Dopo avere steso un velo pietoso sull’ “introduzione” si può certamente dire che il concerto è stato di grande interesse. L’accostamento fra alcuni brani della Gubajdulina di riminiscenza barocca (bellissima la Ciaccona!), 6 preludi e fughe dal Wohltemperiertes Klavier di Bach e 5 preludi e fughe di Šostakovič è risultato particolarmente felice permettendo al folto pubblico di apprezzare il fil rouge che lega questi autori così diversi e così lontani nel tempo. Il punctum contra punctum, all’origine di queste composizioni, rivela tutta la sua potenza espressiva e la sua resistenza allo scorrere del tempo. L’esecuzione di Petruschansky è stata – questa volta – assai superiore ad altre per le quali molti aspetti potevano lasciare quantomeno perplessi. Dopo un’esecuzione misurata dei brani della Gubajdulina, i 6 preludi e fughe di Bach sono stati eseguiti con rigore e rispetto dello stile, con grande equilibrio fra le necessità espressive e la costante aderenza al dettato clavicembalistico bachiano. Per quanto riguarda l’esecuzione delle composizioni di Šostakovič (la cui tenebrosità e la prevalente preferenza per il registro basso rispecchiano certamente l’atmosfera di incertezza e di terrore del suo periodo compositivo) – un terreno molto conosciuto dall’esecutore che ne ha inciso l’integrale – il giudizio non può che essere positivo anche se non sono mancati quegli eccessi sonori (una intera fuga è stata eseguita a un numero di dB che ha rasentato la soglia del dolore) che purtroppo non mancano mai nel pianismo di Petruschansky e che rappresentano il limite della sua cifra interpretativa. Un meritato successo, comunque, coronato da tre bis due dei quali facenti riferimento a melodie e ritmi popolari russi e uno derivato da una partita bachiana.