La stagione ricalca l’impostazione ormai (forse troppo) consolidata degli ultimi anni: alcuni grandi nomi e una serie di comprimari. Un ritorno che certamente farà piacere a tutti è quello di Arkadi Volodos, un pianista che a una tecnica strabiliante associa una grande musicalità che evita il virtuosismo fine a sè stesso. Fra i cosiddetti grandi nomi alcuni sono ormai sul viale del tramonto (Radu Lupu – ad esempio – le cui ultime esibizioni sono state solo il pallido ricordo di un grande del passato) mentre alcuni ripetono ossessivamente (e piuttosto noiosamente) la stessa formula (Bashmet con i solisti di Mosca). Fa invece piacere vedere qualche apertura su giovani esecutori (Colli e Romanowski), su altri solisti non ancora ascoltati a Bologna (Lewis e Jansen) e su nuove formazioni (come quelle con Brunello e Pires). Una sorpresa felice è quella di non vedere finalmente il freak Bollani in cartellone: di contaminazioni non se ne può veramente più e la sua assenza non farà di certo piangere gli abbonati. Ciò che invece anche in questa stagione manca è il canto e in particolare un concerto di Lieder. Purtroppo è questa una sorta di provincialismo cui una organizzazione che aspira a essere considerata fra le maggiori del campo musicale italiano non dovrebbe soggiacere. Sarebbe bene ricordare che la liederistica in tutto il mondo fuorchè in Italia (ancora ammalata di melodramma nazionale autarchico) è un genere che ha la stessa importanza delle esecuzioni strumentali, che nei paesi di lingua tedesca vede più concerti settimanalmente (con esecutori noti anche al pubblico italiano come Barenboim) e che la sintesi fra musica e poesia costituisce il vertice artistico massimo – come più volte sottolineato da Qurino Principe. Può essere significativo ricordare che persino un’organizzazione di dimensioni assai più ridotte come il Circolo della Musica di Imola ogni anno organizza un concerto di Lieder. Dice niente la cosa ?