Principessa d’Eboli | Veronica Simeoni |
| Tebaldo, paggio d’Elisabetta | Elisa Verzier |
| Il conte di Lerma / Un araldo reale | Jinxu Xiahou |
| Una voce dal cielo | Rosalia Cid |
| Deputati fiamminghi | Chao Liu* Wonjun Jo* Huanhong Li* Giuseppe De Luca** Xhieldo Hyseni* Neven Crnić |
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