
MATISSE
Un pianista..
… non più giovanissimo e assente dai grandi circuiti internazionali ha offerto un concerto godibilissimo alternando brani di autori di epoche diverse, molti dei quali di origine bolognese. Diciamo subito che la frammentazione legata alla natura dei brani eseguiti rende non semplice una valutazione unitaria anche per il fatto che molti di essi erano ignoti (almeno al sottoscritto) venendo a mancare i termini di confronto. Ma un raffronto è stato comunque possibile basandosi sugli studi di Chopin op. 10 numero 3, 6 e 9, tre studi in cui è per lo più assente la componente virtuosistica. L’esecuzione è stata esemplare estraendo dallo spartito la vera essenza musicale, evitando eccessi falsamente romantici o licenze ritmiche del tutto fuori luogo. Un plauso incondizionato. Il pianismo di Pompili è solido, basato su una tecnica eccellente (come comprovato dalla sonata di Skrjabin) ma soprattutto capace di adattarsi ai vari stili dei brani eseguiti. L’unica pecca è stata la composizione di Otte, un minimalismo noioso, ripetitivo, di difficile sopportazione senza l’ausilio di una buona dose di caffè. Perché sia stato scelto al posto del previsto brano di Stockhausen riesce difficile comprendere. Un buon successo di pubblico premiato con l’esecuzione di tre bis.
Programma
musiche di Jacopo da Bologna, Stradella, Scelsi, Chopin, Respighi, Martini, Otte, Azzaiolo, Skryabin
A pianist no longer very young and absent from the great international circuits has offered a very enjoyable concert alternating pieces by authors from different ages, many of them of Bolognese origin. Let’s say immediately that the fragmentation related to the nature of the performed pieces makes not easy a unitary evaluation also because many of them were unknown (at least to me) missing the terms of comparison. But a comparison was however made on the basis of Chopin etudes op. 10 number 3, 6 and 9, three etudes where the virtuosic component is mostly absent. The performance was remarkable by extracting the true musical essence from the score, avoiding falsely romantic excesses or rhythmic licenses completely out of place. An unconditional acclaim. Pompili’s piano is solid, based on an excellent technique (as evidenced by Skrjabin’s sonata) but above all capable of adapting to the various styles of the pieces performed. The only flaw was the partiture of Otte, a boring, repetitive minimalism, difficult to bear without the help of a good quantity of coffee. Why he had chosen it instead of Stockhausen’s is hard to understand. A good success of the public rewarded with the execution of three encores.
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