Ebbene sì, sono uscito dopo la prima parte al fine di preservare i miei timpani sottoposti a un bombardamento sonoro pericoloso da parte di un incolpevole pianoforte al quale, per giunta, era stato totalmente aperto il coperchio.. Dopo avere vinto meritatamente il Busoni del 1976 (cui ho assistito essendo in vacanza a Ortisei) la carriera di Roberto Cappello non è stata quella che la vincita del prestigioso premio avrebbe fatto sperare e il concerto di questa sera, dedicato alle trascrizioni Lisztiane dei Lieder di Schubert, Schumann e Chopin – cosa ci facesse poi alla fine la polacca op. 53 di Chopin non si capisce – ne dà completa ragione. In Cappello ogni qualità si è trasformata in quantità, ogni occasione è buona per pestare senza pietà sulla tastiera come si trattasse di un’incudine da parte di un lottatore di sumo. Gretechen anzichè soffrire all’arcolaio sembrava avere imbracciato una colubrina che sparava all’impazzata, il melanconico “Auf dem Wasser zu singen” poteva avere il titolo cambiato in ” In der Sturm zu klagen”, “Du bist die Ruhe ” (Ruhe=pace) trasformato in una gragnuola di suoni da granditata etc. E’ ben vero che nelle trascrizioni Lisztiane il tema del Lied viene sviluppato con alcune concessioni al virtuosismo con alcuni ff ma vivaddio esistono anche i piani, i crescendo, i diminuendo etc. Niente di tutto questo: tutto sff, insomma un vero disastro. Al nostro (il cui abbigliamento alla Berlusconi giovanilistico faceva il paio con l’ interpretazione) consiglierei un ascolto attento degli stessi brani suonati da Jorge Bolet, un pianista scomparso da alcuni anni e non al vertice dei miei preferiti, che potrebbe però impartigli una severa lezione in materia. Una serata tutta da dimenticare e in fretta.